Ragionar in fede o credere in fede con la Ragione? Un imperfetto viaggio che non ha bisogno della ricerca della perfezione. Danye non chiede alla perfezione di farsi strada. Ma chiede all'infinito di restare eterno. La Ragione è il riferimento filosofico tra la profezia e l'illuminazione. L'uomo e il divino sono l'espressione di una volontà suprema che fa del linguaggio di Dante l'immanenza biblica. Con il concetto escatologico supera il Rinascimento già di per sé dentro l'umanesimo della Vita nova. Ed è oltre l'Illuminismo con la separazione tra politica e chiesa del suo pensare alla riforma proposta nel Monarchia. Pre e post può essere un pretesto nell'ascoltare il Dante "volgare", ma è soprattutto una "regola" di senso che caratterizza la post teologia sino al Concilio Vaticano II. Dante non è un "religioso". Ha una profonda esperienza che lo allontana dal gregge per restare conoscenza.
La conoscenza non è soltanto quella dell'ulissismo ben presente in tutta la Commedia, non solo nel 26 Inferno. È la volontà che si trasforma in una potenza che è energia e permette di superare il male e collocarlo oltre la propria esistenza. La Commedia è una esistenza che raccoglie il limite del male e del bene portando tutto oltre. Anche in Paradiso il bene è idilliaco oltre che celestiale. Un immaginario mariano che coinvolge i Cieli nella centralità della Rosa. Un assoluto che può trasformarsi in un assurdo. La metafisica guida il cammino.
Questo significa che Dante comprende bene che il male è terreno e il dolore è immateriale nella vita che lo rende materiale. Una imperscrutabile visione della Ragione che pone come centro della conoscenza il sapere che è la volontà e la potenza della virtù. La virtù è saggezza nella pazienza. Dante non ha pazienza però. Non è paziente. Fa una scelta di fondo. Ovvero, pur considerandosi nascostamente omerico, il fatto che non conoscesse omero è una favoletta, sceglie Virgilio. Un interrogativo tutto da riprendere.
La romanità (o la latinità) permea il punto luce delle partenze e degli arrivi di Dante. Perché Virgilio è stato posto come profezia dalla logica costantiniana e Dante che si muove su due "fuochi" cerca la protezione dalla tradizione profetica costantiniana adottando da una parte la lezione biblica e dall'altra l'apologeta di Augusto. La Commedia è anche questa. Ovvero trattasi di un dato complesso nella periferia del Dolce Stil Novo. Una dichiarazione politica forte con la quale Dante contrappone il mistero degli dei omerici e ovidiani (Ovidio è la contrapposizione di Virgilio, attenzione a ciò) al tentativo liturgico del sacro che avanza Virgilio come riferimento. Anche se la voce beatificante resta la finta castità di Beatrice mentre la figura più esaltante resta Maria. Non come personaggio o come madre di Cristo. Perché rappresenta la Verginità violata soltanto dallo Spirito.
Dante è divino proprio nelle contrapposizioni e nelle contraddizioni. Si pensi al concetto di Verginità violata dalla Spirito Santo. Ovvero la conoscenza, la virtù, la sapientia che sono elementi fondanti della Ragione vengono smantellati con un colpo solo che è quello della profezia - mistero. L'errore insiste in Dante. È quello virgiliano. Ed è qui che resta profondamente radicato nel (al) Medioevo anche se la sua metafisica dell'umanesimo è già oltre Ficino e il suo "realismo" politico è già nel legame tra Fede e Ragione.
Il mistico Dante nasce soprattutto dal pensiero di Gioachino da Fiore e il Dante tragico e ironico da Pitagora. Dalla eresia spaventosamente autorevole alla grecità terribilmente esoterica, Dante compie quel viaggio che lo rende inimitabile. Comprende soltanto alla fine del Paradiso l'errore. Virgilio non è luce. Ecco perché ha bisogno di Lucia e Maria. Virgilio è conquista nel libero arbitrio. Omero e gli omerici non conoscevano il libero arbitrio ma il mito, gli archetipi, il pensiero e non la luce. Per gli omerici la luce veniva dal pensiero e la profezia dalla cecità di Tiresia. Ma Dante vuole vedere. Non gli basta sapere. Con Virgilio vede. Con Omero percepisce, sente, immagina. Invece ha bisogno della conoscenza della ragione. In Virgilio la ragione è politica. In Omero la conoscenza è ascoltare gli dei e percepire. Una differenza di fondo. Ecco perché Dante fa una scelta radicale.
La conoscenza della ragione e non la virtù della sapientia costituisce l'inganno dell'errore. Ma non può fare a meno di Ulisse. Ciò significa che non può non conoscere Omero e non quello filtrato da Virgilio. Virgilio deve difendere Enea e non dare lustro ad Ulisse. Dante rende ad Ulisse un omaggio estatico. Però è costretto a "infernarlo" altrimenti la guida Virgilio non avrebbe senso. La Ragione ancora una volta lo conduce lungo il viaggio delle metafore metafisiche che il secolo Novecento riesce a recuperare con Pound soprattutto (restando in ambito poetico) e con D'Annunzio.
Il pensiero di Dante non può essere letto soltanto dalla Commedia. Bisogna andare oltre. L'oltre è il superamento delle Colonne. Una metafora che stravolge Omero. La presenza, appunto, di Ulisse ha il rischio di superare il dubbio della profezia. Superare ciò è caratterizzare l'ombra del mito. Il mito è l'unico estremo che si contrappone alla ragione. L'esilio non è la trasformazione degli archetipi in mito. È la ragione di Virgilio che si affida ad Augusto che costringe a morte esiliante Ovidio. Per Dante che ha cercato di credere in Virgilio avviene la stessa cosa. Il viaggio però resta senza alcuna incertezza circolare. Dante è un cerchio non una verticalità o un orizzonte.
Il sacro della religiosità cattolica e il potere imperiale fanno morire Dante in esilio. Si ripete ciò che l'età costantiniana preparò e impose. Anche per questo l'ambiguità della Ragione nella Fede e la Fede ascoltata come confronto con il relativismo della Ragione continuano ad esistere. Il potere ha sempre temuto gli eretici. Meglio farli morire in esilio che ascoltarli e guai a confrontarsi con essi. Dante oltre la ragione? Resta comunque l'enigma Virgilio che sul piano di un Dante Mediterraneo diventa un paradosso. Virgilio è la guida ma Omero è il pensiero. Il cerchio di Dante è un immenso viaggio nel ritorno metafisico tra uomo e Dio.