TERAMO
- Numerose le iniziative culturali che negli ultimi anni vanno approfondendo la
storia del Regno delle Due Sicilie. Tra queste è sicuramente significativo il
progetto “Cippi antichi confini”.
Lo scopo del progetto, il cui ideatore
è il consigliere nazionale dei Comitati Due Sicilie Franco De Angelis, è quello di sviluppare un turismo compatibile
con la cultura e la storia dei confini del Regno
di Sicilia prima e del Regno delle
Due Sicilie poi, ma anche quello di riportare alla luce tutti quei Cippi di confine e renderli fruibili
per momenti di cultura, dimostrando così che i confini del Regno erano ben
definiti e individuabili.
La
storia
A
partire dal dodicesimo secolo i suddetti confini rimasero pressoché gli stessi
per più di sette secoli, fino al 1861 e all’unità d’Italia. Essi andavano dal
Tirreno (Terracina) all’Adriatico (Martinsicuro). In queste due località
avevano sede le dogane, poste rispettivamente ad occidente e ad oriente dei
limiti settentrionali del Regno. A tale scopo giova ricordare la storia dei
confini e dei regnanti.
Nella
notte di Natale del 1130, con una fastosa cerimonia Re Ruggero II sancì a Palermo la nascita del Regno di Sicilia. Quel 25 dicembre fu una data simbolica: Ruggero
II si presentava, infatti, come il redentore di tutte le popolazioni del Sud
della penisola, dagli Arabi ai Bizantini ai Longobardi, e nello stesso tempo annunciava al mondo la nascita di
un Regno cristiano. Tutto il Sud fu unificato in una nazione indipendente che
aveva come capitale Palermo. I
confini geografici e politici, nonostante gli avvicendamenti di regnanti e
casati europei, rimasero più o meno gli stessi per 731 anni, fino alla caduta di Gaeta,
il 6 febbraio 1861 e per ultima la fortezza di Civitella del Tronto, il 20 marzo 1861.
Il
Regno normanno durò fino al 1194. Poi vi fu quello degli Svevi, di cui il più illustre rappresentante fu Federico II. Con l'avvento degli Angioini nel 1266 la capitale del Regno di Sicilia fu portata a Napoli. A seguito dei "Vespri siciliani" del 1282 la
Sicilia fu occupata dagli Aragonesi
e divenne Regno di Trinacria. Nel 1443 gli Angioini dovettero cedere agli
Aragonesi anche la parte continentale del Regno: le Due Sicilie furono riunite con Alfonso
il Magnanimo (Regnum utriusque
Siciliae).
Nel
1503 il Regno fu annesso alla Spagna,
come vicereame autonomo; stessa cosa avvenne nel breve periodo austriaco, che
va dal 1707 al 1734, anno in cui tutto il Regno diventò nuovamente indipendente
con i Borbone. In questa breve
sintesi abbiamo tralasciato i pur importanti avvenimenti del periodo relativo
ai primi Borbone: Carlo, Ferdinando I e Francesco II. Ricordiamo comunque che nel 1815 Ferdinando I unificò
il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia in un unico Stato, che fu chiamato Regno delle Due Sicilie.
Il confine
Il Regno delle Due Sicilie presentava un
confine che a nord lo separava dai tanti piccoli statarelli o ducati, sempre in
guerra fra loro e pronti ad invadere i possedimenti altrui. La prosperità del
Regno era conosciuta anche oltre i suoi confini e molti erano coloro che,
provenienti dal nord, lasciavano tutto e vi si insediavano. Tuttavia, non
esisteva un vero e proprio confine presidiato e delimitato, anche
cartograficamente, del Regno. Le dispute territoriali lungo l’allora confine,
spesso ballerino, portarono alla decisione di definire nettamente ed
inequivocabilmente detto confine, perché la grande estensione del Regno portava
continuamente a dispute e controversie su quali fossero i limiti e le proprietà
del reame.
Fu
così che il 26 settembre del 1840 venne sottoscritto a Roma un trattato per poter stabilire il vero confine; si pensò
quindi di installare, lungo tutto il confine, dei “termini” in granito, alti
più o meno un metro, aventi una circonferenza di 35-40 centimetri e definiti “cippi”. Il loro numero complessivo
risultò essere di 686, ma la numerazione cronologica iniziava con il n.1 e
finiva con il n.649, in quanto molti dei cippi venivano identificati con lo
stesso numero e per differenziarli veniva aggiunta una lettera al fianco del
numero. Il numero 1 venne dato al cippo posto presso la foce del fiume Canneto (tra Fondi e Terracina)
mentre l’ultimo termine venne contrassegnato con il numero 649 e posto quasi
alla foce del fiume Tronto, nelle
immediate vicinanze del ponte tra Porto
d’Ascoli (Marche) e Martinsicuro
(Abruzzo).
Sotto
ogni cippo veniva sotterrato un medaglione, ove vi erano incisi gli stemmi dei
due Stati. La posa dei cippi di confine iniziò nel 1846 dal Mar Tirreno, avendo
cura di volgere lo stemma dello Stato Pontificio in maniera che guardasse in
direzione “del Cupolone”. Sulla sommità di ogni cippo veniva incisa una linea
che indicava la direzione del confine e la posizione del cippo precedente e di
quello successivo. I Cippi venivano
ricavati da grosse rocce di granito, proprie del territorio o estratte da cave
di pietra, grazie al lavoro di scalpellini, e poi venivano trasportati a spalla
da numerosi uomini sul luogo di apposizione.
La loro distanza non era assolutamente
matematica: nei luoghi più disagiati o intransitabili venivano posizionate a
distanze superiori, mentre in luoghi regolari e comodi erano molto più vicini.
A seguito della proclamazione dell’unità d’Italia, quasi tutti i Cippi, onde
poter recuperare i medaglioni, furono divelti e lasciati cadere più in basso,
oppure asportati per fare bella mostra nelle ricche case dei signorotti o
davanti alle chiese. Sono pochi quelli rimasti nel luogo originario.
Il confine e lo spirito di
collaborazione e cooperazione
Il
confine tra il Regno delle Due Sicilie
e lo Stato Pontificio può essere
considerato in qualche modo un antesignano dello spirito di integrazione
culturale e pacifica convivenza tra popoli vicini. Spirito che, dopo circa un
secolo, è stato alla base della creazione di quella che è oggi l'Unione Europea (di cui ricordiamo
l'Italia essere uno degli Stati fondatori). Infatti, l'esigenza di delimitare i
confini fra le due entità statuali non era dovuta a ragioni puramente
politiche. Nel 1770 si assiste alla realizzazione delle prime carte ufficiali,
sufficientemente dettagliate e comprendenti vaste porzioni di territorio.
Dette carte, commissionate ad esperti
dotati di nuovi strumenti di misurazione tecnologici, erano molto utili ai
sovrani in campo non solo politico, ma anche amministrativo per la riscossione
di tributi, giudiziario per i crimini di frontiera e conoscitivo (non
dimentichiamo che siamo nel periodo dell'Illuminismo). Il confine tra il Regno
delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio nasce quindi non da finalità meramente
politiche, ma soprattutto da necessità amministrative, catastali e di diritto.
Detto
confine non è nato, come un muro, dalla volontà di dividere e separare, ma,
analogamente a quello che è successo circa un secolo dopo con la creazione
della Comunità Europea, dallo spirito di collaborazione e cooperazione tra
popoli vicini. Non a caso a Roma,
quasi un secolo dopo (nel 1957) è stato firmato il Trattato internazionale che
ha istituito la Comunità Economica Europea, che, insieme al Trattato che
istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, rappresenta il
momento costitutivo della Comunità
Europea.
La proposta progettuale
La
prima parte del progetto si svilupperà gemellando le due Fortezze che per ultime si arresero ai Piemontesi - Gaeta e Civitella del Tronto - per poi gemellare tutti i comuni
attraversati dai cippi che delimitavano i confini detti e quelli adiacenti,
coinvolti storicamente nei rapporti di confine. Saranno interessate tutte le
associazioni culturali che sono legate alla storia del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio, compresi i personaggi storici del brigantaggio, i
CAI presenti nel territorio di riferimento, il WWF ed altri organismi
naturalistici, non ultimi e meno importanti gli Enti Parco e gli Enti locali,
le Province, le Regioni interessate (Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio) ed i 90
comuni che si trovano lungo il confine.
Il progetto prevede:
- il monitoraggio dei cippi esistenti
e dei sentieri utilizzati dalle guardie borboniche di confine;
- la ricollocazione cartografica e
satellitare dei cippi non più esistenti;
- il ripristino e l'ampliamento del
sentiero esistente in modo da permettere la fruizione ciclopedonale in grado di
coprire tutti i 470 chilometri circa che da Terracina/Gaeta, cippo 1,
attraverso la trasversale Tirreno Adriatico, arrivano in prossimità dell'ultimo
cippo, il 649, in località Martinsicuro;
- adattamento di alcune parti del sentiero
a percorsi fruibili da persone diversamente abili per integrare una parte di
popolazione molto spesso non considerata soprattutto quando si parla di
escursioni, camminamenti e sport all'aperto;
-
coinvolgimento di tour operator che si occupano di incoming nelle regioni interessate, per proporre un turismo
esperienziale che ruota attorno al cammino attraverso l'offerta di pacchetti
turistici pensati per amanti della natura, amanti della cultura, camminatori
esperti e meno esperti, famiglie, e ogni viaggiatore interessato a scoprire
territori finora inesplorati dal turismo di massa, imparare usi e costumi.
L'esperienza
è quindi proprio quella di immergersi da protagonista nella cultura e nelle
tradizioni locali della regione visitata e di condividere qualcosa che
conoscono solo gli abitanti del posto. Una caratteristica fondamentale nel
turismo esperienziale è infatti l'importanza data alla relazione. Non esiste
turismo esperienziale che non abbia questa forte valenza relazionale che
consente al viaggiatore di raggiungere l'essenza stessa del viaggio:
l'incontro. Il progetto prevede inoltre collegamenti con le strade consolari
romane e con altri camminamenti che intersecano quello dei cippi.
Il
riconoscimento, la valorizzazione e la promozione dei cammini è stato oggetto
di approvazione in Abruzzo con la
Legge regionale 52/2017. Un codice chiaro e dettagliato che fornisce un quadro
normativo di riferimento per gli Enti locali che vorranno istituire percorsi e
itinerari escursionistici pedonali o comunque fruibili con forme di mobilità
dolce sostenibile presenti nel territorio con il duplice scopo di stabilire i
parametri da rispettare per la realizzazione dei cammini e di implementare
l'offerta culturale e turistica regionale. Uno strumento utile per tutti quei
comuni che desiderano puntare sul proprio patrimonio naturalistico. In
particolare nella legge viene specificato che l'istanza deve contenere la
“carta d'identità del cammino” nella quale vengono riportati come dati la
tipologia di interesse del cammino, il suo tracciato cartografico e
georeferenziato, l'ente che gestisce e promuove il percorso e le informazioni
utili ad evidenziare il legame e le peculiarità dei luoghi interessati
dall'itinerario.
L'interesse che i territori stanno
mostrando per la nascita dei cammini potrebbe dare luogo alla creazione di
nuovi percorsi turistici, ippovie, percorsi per mountain bike, per gare
podistiche ed anche la nascita di nuovi agriturismi e camping, bed and
breakfast o nei piccoli borghi la nascita dell'albergo diffuso. Si potrebbe
pensare di creare un evento per il “confine”, dove ogni anno si possa visitare
una zona ed approfondire il tutto con giornate di studio e meeting.
L'obbiettivo è quello di rendere fruibili quei percorsi per l’intero arco
dell’anno, puntando così ad un turismo rispettoso della natura e vivibile 365
giorni. Nell'ottica di sviluppo territoriale dal punto di vista culturale,
naturalistico e turistico saranno monitorate tutte le attività artigianali e
commerciali, di ristorazione e di alloggio ed i centri di interesse storico.
Franco De Angelis Consigliere
nazionale Comitati Due Sicilie
Dr. Silvia Scarpone Ricercatrice