Il Dottor Davide
Pagnoncelli, psicologo e psicoterapeuta, ci spiega come agire affinché il
futuro - quando accadrà - non ci prenda in contropiede ma ci trovi pronti con
“progetti chiavi in mano”…
“Solo insieme possiamo raggiungere
ciò che ciascuno di noi cerca di
raggiungere”.
(Karl Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco, 1883-1969)
“In tempi duri dobbiamo avere sogni
duri, sogni reali,
quelli che, se ci daremo da fare,
si avvereranno”.
(Clarissa Pinkola Estés,
scrittrice, psicoanalista statunitense vivente)
Dopo un mio precedente articolo del 3 gennaio 2020 uscito su una
testata dal titolo “Orfani del noi: perché dobbiamo ritrovare un sentimento
sociale”, puntualizzo alcune premesse contestualizzandole nell’attuale
situazione emergenziale.
Tutto ciò che non è “normale o usuale” spesso fa andare in crisi
non poche persone, tutto ciò che non è perfetto ne irrita altre, tutto ciò che
non funziona sempre e alla perfezione ne indispone tante altre, qualcun altro
combatte ed espelle dalla propria esistenza tutto ciò che non va come vorrebbe.
Già prima della diffusione del coronavirus circolavano… strane
malattie: per qualcuno la malattia della normalità automatizzata, fondata su
ritmi frenetici; per altri la malattia della routine piatta e statica, interrotta
da sporadici godimenti di qualche “ora di libertà”; per altri ancora la malattia
del perfezionismo e del “tutto ottimo oppure niente”; per taluni la malattia di
ritenersi vaccinati e, quindi, immunizzati dalla morte e dalla precarietà (non
solo fisica).
Un evento estremamente negativo e drammaticamente spiacevole ci
obbliga, invece, a ristabilire le nostre priorità. Nessuno escluso! Tranne chi
soffre di rimozione perenne, di manie di immortalità o di narcisistica
megalomania.
Un evento tragico per il mondo intero può diventare un’occasione
per chiederci:
Cosa è
davvero importante per me, per la società?
Cosa vale
di più per la mia vita, la nostra vita comunitaria?
Quali sono
le mie, le nostre priorità?
Cosa voglio
davvero recuperare del periodo ante-coronavirus e dell’esperienza del blocco
domestico a seguito dell’emergenza?
Cosa
desidero davvero cominciare di nuovo, di creativo nel dopo-coronavirus?
Un fatto angosciante può stimolare ad aumentare il coraggio (da
cuore, cuor-aggio) e ad aguzzare le possibilità per un’uscita evolutiva
dall’emergenza, per una ristrutturazione e ridefinizione di stili di vita
individuali e sociali. Un detto popolare acutamente recita: “San bisognino
aguzza l’ingegnino”.
In una situazione di emergenza possiamo percepire nettamente cosa
ci mancava di veramente essenziale e cosa avevamo di positivo nella nostra
esistenza. È stato per me significativo vedere persone che dialogavano a
distanza di sicurezza divisi dal confine della zona rossa: gente che lasciava
cibo, una bevanda, una sigaretta, un libro, degli oggetti; gente che scambiava
affetto visibile superando la sottile e invisibile linea rossa, stavolta senza l’intermediazione
del cellulare.
Ho sentito, per esempio, vari insegnanti che hanno affermato: “Mi
mancano i miei alunni!”; “Sono stanco di fare lezioni solo online”. Oppure
ragazzi che mi hanno confessato, a denti stretti e in modo diverso, quasi con
stupore: “La scuola era impegnativa, per certi versi una rottura, però ci manca”;
“Ci mancano le vere relazioni”; “Ci mancano di brutto i compagni e pure i
prof”; “La scuola dava un ritmo alle nostre giornate”; “La scuola dava un senso
alla nostra esistenza”. Sì, la scuola dava senso e offriva un orizzonte di
esperienze concrete e sensoriali per camminare verso orizzonti molto più
lontani rispetto al proprio naso e alla propria città… Ovviamente per coloro
che erano e sono motivati a cogliere le varie opportunità. Mi ricordo quanto ho
sentito affermare da un ragazzino africano che non poteva frequentare una
scuola: “Ho un sogno, poter andare a scuola!”
Tutto ciò già si ripeteva astrattamente in passato, però ora è
stato supportato da un’esperienza intima in un contesto di emergenza.
Il distacco tra le persone ha fatto scoprire altre modalità
comunicative, consentendo di non chiudersi nelle solite abitudini routinarie. Speriamo
che queste “assenze sentite di cuore” facciano recuperare il valore di quanto
si faceva, non raramente dato per scontato. Come spesso si può dare per
scontato il fatto di esistere, il fatto che il nostro corpo normalmente
funziona alla perfezione con delicati meccanismi omeostatici.
Si è anche esperito molto concretamente l’assioma, solitamente
ripetuto meccanicamente, che tutti siamo connessi. Non c’è più niente che non
possa riguardare tutti. Davvero tutti! Un evento negativo ci può stimolare...
più spintaneamente che spontaneamente a vivere, lavorare, amare, giocare
tentando anche di anticipare il futuro, cercando di desiderare e di immaginare
un futuro diverso.
Cosa ci
comunica il futuro, adesso? Cosa ci potrebbe preannunciare?
Non basta solo saper prevenire qualcosa di negativo! Non basta
evitare che accada in futuro un evento drammatico! È piuttosto miope progettare prevenzione
focalizzandosi solo sul negativo o esclusivamente su polemiche scaricabarile
alla caccia del colpevole. I soli pensieri negativi non hanno mai offerto
soluzioni efficaci. D’altronde, fare e farsi la guerra ha portato solamente
distruzioni, mai costruzioni. È preferibile, pertanto, anticipare il futuro.
Far sì che il futuro -quando accadrà- non ci prenda in contropiede ma ci trovi
pronti con “progetti chiavi in mano”… un po’ prima che arrivi.
Occorre, però, lavorare almeno per i prossimi 50 anni, per le
generazioni dei nostri figli e dei figli dei nostri figli. Non possiamo
limitarci a progettare solo per il prossimi mesi o per il prossimo anno! Servono
progetti di lungo respiro, progettati da numerosi cervelli… larghi e da tanti
cuori aperti!
Occorre che ci prefiggiamo degli obiettivi e dei compiti precisi per
i prossimi decenni: questa è la nostra responsabilità di adulti! E la sola generica
responsabilità è fuffa, è sterile petizione di principio, se non è accompagnata
da compiti, da compiti specifici, sia personali che collettivi.I più importanti
progressi dell’umanità sono stati prodotti dall’immaginazione e dalla
creatività capaci di superare tante difficoltà, intralci e drammi e di
oltrepassare un limite che pareva invalicabile. Ci siamo scoperti vulnerabili,
ma non per questo dobbiamo sentirci impotenti.
Quando le difficoltà aumentano è il momento gettare il cuore al di là
dell’ostacolo e di riappropriarci della nostra libertà creatrice, della nostra
progettualità migliore. Quando qualcosa blocca può essere l’occasione per
diventare più intimi con se stessi; spesso la propria intimità qualcuno la
perde o la valorizza pochissimo. Ovviamente intimità non è assolutamente sinonimo
di intimismo rinchiuso in se stesso.
Perciò non ci prefiggiamoci di ritornare alla normalità. Punto.
Piuttosto di ritornare alla quotidianità con innesti insoliti di cambiamenti di
talune abitudini e con inserti di nuove originalità. Ovviamente senza fughe illusorie o
ingenuamente buoniste, ma con realismo adeguato. Vivere come se fossimo tutti separati ci rende
tutti più deboli e rallentati. Il legame positivo con gli altri ci rende più efficaci, come
nella scrittura in corsivo il legame tra le lettere rende la scrittura più
veloce e fluida.
Più la situazione diventa complicata, più abbiamo bisogno -in modo
gratuito- di atti di gentilezza e di positività, anche se minimi. Riporto un
semplice esempio occorsomi poche settimane fa su un treno delle ferrovie dello
stato: un cameriere del vagone ristorante, dopo una breve e piacevole
conversazione, offre del Brut a una signora anziana e coinvolge anche me. La
sconosciuta signora mi sussurra: “Non mi era mai capitato in tanti anni di
viaggi, che bello!”. Lo spumante non era molto fresco, però l’ho gustato lo
stesso con molto piacere: la gentilezza è scesa dentro di me freschissima!
Occorre andare al di là della sola prevenzione evitante, centrata
prevalentemente o quasi sull’evitare il negativo, il peggio. È necessaria una prevenzione positiva ed
evolutiva che rafforzi determinati punti, caratteristiche e aspetti. Ma questo
sarà materia di un prossimo articolo.
Email: allargacervelli@gmail.com