Il candore della della materia è protagonista di questa evoluzione negli anni. Sabino Frassà racconta come "dopo i primi lavori, caratterizzati quasi da un rifiuto della luce, gli ultimi vent’anni di carriera sono dedicati da Paola Pezzi a opere che generano e muovono la luce, anche quando il colore scelto è il nero. Il buio non esiste... più. Si susseguono perciò interessanti sperimentazioni con nuovi materiali plastici e tessili, presi dalla vita quotidiana, in cui il bianco si unisce sempre più alla dimensione tattile, quasi sensuale, che riesce a instaurare un’immediata empatia con lo spettatore". La mostra mette infine in evidenza il forte legame tra la maestra dell'arte povera Marisa Merz e Paola Pezzi. Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà "Pezzi è forse la migliore erede di Marisa Merz: non solo i materiali - dall'alluminio alle fibre tessili - ma anche il movimento vorticoso avvicinano queste due grandi artiste. Come non pensare alle grandi sculture di lamine di alluminio con cui Merz cominciò la propria carriera nel 1966? Paola Pezzi porta però un elemento nuovo, e va oltre a tale nucleo originario. La sua arte costruisce ordine e uno spazio; non è mai il caos o il caso a determinare il risultato. Il gesto artistico di Paola Pezzi disciplina e domina la materia, dando vita a forme in cui è chiara la dimensione del divenire. Un divenire a cui non possiamo che guardare con curiosità, aspettando un nuovo passaggio di stato". |