È sui poveri, infatti, che traggono i loro profitti i banchieri di
Wall Street e i capi dei maggiori conglomerati multinazionali e delle altre
organizzazioni “pseudo-segrete”, che costituiscono la piramide economica
mondiale, al cui vertice si trova la possente Triade (la Commissione
Trilaterale, il Gruppo Bilderberg e il Consiglio per le Relazioni
Internazionali), che brandeggia imperiosa le regole del gioco del Nuovo Ordine
Mondiale.
E che il Covid si stia rivelando, di conseguenza, come il cacio sui
maccheroni nel turbinare la realizzazione dei progetti globalistici e
totalitari, non è poi così difficile da percepire. Ciò stante, è proprio della
povertà in generale e di quella causata dall’attuale epidemia, sia essa
naturale o manipolata (e qui ci sarebbe molto da discutere), che ci occuperemo
in questa nostra breve disamina.
La povertà è uno dei più seri problemi del mondo. Anzi, sotto certi
aspetti, potrebbe essere vista come la causa principale degli altri problemi. E
per di più è poliedrica. In altre parole, essa assume aspetti varî e
molteplici, talvolta anche in contrasto fra loro e si articola in diverse
tipologie a seconda dell’ambiente e delle circostanze in cui si radica. Secondo
l’ISTAT, c’è poco da stare allegri!
In Italia ci sono 9 milioni di individui in povertà relativa (cioè che
guadagnano meno di una soglia stabilita sulla base della media dei guadagni
degli italiani) e 5 milioni in povertà assoluta (persone che non possono
permettersi i beni indispensabili alla mera sussistenza).
La propagazione della povertà assoluta è considerata una delle
principali fragilità sociali ed essa si è maggiormente accentuata dopo la
grande crisi del 2008. Da allora i nostri connazionali in condizione di povertà
assoluta sono via via sempre più aumentati fino ad arrivare ai dati di cui
sopra. Dati sicuramente impressionanti per un Paese, che - secondo una valenza
economica - è nel novero di quelli fanno parte del “primo mondo”.
Col M5S al governo è stato varato un provvedimento tampone inteso a
frenare almeno in parte la crisi occupazionale e conseguentemente l’avanzamento
dello stato d’indigenza: il reddito di cittadinanza, in virtù del
quale, secondo le dichiarazioni governative e dell’INPS, la povertà assoluta si sarebbe ridotta del 60 per cento.
Sogno ingannatore! Le cose, infatti, non sono andate proprio così,
tutt’altro. Tant’è che lo stesso Pasquale
Tridico, presidente dell’INPS, ammetteva in un’intervista di aver
interpretato i dati in maniera un po’ forzata. Ciò avveniva dopo che il
Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte,
aveva già comunicato i numeri farlocchi agli italiani: la frittata era fatta e
le polemiche non sono di certo mancate! Ma a parte ciò, la povertà in Italia,
anche secondo il Flash Report 2019 della Caritas
Italiana, aumenta purtroppo progressivamente già da 12 anni e, come se ciò
non bastasse, a dare il colpo di grazia alle famiglie meno abbienti e non solo,
ecco che arriva tra capo e collo l’ennesima batosta: la pandemia da Covid.
Questo tragico evento ha messo in risalto un nuovo aspetto della
povertà, ovvero il carattere mutevole della stessa e la necessità di
combatterla con nuovi strumenti e politiche all’uopo destinati. Infatti essa
non dipende soltanto dall’assenza di reddito, ma anche dall’impossibilità di
far parte della struttura produttiva del Paese e dalle diverse circostanze
temporali, sociali e ambientali. Altri aspetti messi a nudo dalla pandemia sono
gli errori, la totale impreparazione e l’incapacità dei vari governi di gestire
l’emergenza. Tutte queste manchevolezze hanno concausato nel mondo inediti
effetti devastanti: ben oltre un milione e trecento mila morti e quasi 25
milioni di posti di lavoro andati in fumo.
E in questo miserando contesto non tralasciamo di dare uno sguardo
anche alle conseguenze future: se e quando ci libereremo definitivamente dagli
effetti del virus con un’economia distrutta e da riattivare, particolarmente in
Italia, ci ritroveremo, ahinoi, in braghe di tela e con una montagna di debito
pubblico da sanare. Ma soffermiamoci un tantino in più sull’Italia, anche se,
per i malefici effetti della globalizzazione, siamo oramai legati a doppio filo
sia alle grazie che alle disgrazie altrui.
Charles De Gaulle diceva: “L’Italia non è
un paese povero, ma un povero paese”. Oggi il generale buonanima
avrebbe semplicemente detto che l’Italia è un paese povero.
Allo stato, infatti, non v’è chi non veda che col passare degli
anni invece di progredire ci stiamo impoverendo sempre di più. Tutto ciò, di
sicuro, è la conseguenza di una politica sconsiderata da parte dei vari governi
e dei centri di potere che si sono succeduti dal 2000 ad oggi, anche se la
maggiore e imperdonabile colpa è di tutti noi che abbiamo permesso che i
malgoverni non solo non migliorassero, ma danneggiassero le strutture sociali,
il popolo e l’industria, lasciando senza servizi, lavoro e reddito, milioni di
persone. Il virus ha solo scoperchiato la pentola dei guai, da tempo in
ebollizione, anche se oggi fa comodo addebitare all’epidemia la causa di tutte
le nostre disgrazie!
Ecco infatti che secondo Paolo
Gentiloni, commissario all’Economia per l’UE, la pandemia di coronavirus
provocherà una gravissima recessione per l'Europa,
«la
più grande della sua storia». L’Italia, ben che vada, subirà (dalle stime autunnali della
Commissione europea sull'economia) una riduzione del Pil del 9,5%, secondo
peggior calo dopo quello della Grecia (-9,7%) ed essa “ripartirà più
lentamente riguardo agli altri Paesi”, per come riferisce lo stesso
Gentiloni, anche se non si esclude che con l’arrivo del vaccino anti-Covid
(stranamente e tutto d´un colpo, ne sono apparsi tanti di vaccini e pronti
all´uso; circa 20 e con carrettate di miliardi in ballo... ) le cose potrebbero
non essere così catastrofiche.
Ancora, d’accordo con un’analisi della Coldiretti, dopo l’entrata
in vigore del nuovo Dpcm, con base nell’andamento delle richieste degli Enti
impegnati nel volontariato si registra un aumento persino del 40% delle domande
di aiuto. Per la maggior parte si tratta di donne e famiglie italiane con figli
minori a carico. Allarme, infine, anche da parte della fondazione Banco Alimentare: “10 milioni di
italiani saranno poveri” e secondo Giovanni Bruno, presidente dell’istituzione, la situazione rischia
di peggiorare ancor di più: “Dal 2008 al 2016 il numero dei poveri è raddoppiato
per poi assestarsi intorno ai cinque milioni adesso con la pandemia potrebbero
raddoppiare nel giro di sette mesi”.
Pandemia e isolamento
(detestiamo gli anglicismi… lockdown
e simili) pertanto daranno la spinta finale all’economia italiana (già da tempo
agonizzante) verso una “profonda recessione” accompagnata da impensabili
cambiamenti sociali. Che tipo di cambiamenti?
È presto detto. Se vogliamo sposare la teoria di Tyler Cowen, secondo l’Economist uno
dei più influenti economisti dell’ultimo decennio, la classe media
scomparirà. “Nel nostro futuro ci saranno più ricchi di quanti
ce ne siano mai stati” scrive Cowen, “e più poveri e non sapremo come a
tutto questo si possa porre fine”.
In altre parole, la classe media si riverserebbe, interpretando il
pensiero ipermeritocratico di Cowen, in parte (la minore e più virtuosa) nella
classe ricca e nella classe povera l’altra parte (la maggiore e meno virtuosa).
Quest’ultima formerà la sottocategoria de “I nuovi poveri”; un
atteso “invito a nozze” per i potenti della casta neoliberista.
Fantaeconomia? No davvero, piuttosto previsione probabilistica! Che
fare, dunque, per neutralizzare l’impatto di dover fermare tutte le attività
produttive, virus perdurando, e per non arrivare alle sconvolgenti e possibili
conseguenze suaccennate?
Non esiste un toccasana, logico, ma sensati provvedimenti di
politica economico-sociale. Uno di essi potrebbe essere l’effettiva messa a
disposizione da parte del governo, con denaro ottenuto attraverso l’emissione
di nuovi titoli (con conseguente, ma inevitabile crescita del debito pubblico),
di ingenti somme destinande alla concreta copertura delle esigenze di tutti:
lavoratori dipendenti, autonomi, imprenditori e disoccupati, offrendo così a
costoro la possibilità di sopravvivere fino alla ripresa. È chiaro che per
sanare i danni economici pregressi e quelli provocati dal Covid-19, ciascuno di
noi, oltre alla menzionata azione di governo, debba essere disposto a fare dei
grossi sacrifici sia oggi che domani: oggi, cambiando stile di vita, adottando
comportamenti pro-sociale, rigettando le ideologie distorcenti e l´acredine
partitica, riconquistando i valori perduti, i principi e la franchezza verso il
bene comune; domani, sopportando coscienziosamente - assieme alle future
generazioni - il fardello dell’aumentato debito pubblico.
Tutto ciò, in sostanza, abbisogna di un grande lavoro di
consapevolezza e solidarietà da parte di un governo capace e credibile e,
ripetiamolo, di noi tutti, anche se, vogliate credere, non sarà facile che ciò
avvenga in questo mondo globalizzato e da “Quinta Bolgia”, in quest’Europa -
definita dal Papa - “piccola ed egoista” e, oramai, entrata in modalità, ci sia
permessa l’espressione, “fotticompagno” e, infine, in quest´Italia nel
bagnomaria delle “decretali”, nonché terrorizzata, umiliata e spersa.
Certo che, non si sa mai, se più per sorte che per virtù
riuscissimo tutti assieme a superare la crisi, adottando le raccomandazioni di
cui sopra, sarebbe un duro colpo per i nuovi padroni del mondo, per il pensiero
unico che ci ha spersonalizzati e appiattiti, per l’industria globale che ci ha
indotti a creare le nostre esigenze ad uso e consumo della stessa e, infine,
per i poteri pseudo-occulti, ovvero per quei poteri esecrabili che, dopo aver
aizzato i cittadini l’uno contro l’altro - attraverso gli odii partitici,
razziali e religiosi - li disorientano e li sospingono come pecore smarrite
verso un sistema politico preventivamente asservito.
E chissà che non possa essere la volta buona e che l’emergenza
sanitaria non ci faccia ridestare dal sopore?
Potrebbe sorgere dalla globalizzazione forzata una nuova società,
una nuova democrazia apartitica, liquida, ovverosia una tipologia di democrazia
che concepisca l’asimmetrico rapporto Stato-cittadino non come conflittuale e
antinomico, ma come puro strumento di esercizio diretto della sovranità
popolare, attraverso l’Autorità dello Stato.
Non disperiamo! Eraclito
affermava: Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato. E se
ciò si avverasse, resterebbe chiaramente l’amarezza ossimorica di dover dire
grazie alla disgrazia anziché all’azione risolutiva di una politica capace e
intellettualmente onesta. Pazienza, questo sarebbe il minore dei mali e
potremmo avere, con certezza, motivo per festeggiare riconoscendo che, alla
fine, non tutti i mali vengono per nuocere!
* Direttore - La Gazzetta italo-brasiliana
http://rivistalagazzettaonline.info/articolo/3260/editoriale-dicembre-2020