Cominciamo dal nome d'arte: è un diminutivo o rappresenta qualcos’altro?
SETE è un nome d’arte che rappresenta il concetto di ricerca. È la sete di sapere e di vita.
Quanto c'è di SETE ne “Le cose più belle”?
C’è già una buona percentuale di SETE anche se siamo ancora all’inizio. Prevedo decisamente ulteriori sviluppi a riguardo per i prossimi pezzi.
Che cosa ti auguri che venga recepito del brano?
Uno spunto di riflessione: quando sto male, sto veramente male? Oppure sto affrontando qualcosa che un domani mi farà crescere? Mi farà essere più forte? Quando soffro per qualcosa o sono triste, ormai sono anche felice. Ne leggo subito l’utilità. Ovviamente parlo di sofferenze che portano evoluzioni nella propria esistenza. Se la vita fosse veramente tutta in discesa, cosa diventerei? Più domande riusciamo a porci, più porte da aprire appariranno lungo la nostra strada.
Al singolo seguirà un progetto più ampio?
Assolutamente sì, è già in cantiere il resto dell’EP (di cui Le cose più belle fa parte) e anche lì, non penso mi fermerò.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Su quali artisti ti sei formata?
Ho moltissimi riferimenti musicali perché ascolto di tutto. Sono molto affezionata a sonorità poco italiane da un punto di vista arrangiativo.
Un artista italiano che ho nel cuore è certamente Caparezza, non riesco più a contare tutti i live a cui sono andata.
Quanto ti aiuta Roma nell'ispirazione e nella scrittura?
Forse dipende dai periodi dell’anno, ora che siamo tutti sempre chiusi in casa la forza di Roma viene un po’ meno. In passato mi ha dato moltissimo, questo si. È una città caotica, viva, è piena di sfumature da cogliere. Giovanni Zambito.