Nel mese di luglio è uscito su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo di Riccardo Ruiu “Che
ridere Presidente”, brano pop che si avvale degli arrangiamenti del musicista nuorese Stefano
Ferrari.
La genesi del brano risiede nella volontà di evidenziare e denunciare i malanni e leincongruenze che affliggono la società attuale italiana a ogni livello, e già dal titolo si può intuire il
suo contenuto fortemente ironico nonché sarcastico. Sebbene a una prima lettura la canzone si
presenti giocosa e sbarazzina, essa sottintende invece una critica aspra, a tratti caustica, alle
suddette anomalie. La figura e la carica simbolica del presidente rappresentano il referente politico
della critica dell’autore, con quest'ultimo che veste a sua volta le spoglie dell’italiano medio, ed è
proprio in questo incontro-scontro di ruoli che si dipana la trama e la struttura trifasica della
canzone; si passa infatti da una fase iniziale di fiducia (...io le credo...come no!) a una intermedia
dove questa viene meno (...lei mi crede...non lo so!), per finire con una postura finale di sfiducia nei
confronti del rappresentante politico (...io le credo...forse no!). La canzone è pertanto un susseguirsi
di allusioni, doppi sensi e giochi di parole che sono un esplicito richiamo al ruolo di responsabilità
dei politici in diversi ambiti, da quello sociale (...e pensavo a quanta povera gente che vive di scorte
e di auto blu e a chi le scorte invece le ha finite e voglia di ridere non ne ha più..), a quello politico
sulla questione dei migranti (...quest’Italia che ha perso in fretta la memoria e che vorrebbe
cancellare con un gommone la propria storia...), a quello socio-economico riguardante il problema
dell’eccessiva tassazione in Italia (...ma non capisco signor Presidente chi paga le tasse ma è triste
perché...forse ha bisogno di un po’ di evasione, quando lo Stato tiene tutto per sé?..). La vis
polemica presente nel brano assume poi i contorni di una critica acerba su altri temi di triste
attualità (...abbiam bisogno di una vacanza, almeno un ponte che duri un po’, altrimenti prima o
poi crolla, lo so...), (...son precario permanente, è tre notti che non dormo, ma un portaborse non
ce l’ho...), mitigata solo in parte dal gioco linguistico. Su YouTube è inoltre disponibile il video
della canzone, girato interamente nell’altopiano di Bitti grazie al regista ittirese Pietro Mele.