Dopo la pubblicazione di “Doctor Reset”, lo scrittore svizzero Dario Neron torna con il nuovo romanzo “Franco Toro. L'uomo più bello del mondo”, pubblicato da Castelvecchi editore.
Fedele allo stile del primo romanzo, quest’opera seconda racconta una storia esistenziale, con un linguaggio fresco e giovanile, un ritmo veloce. A tratti pure tragica portando a riflettere su temi d’attualità sociale, come il narcisismo, la mediatizzazione eccessiva e l’egocentrismo di una gioventù dal futuro, purtroppo, più incerto che mai. Egocentrismo impiegato come scudo di fronte alle pretese di una società tritacarne, in cui l’individuo è morto proprio perché tanto celebrato (o ricercato). Senza cascare nel volgare come la storia di un escort potrebbe fare, trova invece spazio il romanticismo, realista e a tratti naïve, mai rosa bensì raccontato con la poesia di due giovani, Franco ed Esse, e con la profondità di amicizie nate non per caso.
In esclusiva per Fattitaliani, abbiamo avuto il piacere di intervistare l'autore. Ecco l'intervista completa.
Ciao
Dario e benvenuto su Fattitaliani. Come e quando hai deciso di diventare
scrittore?
Ciao a voi e grazie per l’opportunità! Difficile
da dire, non credo sia stata una decisione. Diciamo che ci sono “scivolato”
dentro, iniziando a scrivere un testo, poi un racconto, dopo il racconto un
capitolo e alla fine mi sono trovato sul computer un manoscritto. Ho invece
preso la decisione di metterci più impegno, quando è avvenuta la prima
pubblicazione insieme ad alcuni premi letterari.
Il
tuo autore contemporaneo preferito?
Michel Houellebecq è sicuramente molto in
alto.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedichi alla scrittura?
Sono un incorreggibile procrastinatore. Purtroppo il momento nella giornata lo condenso in alcuni weekend durante l’anno nei quali scrivo molto. Pure le vacanze, soprattutto quelle trascorse al mare, sono periodi produttivi per la scrittura.
“Franco Toro” è il tuo secondo romanzo. Come è nata l’idea di questo libro?
La scintilla che ha fatto scattare l’idea di scrivere Franco Toro è avvenuta una sera in piscina. Nei finestroni per caso avevo notato il mio riflesso e vidi quindi come il riflesso a sua volta mi osservava. Qui mi è venuta l’idea di scrivere sul narcisismo e le sue conseguenze. L’idea dell’escort si è aggiunta più tardi.
Quanto
è stato difficile portarlo a termine?
Non vorrei apparire arrogante, ma lo è
stato. Era una stesura intensa di tre mesi – anche qui lavorando solo nei
weekend – ma sapevo dove volevo arrivare. Le difficoltà sono arrivate dopo,
nella post produzione e nella ricerca dell’editore.
Due
aggettivi per descrivere il tuo nuovo romanzo.
Feroce, spietato.
Quali
sono, secondo te, i punti di forza del tuo libro “Franco Toro”?
Direi la lettura scorrevole, il linguaggio fresco e giovanile e un personaggio molto molto particolare e caratteristico. Franco Toro è un personaggio alla Tyler Durden (Fight Club), che sa il fatto suo. Lo si ama o lo si odia, ma pure odiandolo, lo si rispetta.
Nel
2016 ti sei aggiudicato il Premio Inedito (primo posto sezione narrativa).
Quali sono le emozioni che hai provato quando hai appreso di aver vinto?
Mi sono sentito preso sul serio. Prima di
vincere l’Inedito avevo già scritto un altro romanzo, non pubblicato e
probabilmente impubblicabile, ma le porte in faccia e tutte le risposte
inesistenti da parte degli editori, hanno lasciato il segno. Quindi il premio
Inedito e soprattutto il direttore Valerio Vigliaturo, hanno rimosso quel
sentimento di non essere capace. E questa è un emozione impareggiabile.
Progetti
per il futuro? Nuovi libri?
Certamente! Sto lavorando a una raccolta
di racconti brevi e a un romanzo in tedesco.