di Francesca
Ghezzani - Classe 1968, nato
ad Acquarossa (Svizzera), con l’arte nel Dna tanto da vederlo nelle vesti di cantautore,
autore, fotografo di formazione e anche attivo nel campo del giornalismo.
Davide Buzzi inizia
la tua carriera artistica nel 1982, nel 1993 pubblica il suo primo cd e nel
2013 approda al mondo letterario con il libro di racconti dal titolo "Il
mio nome è Leponte… Johnny Leponte". Negli anni ottiene dei riconoscimenti
importanti a livello internazionale per il suo lavoro cantautorale e nel 2020 è
uscito sul mercato editoriale con “MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA SERIALE”
edito da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni, Follonica
Davide, come fai a
conciliare tutte queste attività artistiche?
In verità ogni
attività richiede i suoi tempi. Cerco sempre di ritagliare gli spazi giusti per
ogni mio progetto, senza che uno possa arrivare a prevalere sugli altri. Non è
difficile, basta un po’ di coordinazione. E poi alla fine è la passione di
raccontare delle storie a permettermi di fare tutte le cose che faccio. Non
conta la forma utilizzata per raccontare, conta la voglia di condividere le
emozioni.
Parliamo subito
del tuo nuovo romanzo “Antonio Scalonesi: MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA
SERIALE”. È un titolo particolare, cosa ci preannuncia?
Si tratta di un
thriller autobiografico molto particolare, scritto tutto in prima persona e che
si rifà al genere spoof. La storia inizia praticamente dalla fine, quando l’11
novembre 2011 Antonio Scalonesi, un uomo assolutamente normale, imprenditore
immobiliare e ex sportivo d’elite benvoluto e rispettato da tutti, entra nel
palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede
di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, al quale confessa
di essere un serial killer. Improvvisamente Cortesi si ritrova davanti a un
racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili, una lunga serie di delitti
che a partire dal 2004 e fino al 2010 si dipana fra Svizzera, Italia e Francia.
Ma non è tutto, perché nello svolgersi della confessione ad un certo punto la
storia sembra ribaltarsi fino a rivelare un risvolto inaspettato che proietta
Scalonesi all’interno di uno spietato intrigo internazionale. Antonio Scalonesi
è davvero chi dice di essere oppure è un abile millantatore che riesce a
destreggiarsi abilmente fra menzogna e verità?
Com’è nata l’idea
di questo libro?
È un’idea che
nasce da lontano, a quando ancora svolgevo la professione di Guardia di Confine
Svizzera (corpo di polizia paragonabile alla Guardia di Finanza) e che si è
sviluppata in due periodi difficili della mia vita: quando mi sono trovato a dover
affrontare un divorzio e quando, improvvisamente, una malattia ha stravolto la
mia esistenza. Momenti in cui avevo tanta negatività addosso che dovevo in
qualche modo sfogare. L’ho fatto mettendomi a scrivere e riversando sulla carta
quel lato oscuro che esiste in ognuno di noi che in alcuni frangenti può venire
a galla portandoci magari a compiere anche atti inconsulti. È così che è nato, almeno a livello
embrionale, il personaggio di Antonio Scalonesi. Che ho poi tirato fuori dopo
un incontro con Giovanni Martinez, ex avvocato di Bernardo Provenzano, al quale
ho raccontato di questo mio tentativo di combattere il buio interiore che mi
stava divorando l’anima. Lui ha letto ciò che avevo scritto e mi ha detto “qui
deve uscirne un libro”. E così, anche grazie anche al suo aiuto, è stato.
Che cosa conservi di
questo personaggio dopo aver scritto un libro su di lui?
Certamente il suo
forte egocentrismo, che lo porta a elevarsi a Dio terreno, e la sua quasi
mancanza di empatia verso il prossimo. Quasi, dico, in quanto Antonio
Scalonesi, per quanto spietato dimostra anche una sua moralità che, seppure
assai particolare, contribuisce a renderlo più umano di quanto si possa
immaginare. Per esempio, all’interno del racconto si riuscirà a intravedere la
sua avversione nei confronti delle persone che si macchiano di pedofilia e la
sua fatica nel pensare di dover uccidere delle persone di sesso femminile. Alla
fine si troverà costretto anche ad agire contro alcune donne, e pure in modo
assai cruento, ma si comprende bene quanto in realtà vivesse questi fatti come
spiacevoli ed inevitabili effetti collaterali, che nulla avevano a che fare con
la sua vera natura di serial killer.
Ho quasi paura a
chiedertelo, ma nella storia troviamo qualcosa di autobiografico?
Sì,
il fatto che Antonio Scalonesi è astemio come il sottoscritto.
No,
per via che io non sono mai stato uno sportivo semiprofessionista e non ho mai
venduto case.
No,
perché io sono una persona estremamente pacifica.
Sì,
perché in ognuno di noi ospita un lato oscuro con il quale ogni giorno deve
confrontarsi!
Cosa puoi dirci dei luoghi in cui hai ambientato le
vicende?
I fatti
raccontati si svolgono in buona parte nel Cantone Ticino e in Italia. In Ticino
ci sono nato e lo conosco bene, l’Italia la amo profondamente. Naturalmente ho
cercato di mescolare un po’ le acque e i nomi di alcuni luoghi sono stati
cambiati, mentre altri no. I fatti sono reali com’è reale la vita tragica di un
serial killer. Anzi, a pensarci bene, per quanto tragici gli omicidi di Antonio
Scalonesi, nella realtà quotidiana esiste un peggio ben peggiore a quello da me
raccontato in questo memoriale.
Infine, ci sveli qualche aneddoto del backstage che ha dato vita al
bellissimo booktrailer?
L’ambientazione
è quella invernale di un passo alpino, a 1920 metri di altezza. Tutto accade il
29 febbraio del 2008 durante una tormenta di neve, quando Antonio Scalonesi
giunge in cima a questo passo con una Mercedes wagon, che non è sua ma
appartiene a tale Nicolas Sagnier, un ispettore capo della Civipol, una
multinazionale specializzata nella sicurezza di cose e persone e all’epoca
sottoposta al Ministero dell’Interno francese. Il trailer trasmette
immediatamente la tensione che pervade per la maggior parte del romanzo vero e
proprio, mettendo subito in luce il cinismo del protagonista. Il filmato lo
abbiamo girato in cima al Passo del Lucomagno, in mezzo a una tormenta di neve
e a oltre 10 gradi sotto zero, con l’ausilio di un drone e di diverse camere
che riprendono la scena da diversi punti di vista. Un plauso va certamente a
tutta la squadra della Minds Production, al regista Elia Andrioletti e agli
attori, i quali hanno saputo interpretare alla perfezione il mio racconto e a
realizzare il video esattamente come lo avevo immaginato, malgrado le
condizioni davvero proibitive nelle quali ci siamo ritrovati a lavorare.
Del
trailer esistono due versioni diverse, un flash di 40 secondi, diretto e
essenziale, e un vero e proprio cortometraggio della durata di 5 minuti, con la
voce narrante di Antonio Scalonesi tratta dalla registrazione di una delle sue
confessioni e con in sottofondo la canzone originale D.D.D., il brano che ho
scritto con la collaborazione di Alex Cambise, interpretato dal cantautore
svizzero-italiano Luca Buletti, pensandolo proprio come la colonna sonora del
romanzo.
Si
tratta di una canzone in stile spiccatamente West Coast, che richiama al calore
e alla solitudine del deserto del Mojave. Nel booktrailer si contrappone
prepotentemente all’ambientazione invernale e alpina, creando nello spettatore
un evidente senso di disconnessione, contribuendo così ad aumentarne la
tensione.