Francesca Romana Fragale: l'arte deve essere un volano delle coscienze sopite. L'intervista

Francesca Romana Fragale, pittrice, scrittrice, critico d’arte, avvocato e Presidente della corrente artistica dell’Effettismo - Intervista di Andrea Giostra.

«Gli “Opinionisti-Tuttologi” dell’odierno sistema delle comunicazioni sono inquietanti. Il meccanismo ordito è pericoloso e disonesto. In confronto le inquietanti denunce di orwelliana memoria sembrano il mondo di Alice nel paese delle meraviglie. E sono sempre più rari quelli che restano fuori dal coro. Sono trattati come matti e traditori.» (Francesca Romana Fragale)

Ciao Francesca, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Ai nostri lettori che volessero conoscerti nella tua multi-identità professionale e artistica, avvocato, pittrice scrittrice e Presidente della corrente artistica dell’Effettismo, cosa racconteresti di te?

Grazie per l’invito, Andrea. Oggi mi divido tra dipinti e recensioni. Vado in deliquio quando racconto dei Grandi pittori. Ora che siamo in privazione di Musei e Mostre soffro crisi di astinenza. Sono un penalista dell’ambiente e con ardore ho combattuto contro i potentati inquinanti, ma ho deciso di non esercitare per dedicarmi all’arte che ha bisogno di difensori. Vicepresiedo l’Accademia Internazionale d’Arte Moderna e dirigo il Notiziario. Sono a capo dell’Effettismo.

… chi è invece Francesca donna della quotidianità? Cosa ci racconti di te della tua vita al di là dell’arte e del lavoro?

Non mi interessano moltissime cose, non mi piace curare il mio look, non mi trucco, non mi appassiona il frivolo. Mi piace giocare, scherzare, usare l’ironia, leggere, scrivere e cerco disperatamente spazi per me, dribblando il mio cagnolino Jack, mio marito e mio figlio.

Come è nata la tua passione per l’arte, per la cultura in senso lato, per la scrittura e per le arti visive in particolare? Quale il tuo percorso professionale e artistico che hai seguito?

La mia passione per le arti visive deriva dall’odore dei solventi per i colori ad olio che usava mio padre e per la scrittura da mia madre Angiolina che ha pubblicato due raccolte di racconti. Ho studiato e disegnato in modo ossessivo. Ho fatto un corso di Nudo in Accademia e insegno disegno. 


Come definiresti il tuo linguaggio quale pittrice? C’è qualche artista al quale t’ispiri?

Effettista, la mia vita si intreccia con la trentennale genesi della corrente pittorica. Non mi ispiro a nessuno, mi annoierebbe. Preferisco fare un’opera brutta che un’opera “ispirata”. Amo moltissimi grandi: oltre ai classici, Giotto, Arcimboldo, Escher, dei moderni menziono Dalì, Chagall, Picasso, Rousseau, Ligabue. Ma chissà quanti immensi non mi vengono in mente...

Parlaci un po’ della tua parte artistica di scrittrice. Come nasce, quali i libri che hai scritto che ami ricordare e quali i tuoi scrittori di riferimento ai quali ti ispiri?

Ho sempre scritto e disegnato. Il libro preferito che ho pubblicato è il romanzo “L’ultima amante di Mozart”. Per scriverlo ho spulciato le fonti durante un favoloso lungo soggiorno a Vienna e Salisburgo. Gli altri libri che ho pubblicato sono tecnici. Immane lo sforzo per redigere “Il processo penale” per la Giuffrè editore, o per comporre la prima monografia in Italia sugli “Organismi geneticamente modificati”. Poi rammento tra gli altri solo “Bomba atomica”, scritto a quattro mani col giornalista Alessio Ramaccioni sul processo che ho tenuto contro l’eccesso di inquinamento elettromagnetico della Radio Vaticana.

Chi sono stati i tuoi maestri d’arte che ami ricordare? Parlaci di loro.

Mio padre, Franco Fragale, è stato il mio unico Maestro. Ha tenuto corsi di disegno e pittura quinquennali che dapprima ho frequentato e poi ereditato. Ingegnere meccanico, accademico e scrittore, ha fondato l’Effettismo, corrente eclettica che pone al centro lo stupore emotivo che viene indotto verso l’osservatore non titolato. Impone la ricerca dell’originalità del soggetto e l’acquisizione della tecnica pittorica e del disegno. Noto è il suo “Manuale di pittura”. 

L'energia degli opposti

Tu sei anche presidente dell’Effettismo, una corrente pittorica nata in Italia e che sta avendo un grande successo e il riconoscimento delle più importanti organizzazioni e fondazioni di arte e cultura del nostro paese, ma anche di altri paesi e quindi a livello internazionale. Ci parti di questo approccio alla lettura dell’arte che per certi versi oggi risulta rivoluzionario? Quando è nato? Chi lo ha fondato? Quale il “Manifesto”? Chi sono attualmente i membri che la compongono? Insomma, racconta ai nostri lettori brevemente di questa corrente pittorica…

L’Effettismo è la prima corrente pittorica fondata in Italia dopo l’avvento e l’uso smodato della tecnologia nell’arte. Dalla Transavanguardia di Achille Bonito Oliva. Ho cooptato 12 pittori professionisti con la prerogativa di esprimersi in chiave pittorica emozionale e che fossero anche scrittori, poeti, avvocati, giornalisti, giudici, attori, matematici, architetti, biologi, medici, musicisti. I vissuti articolati donano sovente spunti pittorici inediti. L’Effettismo auspica il ritorno alle tecniche delle Accademie, a cavalletto. L’Effettista aborre il plagio, l’arte che arreda e non riconosce quelle forme d’arte che non pertengano alla tradizione pittorica italiana. L’arte attuale d’oltreoceano è pregnante ma non è pittura. Noi abbiamo avuto il Rinascimento, i Macchiaioli, i Divisionisti, i Futuristi... L’Effettismo è anche un modo di essere e intendere la vita. Gli Effettisti sostengono il valore assoluto dello studio.

Le anime del Purgatorio

«I perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti.»
(Umberto Eco, “Numero Zero”, Bompiani ed., Milano, 2015). Cosa ne pensi di questa frase del grande maestro Umberto Eco? In generale e nel mondo dell’arte, della cultura, della letteratura contemporanea italiana in particolare? Come secondo te va interpretata considerato che oggi le TV, i mass media, i giornali, i social sono popolati da “opinionisti-tuttologi” che sanno “tutto di tutto” e “niente di niente”, ma vengono subdolamente utilizzati per creare “opinione” nella gente e, se vogliamo, nel “popolo” che magari di alcuni argomenti e temi sa poco? Come mai secondo te oggi il mondo contemporaneo Occidentale non si affida più a chi le cose le sa veramente, dal punto di vista professionale, accademico, scientifico, conoscitivo ed esperienziale, ma si affida e utilizza esclusivamente personaggi che giustamente Umberto Eco definisce “autodidatti” – e che io chiamo “opinionisti-tuttologi” - ma che hanno assunto una posizione di visibilità predominante che certamente influenza perversamente il loro pubblico? Una posizione di predominio culturale all’insegna della tuttologia e per certi versi di una sorta di disonestà intellettuale che da questa prospettiva ha invaso il nostro Paese?

Come fare a dissentire dal Gigante Umberto Eco? Arrossisco e timidamente dissento parzialmente. Quando l’erudizione rimane fine a sé stessa risulta essere uno spreco di energie... ma la curiosità è la matrice esclusiva. L’erudizione può risultare frigida, ma meglio dell’inerzia culturale... Sono contraria alla eccessiva specializzazione, reputo importante la cultura generale ma soprattutto quello che si verifica nel cervello umano allenato, anche se non in grado di ottenere alcun risultato.

La “cultura generale” include ad esempio lo studio del greco antico, del tutto inutile in chiave pratica, ma palestra del nostro muscolo sinaptico.

Gli “Opinionisti-Tuttologi” dell’odierno sistema delle comunicazioni sono inquietanti. Il meccanismo ordito è pericoloso e disonesto. In confronto le inquietanti denunce di orwelliana memoria sembrano il mondo di Alice nel paese delle meraviglie. E sono sempre più rari quelli che restano fuori dal coro. Sono trattati come matti e traditori. Come se fosse comodo, molti lasciano che la propria coscienza venga anestetizzata. Praticamente accettano la morte dell’Anima.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Non porto a termine tutto quello che mi prefiggo, adoro l’incompiuto. Uso cambiare idea. La coerenza a tutti costi secondo me non è sinonimo di libertà del pensiero. Non raggiungere un fine è per me semplicemente un cambio di prospettiva. Non mi interessa il giudizio altrui. Mai il fine giustifica i mezzi. I pochi veri obiettivi meritano di essere perseguiti con impegno e abnegazione. “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”, citando l’Alfieri, ma solo se si tratta di imperativi categorici.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quando l’amore e i sentimenti così poderosi incidono nella tua arte e nelle tue opere?

I miei sentimenti sono spesso paralleli, tendo a volare via come un palloncino e dunque mi riempio di zavorre. Nelle mie opere riduco la mia perenne confusione mentale a singoli fotogrammi, altrimenti le mie immagini si perderebbero per sempre.

Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Scrisse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.» (Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva sull’arte in generale?

Secondo me per fare arte bisogna fare un racconto autentico e dunque imprescindibile è il rapporto tra l’oggetto e la persona, come segnali del grande Wilde. L’arte per me non esiste senza la persona, l’opera non può vivere di un pensiero indipendente dall’autore. Anche quando un’opera diviene l’Assoluto, come la Cappella Sistina, non la leggo svincolata dalla potente e terrena personalità di Michelangelo.

Diverso è il caso nel quale si assista ad una sorta di “dettatura”. Credo fortemente in Dio e alcune opere non possono che essere riconosciute “donate”. Hanno fatto molti studi sull’opera di Mozart e hanno scientificamente provato che nessun essere umano avrebbe potuto comporre in modo così sublime ed enorme rispetto ai pochi anni della sua esistenza in vita. 

«Poi c’è l’equivoco tra creazione e creatività. L’artista è un creatore. E non è un creativo. Ci sono persone creative, simpaticissime anche, ma non è la stessa cosa. Comunque, questa cosa qui dei creativi e degli artisti, nasce nella fine egli anni Sessanta dove iniziano i galleristi ad essere creativi, poi arrivano i critici creativi, poi arrivano i direttori dei musei creativi… E quindi è una escalation che poi crea questi equivoci delle Biennali di Venezia che vengono fatte come se fosse un’opera del direttore. Lui si sente artista e fa la sua mostra a tema, invitando gli artisti a illustrare con le loro opere il suo tema, la sua problematica. Questo mi sembra pazzesco.» (Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi in proposito? Secondo te qual è la differenza tra essere un “artista creatore” – come dice de Dominicis - e un “artigiano replicante” che crede di essere un “artista”?

La creatività crea “sun pathos”, è accattivante e preziosissima ma senza tecnica l’artista non può creare un’opera vera. I replicanti non sono neppure buoni artigiani. 

Quali sono secondo te le qualità, i talenti, le abilità che deve possedere un artista per essere definito tale? Chi è “Artista” oggi secondo te?

Oggi è stato sperimentato tutto. L’artista oggi è chi riesce ad aggiungere un 5 per 100 su quanto già raccontato. E dunque tenta di creare qualcosa di nuovo. Anche superando e prescindendo dai dettami accademici.

Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte secondo te?

L’arte per essere utile deve essere un volano delle coscienze sopite. 

Quando parliamo di bellezza, siamo così sicuri che quello che noi intendiamo per bellezza sia lo stesso, per esempio, per i Millennial, per gli adolescenti nati nel Ventunesimo secolo? E se questi canoni non sono uguali tra loro, quando parliamo di bellezza che salverà il mondo, a quale bellezza ci riferiamo?

Per me la bellezza è quella dell’arte classica greca, le proporzioni matematiche dei corpi... Non ho alcuna pazienza di ascoltare un diverso concetto. I giovani non sanno cosa è la bellezza, salvo che studino l’arte classica. 

Esiste oggi secondo te una disciplina che educa alla bellezza? La cosiddetta estetica della cultura dell'antica Grecia e della filosofia speculativa di fine Ottocento inizi Novecento?

La musica di Johann Sebastian Bach e di Wolfgang Amadeus Mozart sono per me una scuola di estetica sempre illuminante. 

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

La Bibbia, per pregare e meditare, la Divina Commedia, per le inesauribili glosse, l’Odissea, imperituro slancio dell’animo umano. Consiglierei anche i racconti di Andrea Giostra e quelli di mio marito, Giampiero Barrasso.

Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?

Adoro la filmografia di Luis Bunuel, per il tema dell’incomunicabilità. Rammento spesso una famosa scena di un treno che passa proprio mentre i protagonisti devono finalmente spiegarsi. Alfred Hitchcock e “Io ti salverò” e “Psico” per il racconto sulla nascente psicoanalisi. Ho amato molto il genere horror e i gialli. Poi Fellini e la sua parte ludica. Pasolini mi deprime. 

Ci parli dei tuoi imminenti impegni artistici, dei tuoi lavori e delle tue opere in corso di realizzazione, dei tuoi libri? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata?

Sto curando un libro dal titolo “Effettismo” nel quale i miei sinora pochi accoliti raccontano la propria vita in chiave intimistica. Sto dipingendo un quadro talmente grande che potrebbe essere come una tela di Penelope e sto scrivendo un editoriale sui murales e la street Art. 

La gabbia

Una domanda difficile Francesca: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere e leggere i tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier per comprarne alcuni.

Perché non mi sento noiosa. E perché non so neanche io quale sarà la prossima puntata. 

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica, professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti?

Ai miei genitori, mia madre è una scrittrice di racconti e mi ha trasmesso moltissimo, mi cantava le arie delle opere liriche come ninnananna e mi ha portata nei Musei e in giro per il Mondo. Mio marito Giampiero, mio amato “complice”. 

Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Alberto Vespaziani che ha creduto nelle mie attitudini.

Per concludere, cosa vuoi dire alle persone che leggeranno questa chiacchierata?

Ho adorato fare questa intervista. 

In copertina: Francesca Fragale, Il cielo che piange

Francesca Romana Fragale

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Gruppo Facebook” Amici dell’Effettismo”

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Andrea Giostra

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Fattitaliani

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