Una madre sculaccia il figlio che ha rovesciato il latte sul tavolo. Che reazione eccessiva! Per così poco non era il caso.
Ma il bambino sa che cosa fa veramente soffrire la madre, e anche se
lei non lo dice apertamente lui le fa sapere che sa.
E si offende, o
smette di parlare, per farla sentire in colpa, o la abbraccia per farsi carico
delle sue pene.
In una soffitta all’ultimo piano di
una modesta abitazione una madre disprezza i suoi figli, mentre le sue guance
scottano ancora dei pugni che le ha sferrato suo marito.
Un figlio dorme in mezzo ai genitori
per proteggere la dignità di sua madre; una bambina da poco diventata grande ingurgita tutto ciò che trova per
cercare di dare un nome a quel sapore insipido che ha la sua esistenza colma di
tutto e vuota d’amore, mentre una ragazza sputa la saliva amara di quelle
ruvide pastiglie bianche appena vomitate.
L’impotenza a reagire quando hai
paura è il veleno più potente al mondo: paralizza ogni capacità di reazione, e
anche se sogni di fuggire via ti ritrovi incatenata per anni al muro delle
folli ossessioni di un pazzo.
Altrove in un ospedale la
vischiosità di certe sofferenze ti strappa dal cuore la voglia di continuare
mentre tuo figlio appena nato scivola via al suo destino.
La malattia, la nostra e quella dei
nostri cari, la vita contro la morte, l’attesa che combatte con il tempo e poi
l’arrivo dell’amore: questi sono i catalizzatori che spostano e ridimensionano
anche le menti più abitudinarie e spingono anche il più pigro dei flemmatici a
sperimentare una soluzione per tornare a
respirare.
Qualunque sia la reazione a ciò che
ci accade è certo che la vita si muove fra i suoi ostacoli a zig zag.
È difficile, se non si è attenti, confondere la scusa con
il pretesto.
Azione e reazione
si susseguono come i secchi di un mulino che se non stai attento ti afferra
pinzandoti per il bordo dei pantaloni e ti frantuma con il suo peso.
È così.
La
sofferenza lascia il segno, la sofferenza ci divora.
Gli
“animali” feriti mordono se ti avvicini; lo fanno per proteggersi.
Le persone
aggredite si allontanano per difendersi e se nel contatto sono state ferite
morderanno a loro volta.
È un circolo vizioso.
Solo
da Adulti possiamo compiere una scelta per salvaguardare il gruppo di
appartenenza.
Già,
ma quando si diventa adulti?
Quando una bambina diventa donna,
qual è il dettaglio che ci permette di comprendere che il passaggio sia
avvenuto?
Possiamo
permettere al dolore di farci crescere senza annientarci?
L’indifferenza
ci protegge davvero da chi o cosa vuole uccidere i nostri sogni?
Possiamo
trasformare il cinismo in lezione e con l’insegnamento essere di esempio?
Si, si può, ma non prima di aver
sperimentato la solitudine dell’essersi isolati nel cassetto dei ricordi come
un racconto non ancora terminato, o un conto da pagare.
Non
prima di aver ritrovato i frammenti in cui ci eravamo disintegrati, non senza
averli trovati tutti e aver rimesso insieme i cocci.
I cocci sono tuoi: siamo partite da qui
per essere certe che ogni racconto avesse qualcosa da insegnare o donare.
Utilizzando la parte preziosa di un proverbio lapidario abbiamo scoperto che
spesso sono proprio loro la parte più importante di una frattura apparentemente
irrimediabile. Sono il prezioso punto di partenza per ricostruire.
Per
diventare adulti dobbiamo cercare, e poi trovare, un luogo in cui iniziare, con
i nostri tempi, a curare le ferite per trasformarle in “meravigliose
cicatrici”.
In
oriente lo chiamano Kintsugi 金継ぎ ovvero “riparare con l’oro”. È una tecnica
antica che risale alla fine del 1400 adoperata per riparare le ceramiche
pregiate. I frammenti dell’oggetto danneggiato vengono recuperati e minuziosamente
vengono sigillati con cera lacca che, successivamente, viene ricoperta di
polvere d’oro. Le riparazioni producono vere e proprie opere d’arte.
L’unicità
e imprevedibilità con cui la riparazione riporterà in vita l’oggetto riparato è
un vero miracolo artistico. Quasi si potrebbe dire che l’intervento ne aumenti
la bellezza e resistenza.
Il
nostro segreto per guarire davvero è
stato il gruppo, perché la solitudine insegna a morire e la comunione spinge a
vivere.
Il
minuzioso lavoro di co-editing è
stato taumaturgico. Eravamo partite con un sottile filo di seta e abbiamo
scoperto che l’elaborazione di certi passaggi è avvenuta setacciando minuziosamente
cosa poteva essere ridimensionato e trasformato.
La scrittura ha il grande potere di ricostruire, e poiché la parola contiene l’energia creatrice, ogni donna ha trasformato la propria storia in opera. Insieme abbiamo sperimentato la metamorfosi dei racconti con rispetto coerenza e condivisione.
Così Rosanna con il suo messaggio
postato sui Social alla fine di novembre del 2019, indirizzato a più di 1000
donne, che invitava a partecipare al progetto di pubblicare il racconto che
ognuna aveva nel cassetto, ha permesso a tante donne di liberarsi: la selezione
è avvenuta naturalmente e da 1000 donne si è passati a 25, poi a 16 e ancora a
13 per approdare a pubblicare davvero il
capolavoro di quelle donne che hanno deciso e scelto di alzare la testa.
Fra
le pagine di questo libro incontrerai e conoscerai le 10 Donne che si sono
messe a nudo per mostrare come il tessuto cicatriziale di certi strappi sia
oggi diventato la parte più forte di loro stesse.
Donne e un filo di seta, dal Social
al Libro ha ricucito rammendato e saldato squarci che all’apparenza sembravano
insanabili anche alle autrici stesse.
È un libro anche per gli uomini,
perché anche loro possano comprendere meglio chi siamo, chi sono le loro madri
e le loro figlie.
Magico
e audace, descrivetelo come desiderate, quando lo consiglierete a coloro che
amate non potrete fare meno di
raccogliere gratitudine.
Il
desiderio di tutte le autrici che hanno partecipato al progetto, oggi, è di
continuare a scrivere.
Caterina Civallero
Conosci
la Sindrome del Gemello?
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