Il soprano Marina Gubareva interpreta Aida e debutta a Taormina. L'intervista di Fattitaliani


Stasera alle ore 21, al Teatro antico di Taormina, torna l’Aida di Giuseppe Verdi, che, 
a causa delle restrizioni per il Covid-19, andrà in scena in forma concertata. Nel ruolo della sfortunata protagonista il soprano Marina Gubareva, intervistata da Fattitaliani.

A che punto della sua carriera si situa l'interpretazione di Aida? che tappa rappresenta nel suo percorso artistico?
Ho già interpretato diversi personaggi dal comico, come la Cesca in "Gianni Schicchi", al drammatico come Floria Tosca e Suora Angelica, al disperato come la Santuzza in "Cavalleria Rusticana ", ma Aida è diversa da loro. È una donna dolce e tenera e, nello stesso tempo, forte come una roccia. Una donna che, nonostante la sua tragica posizione - ridotta da figlia del Re a schiava - nella sua sventura riesce a trovare il suo punto di felicità, il suo piccolo mondo d'amore, costruito lontano e nascosto dagli occhi estranei. Purtroppo non mi è capitato spesso di interpretare i personaggi di Verdi. La parte di Aida la interpreto per la seconda volta ed a Taormina sarà il mio debutto in assoluto. Non ho mai cantato su questo palcoscenico perciò posso dire che sono molto emozionata nell'interpretare questo ruolo. Le opere verdiane che ho cantato finora sono Amelia in "Un ballo in maschera" e Abigaille in "Nabucco ". La maggior parte delle volte mi sono esibita nelle opere di Puccini, tra cui più frequentemente nei panni di Floria Tosca, che tra l'altro è un'altra delle mie opere preferite. 
Aida Le piace come donna? Avete qualcosa in comune oppure siete molto diverse?
Sì, Aida mi piace come donna. In lei mi piace questa sintesi tra dolcezza, tenerezza e grande forza. Credo di non somigliarle ma, valutando la sua posizione, non credo che ci si potrebbe comportare in modo diverso.
In che maniera un palco come il Teatro antico di Taormina e la forma concerto potrebbero influenzare la resa di un personaggio? 

La scenografia affascinante del teatro greco certamente contribuisce a rendere lo spettacolo ancora più bello. Mentre la forma di concerto e l'obbligo di distanze, ovviamente, tolgono tante possibilità interpretative. Nello stesso momento però ti costringe a cercare un altro modo per essere espressivi: nei colori, nelle dinamiche e nelle pause, vista l'impossibilità di agire tra i personaggi. Io lo prendo come input per cercare altri modi di interpretazione che potrebbero comunque far giungere allo spettatore tutti i sentimenti del mio personaggio. 
Aida è un personaggio chiave dell'opera interpretato infinite volte: è possibile trovare in lei delle sfumature inedite in base anche alla personalità di chi la interpreta? Nel suo caso quale aspetto di Aida cerca di mettere più in evidenza? 
Sì, certo che Aida è un personaggio tra quelli più interpretati, ma questo non impedisce di trovare qualcosa di individuale in questo ruolo. Come non esistono due persone uguali nel mondo, così non esistono due interpretazioni uguali. Ogni cantante la vede attraverso il suo cuore e le sensazioni che prova sono diverse dagli altri. Dico di più. Anche la stessa cantante non riesce mai cantare due volte in modo uguale la stessa parte. Sono tanti i fattori che influiscono: la regia, i colleghi, le situazioni impreviste. Una delle cose più belle dell'opera è proprio questo. L'azione succede in tempo reale, non si può fermare, tagliare, ripetere la scena, lo spettacolo va avanti e questo lo rende unico, con alcune improvvisazioni che nascono in quell'esatto momento. Per quel che riguarda il mio lavoro sul personaggio, io cerco sempre di immedesimarmi nei suoi panni. Mi chiedo perché ha fatto così e non diversamente, che cosa lo ha spinto a rispondere in quella maniera e non in un'altra. Come ho già detto, in Aida vorrei sottolineare questa sua dolcezza e tenerezza, nonostante tutte le sue difficoltà.
Fra i tanti personaggi dell'opera italiana ce n'è uno che sente più "suo" rispetto ad altri?  
Tra i personaggi che sento più mia c'è Tosca. Direi che siamo più simili come carattere. 
Ci sono delle figure o persone incontrate che reputa fondamentali e arricchenti nel suo percorso?
Io credo che ogni persona che incontriamo nella nostra vita è fondamentale, perché ci insegna sempre qualcosa, incluse le esperienze negative. Comunque nel mio percorso musicale ci sono due persone che mi hanno accompagnato, insegnandomi a camminare sul palco. La mia prima insegnante di canto in Moldavia, Elena Gherman, che mi ha insegnato i principi della tecnica vocale. Un altro incontro molto speciale è stato quello con Antonio Vincenzo Manno, un ottimo insegnante ed una persona speciale, che purtroppo è venuta a mancare nel 2018, ma continua a vivere nel mio cuore e nel cuore delle persone che lo conoscevano.
Qual è stato il suo primo assoluto approccio con l'opera? come se ne è innamorata? 
Il mio primo assoluto approccio con l'opera è stato quando studiavo al collegio musicale. Nella mia città non c'è il teatro d'opera, perciò questo stile lo conoscevo dai libri di storia di musica e da qualche registrazione. Ero al secondo anno degli studi di fisarmonica quando la nostra insegnante di storia della musica ha organizzato una gita al teatro per vedere "Carmen". Sono andata senza tanto entusiasmo e devo dire che ero mossa più dall'interesse a passare del tempo con i miei compagni di studio che dal guardare lo spettacolo. Invece è stato amore a prima vista. Per tutto lo spettacolo non ho battuto ciglio! Sono rimasta affascinata da questa sintesi tra musica e teatro. In quel momento ho deciso che quello sarebbe stato ciò che avrei fatto nella mia vita: cantare l'opera. Ancora non sapevo se ne avevo le capacità e la voce, ma ho deciso che avrei tentato. A casa mia inizialmente non hanno preso questa mia decisione con tanto entusiasmo e ovviamente mi sono diplomata nella fisarmonica e poi ho iniziato con il canto. Giovanni Zambito.

Fattitaliani

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