In tempi non
sospetti, quando ancora tutto proseguiva nella normalità, è uscito il tuo nuovo
libro dal titolo “Scriverò di te”. Vuoi parlarcene?
“Scriverò di te”
nacque quasi due anni fa durante un pranzo in cui un amico di mio nonno paterno
chiese: “Mario, perché non raccogli le avventure più belle della tua vita in un
libro?”. Quello fu il momento in cui tutto iniziò e mio nonno mi chiese se
avessi voglia di cimentarmi in questo esperimento: iniziai a registrarlo,
raccolsi i suoi appunti scritti a mano e mi misi a trovare foto dei suoi viaggi
e di quando era giovane. Dopo alcuni mesi di registrazioni, iniziai a
trascrivere i suoi appunti e a “sbobinare” le ore in cui mi raccontava del suo
lavoro, degli indimenticabili amori in gioventù e del grande amore per la vita.
Lì dentro c’è tutta la storia di un uomo che ha sempre lavorato tanto e non si
è mai tirato indietro quando si trattava di aiutare il prossimo.
Gianluca, come sta
vivendo un giovane della tua età questo momento così particolare dettato dalla pandemia?
Personalmente all’inizio di tutto mi sentivo a terra,
speravo con tutto me stesso che ognuno di noi iniziasse sin da subito a
rispettare le regole e che si preoccupasse per la propria salute e per quella
degli altri. Io ho reagito abbastanza male, lo ammetto. Allo stesso tempo,
però, il desiderio di tornare a stare bene mi ha dato la spinta per crearmi
tanti piccoli appoggi per non pensare: ho continuato a scrivere, ad ascoltare
musica, ho visto alcuni film e letto libri che avevo tralasciato da parecchio
tempo. Purtroppo gli strascichi del dolore che ci viene proiettato in tv e sui
giornali se li porta dentro ognuno di noi, ma dobbiamo cercare di proiettarci
in una dimensione positiva, è fondamentale per la nostra lucidità mentale.
Questo momento è
per te uno stimolo alla riflessione e alla scrittura o conduce a troppa
confusione mentale per mettere nero su bianco i pensieri che affollano la
testa?
Per me questo periodo è fonte di ispirazione, anche se
alcune volte è utile ripulire la mente da tutte le informazioni da cui siamo
bombardati, perché è vero che la creatività si manifesta con una forte passione
per qualcosa, ma bisogna saper scindere ciò che è sano per noi e ciò che
inquina i pensieri (come le fake news o l’allarmismo).
Che scenario futuro
intravedi per l’editoria e, visto il tuo impegno universitario, per
l’istruzione e l’occupazione giovanile?
Questo è un momento
delicato su ognuno di questi fronti, soprattutto per l’editoria e
l’occupazione. Le case editrici hanno cambiato il loro piano editoriale e i
posti di lavoro tendono a scendere drasticamente (soprattutto per il settore
artistico-culturale) spostandosi verso un ambiente smart. Rialzarsi non sarà
affatto facile, questo lo sappiamo tutti, ma potrebbe essere meno faticoso
semplificando e moderando la burocrazia.
Tra i tanti
racconti di tuo nonno emergono testimonianze preziose, aneddoti di bambino che
ha vissuto la seconda guerra mondiale, riflessioni su argomenti di attualità.
Forse ora occorrerebbe aggiungere qualche pagina al tuo libro… come
raccontereste insieme questo drammatico periodo?
Sicuramente le
nuove pagine riguarderebbero il cambiamento di noi stessi: il lato negativo di
questo momento storico è che sembra condurci verso una nuova forma di
isolamento dagli altri. Con tutte le immagini forti che ci arrivavano dalla
Cina e che arrivano ora dai nostri ospedali, è sempre più robusta l’intenzione
di chiudere ulteriormente i propri spazi di “azione”, sia per la paura di
contagio, che per la comodità di fare “tutto online”, che rischia di
trasformarsi in una vera propria asocialità collettiva. Non a caso, qualcuno parla
di effetto dis-umano, non post-umano.
Infine, abbiamo
ricevuto alcuni giorni fa la benedizione speciale del Papa Urbi et Orbi… tra le
considerazioni sulla società odierna presenti nel tuo libro “Scriverò di te”
parli dell’allontanamento dei giovani dalla Chiesa. Credi che sia ancora così
dopo i fatti degli ultimi tempi?
L’allontanamento dalla Chiesa è un argomento molto
critico e sicuramente gli eventi di questi giorni hanno svegliato qualcosa in
ognuno di noi. Parlando anche con alcuni miei coetanei, ciò che è emerso è che
non è facile, per una generazione come la nostra, sentirsi coinvolti dai
messaggi della Chiesa. Ci si imbatte spesso tra la morale cattolica e quella
politica quando vengono affrontati temi come l’interruzione di gravidanza,
l’eutanasia o l’omosessualità e il ruolo della Chiesa è molto difficile perché
deve mostrarci la vita in modo semplice, distaccato e senza pregiudizi
ideologici.