I topi vivi dei cinesi e le schifezze che mangia Zaia

Caro Zaia, parlando di corona virus in una intervista lei ha detto, a proposito dei Cinesi: "li abbiamo visti tutti mangiare topi vivi". Tutti...? Parli per sé per favore.
E comunque, che in un paese enorme, dalle realtà variegatissime e di storia molto più antica di quella della Repubblica Veneta si mangino anche cose che a noi fanno schifo è un fatto; ma aspetti un momento. Sbaglio, o i "suoi" vicentini li chiamano "magna-gatti" per l'attenzione gastronomica riservata ai mici? Il vizietto risalirebbe alla fame causata nel '600 dalla peste, però poi si sarebbero detti "mica male" e avrebbero continuato, magari facendo la scarpetta nel sugo (ma spero sia roba passata). 

Pensi: se si spargerà la voce all'estero, qualche suo collega potrebbe chiamare "mangia-gatti" tutti e sessanta milioni di italiani. 
I punti di vista angolati e le etichette sono pericolosi, Zaia. Di lei, per esempio, si potrebbe dire che è stato visto mangiare la secrezione solidificata delle ghiandole di un animale con l'aggiunta della bava di un insetto. E anche masticare con gusto esserini ancora vivi. Dice che non ha mai fatto una schifezza del genere? Sì, invece. Solo che la secrezione della ghiandola la chiama "burro" e la bava dell'insetto "miele". Quanto agli esserini viventi che ha gustato con entusiasmo, le chiama "ostriche". Che peraltro non sono gli unici esseri che noi Italiani mangiamo vivi. Alcuni addirittura li maltrattiamo prima a lungo, come i polpi arricciati cari ai baresi. E siamo ghiotti di serpenti, no? Serpenti di mare, naturalmente, che chiamiamo "anguille" e "gronghi". Per non parlare dei crostacei, che hanno esoscheletro e zampette come gli scarafaggi. Tutti, nascendo in un posto, tendiamo a considerarci "centro del mondo" e metro con cui giudicare gli altri. Poi qualcuno si deprovincializza, e qualcun altro non ci riesce; e se uno che non ci è riuscito diventa governatore, può danneggiare l'economia della regione di cui ha la massima responsabilità, e del resto d'Italia, offendendo l'orgoglioso popolo di un Paese con il quale abbiamo vitali rapporti commerciali. Carlo Barbieri

Carlo Barbieri è nato nel 1946 a Palermo. Ha vissuto nel capoluogo siciliano, a Catania, Teheran e Il Cairo, e adesso risiede a Roma. Ha pubblicato Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non, e i gialli La pietra al collo, Il morto con la zebiba (ripubblicato nella collana Noir Italia de IlSole24Ore), Il marchio sulle labbra, Assassinio alla Targa Florio e La difesa del bufalo, gli ultimi tre con Dario Flaccovio Editore. Con la stessa casa editrice ha pubblicato anche la raccolta di racconti Uno sì e uno no. Il suo ultimo libro, dedicato ai lettori più giovani, è Dieci piccoli gialli edito da EL/Einaudi Ragazzi. Barbieri è stato premiato, fra l’altro, al Giallo Garda, al Città di Cattolica, al Città di Sassari, all’Efesto-Città di Catania, allo Scerbanenco@Lignano e, per due volte, all’Umberto Domina. Cura una rubrica con Malgradotutto e collabora con diverse testate web fra le quali fattitaliani.it e MetroNews, il quotidiano delle metro di Roma, Milano e Torino.
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