L'attore Giovanni Arezzo clochard in “Hungry Birds”: come ho trasformato il mio sogno in un mestiere. L'intervista di Fattitaliani

Un senza tetto vaga affamato per le strade di Londra, fino a che un ricco signore siederà a pochi metri di distanza da lui per nutrire uno stormo di piccioni. Il giovane uomo vedrà in lui una speranza di salvezza, ma delle strane circostanze lo costringeranno a sporcarsi le mani. È il racconto di “Hungry Birds” (online su YouTube), short film scritto e diretto dal film maker Raffaele Romano, già vincitore del premio BEST INDIE SHORT al LOS ANGELES FILM AWARDS. Accanto al celebre Dominic Chianese, l’eclettico e promettente attore e regista ragusano, Giovanni Arezzo, nell’intenso ruolo di un clochard: Fattitaliani lo ha intervistato.

Com'è nato il tuo coinvolgimento nel progetto di Raffaele Romano?
Conosco Raffaele da molti anni, perché è ragusano come me, e avevo avuto modo di apprezzare i suoi primi esperimenti in fatto di video. Quando ha avuto per le mani la sceneggiatura di “Hungry Birds”, dopo aver scritturato Chianese, mi ha subito chiamato per propormi il ruolo dell’homeless. Io ho accettato immediatamente appena mi ha raccontato l’idea e, quando ho letto la sceneggiatura, ho avuto conferma del fatto che si trattasse di un progetto molto ambizioso e con moltissimo potenziale.
Interpretare un clochard non accade spesso: come ti sei preparato per risultare credibile e allo stesso tempo emotivamente coinvolto?
Ho trascorso i primi giorni a Londra, giorni che precedevano quelli in cui avremmo girato, osservando tutti i clochard che incontravo, cercando di capirne il respiro, di rubar loro lo sguardo. Ho parlato con alcuni di loro, mi sono aperto e loro si sono aperti con me. Indossati gli abiti sporchi e lisi, ho cominciato a “giocare”, nel significato più serio che questo verbo ha, tirando fuori in primis la solitudine di questo ragazzo, e fantasticando sul passato che ha potuto avere per arrivare a determinate scelte. Il resto l’ha fatto il Cinema.
A che punto della tua carriera si situa questa interpretazione? che cosa rappresenta?
Ho studiato in una Accademia di teatro, la Silvio D’Amico, ed è il teatro che dal giorno dopo del mio diploma riempie tutte le mie giornate. Nel campo cinematografico e televisivo ho avuto, un po’ per scelta e un po’ per contingenze, molte meno esperienze. “Hungry Birds”, insieme a “L’Ultima Notte” (altro cortometraggio girato nello stesso periodo e diretto da Marco Pirrello), mi ha permesso di accedere a molti festival di cinema prestigiosi, ottenendo consenso unanime di pubblico e critica. E questa dell’audiovideo è una strada che mi affascina molto e che vorrei tanto continuare a percorrere, sempre più intensamente.
Potresti condividere con noi tre momenti della tua storia artistica che ti hanno particolarmente segnato e fatto crescere?
In ordine cronologico.
Il primo è sicuramente l’ammissione in Accademia: avevo diciotto anni, ero poco più che un bambino, venivo dal profondissimo sud e non avevo idea di ciò che mi aspettava. Entrare in una scuola così prestigiosa mi ha fatto capire che, forse, avrei davvero potuto trasformare quell’amore adolescenziale e quasi inconsapevole per la recitazione un mestiere, il mio mestiere.
Il secondo è l’incontro con Silvio Peroni, un regista straordinario che mi ha letteralmente aperto la mente e fornito un’altra chiave, straordinaria, per affrontare il mio lavoro di interprete. A lui devo tantissimo, e credo che lavorare con lui mi abbia reso un attore diverso, profondamente diverso, da quello che ero prima.
Il terzo è proprio “Hungry Birds”, perché ho girato in un altro Paese, perché ho lavorato con un mostro sacro quale è Dominic Chianese, che ha lavorato con i più grandi del mondo, e per tantissime altre ragioni più difficili da raccontare così perché hanno a che fare con il mondo delle emozioni, a livelli profondissimi.
Ragusa è una bellissima città: quanto c'è di te, nel tuo sguardo come regista, nei tuoi gesti come attore delle tue origini? 
Penso che ci sia tutto. Già a partire dai colori e dalla mia faccia, che lascia poco spazio all’immaginazione (sorride).
Poi credo che il posto in cui nasci e cresci in qualche modo ti entra dentro e non se ne va mai più, e io sono fiero di portare dentro di me Ragusa, una città piena di controsensi, che mi ha fatto incazzare più di una volta, ma che amo e a cui - in un modo o nell’altro - torno sempre.
Progetti futuri?
I miei progetti futuri iniziano dal voler assolutamente recuperare tutti gli impegni  teatrali che questa quarantena forzata mi ha fatto perdere, in primis “Chet!”, che è un monologo a cui tengo tantissimo nel quale racconto vita morte e miracoli del trombettista americano Chet Baker, che proprio lo scorso fine settimana doveva essere in scena a Roma al Teatro Due, e “Girasoli”, che è uno spettacolo interpretato da un’attrice bravissima che si chiama Alice Sgroi e che non mi vede in scena, ma di cui ho firmato la regia.
Poi ho delle splendide novità sia per l’estiva che per l’inizio della prossima stagione, ma al momento devo necessariamente tenere la bocca chiusa a riguardo. Seguitemi sulle mie pagine social, e scoprirete tutto a tempo debito! Giovanni Zambito.

Giovanni Arezzo, nell’intenso ruolo di un clochard, rivela il suo eclettismo e la capacità di fondersi nelle storie e nelle scritture, come  ha più volte dimostrato in teatro, dove ha spesso dato voce a vicende e personaggi complessi e dalla forte personalità. Tra questi, Chet Baker, il più celebre trombettista bianco della storia della musica mondiale,  del quale tratteggia un ritratto sincero, sentito ed empatico, dell'uomo e dell'artista, del suo genio e della sua sregolatezza, in CHET!, monologo di cui è anche coregista con Laura Tornambene. Lo spettacolo, che ha debuttato nel 2018,  gira l’Italia da un anno, e sarebbe andato in scena in questi giorni al Teatro Due di Roma.
Arezzo, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma nel 2006, menzione speciale nel 2007 al Premio Hystrio alla Vocazione “per la padronanza dei mezzi espressivi e la curiosità intellettuale”, si divide tra teatro, televisione e musica.
In teatro è stato diretto da registi come Silvio Peroni (“The Aliens”, “Il giorno delmio compleanno”), Francesca Ferro (“Sogno di una notte a Bicocca”, “Romeo Q Giulietta”),Guglielmo Ferro (“I Malavoglia”, “Concetto al Buio”, “Lupo”), Nicola Alberto Orofino (“MeinKampf”, “Enrico IV”), Laura Tornambene (“Syrano”, “L’Ultimo Nessuno”), Franco Giorgio (“Variazioni Enigmatiche”).
Da regista, ha messo in scena nel 2017 “Natura morta in un fosso” di Fausto Paravidino, prodotto dal Centro Teatro Studi di Ragusa, e nel 2019 il monologo “Girasoli”, prodotto dal Teatro Mobile di Catania.
Ha lavorato anche per la TV  in “RIS”, “Il commissario Montalbano”, “Apnea”, “Donne”. È , inoltre, rapper e slammer, con lo pseudonimo di Soulcè, vincitore per la Sicilia dello slam ufficiale LIPS del 2019.

HUNGRY BIRDS
Written and Directed: Raffaele Romano
Starring: Dominic Chianese, Giovanni Arezzo
Dop: Richard Osborne
Sound mixer: James Tocher
1AD and Editor: Daniele Nania
Make up: Brooke Lee Davis
Costumes: Sarah Pollicita
Vfx Artist: Salvatore Lo Cascio
Music: Giovanni D’Allò
Sound Design: Vera Sorrentino
Production Assistant: Kira Dhaliwal
Producer: Raffaele e Giorgio Romano 
Fattitaliani

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