di Andrea Giostra.
Ciao Carmela,
benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Se volessi presentarti
ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista palermitana della
fotografia?
Salve Andrea, ti ringrazio per questa
intervista. Sono una donna che ha avuto le idee chiare su quello che sarebbe
stata la mia professione cioè quello di fare l’artista perché è l’unica cosa
che so fare bene e posso essere me stessa. Nasco come pittrice ma lungo il
percorso della mia vita decisi di intraprendere altre strade e modi di
esprimere la mia arte attraverso l’uso della macchina fotografica, questo perché
mi permette di esprimere in maniera diversa e più veloce l’arte visiva
attraverso lo scatto.
Chi
è Carmela nella sua professione e nella sua vita reale? Come ti descriveresti a
chi leggerà questa intervista per dare l’immagine di te quale artista e donna?
Come
ho già detto più che fotografa mi definisco un’artista che oggi ha deciso di
intraprendere il ruolo di fotografa ritraendo artisti, musicisti, attori,
giornalisti e altre persone che fanno parte del mondo della cultura, ma al di fuori
dei doveri professionali mi piace usare la macchina fotografica in maniera più
creativa ove attraverso degli autoscatti mi ispiro alla bellezza della natura,
architettura ecc.…
Come è nata
la tua passione per la fotografia, per l’arte in generale, e quale il percorso
artistico che hai seguito?
Sono nata e cresciuta a Palermo e fin da
piccola ho avuto predisposizioni artistiche. Ho iniziato con il disegno fino ad
arrivare alla pittura, ma lungo questo percorso sentivo l’esigenza di fare
altro cioè di utilizzare la macchina fotografica come mezzo alternativo per
esprimere la mia creatività e così decisi di iscrivermi a un circolo
fotografico gestito dal maestro Giuseppe Cilia ove iniziai a imparare le
varie tecniche fotografiche sia in studio che in esterna, ma gli studi mi hanno
temporaneamente allontanato dalla fotografia perché dovevo concentrarmi su
quello che doveva essere la mia professione e così dopo aver fatto l’Accademia
delle Belle Arti qui a Palermo me ne andai a Firenze per
specializzarmi in restauro dei dipinti su tela e tavola e dopo aver lavorato in
questo ambito in varie città d’Italia decisi di ritornare a Palermo per aprirmi
uno studio sia di pittura e di fotografia.

La
vivo a fasi alterne perché dipende dalle richieste che ci sono sul mercato, ma
professionalmente parlando, e in base a quello che faccio, l’uso e la
conoscenza delle altre materie si fondono tra loro agevolandomi sul mio modo di
operare permettendomi di lavorare ad ampio uso tecnico e conoscitivo.
Come definiresti
il tuo stile artistico? C’è qualche fotografo al quale ti ispiri?
Il
mio stile fotografico è sul genere surrealismo perché mi piace andare
oltre la realtà creando delle composizioni artistiche e creative che si
avvalgono di vari elementi naturalistici e stilistici che vengono personalizzati
con alcuni filtri in post produzione. C’è una fotografa che adoro si chiama Kirsty
Mitchell con la sua serie Wonderland, lei crea abiti di carta
e di fiori e realizza dei set scenografici veri e propri che sono quasi
fiabeschi.
Chi sono secondo
te i più bravi fotografi nel panorama internazionale e nazionale, e perché proprio
loro secondo te?
Purtroppo
gli unici fotografi che amo sono stranieri tra questi cito Richard Avedon
e Helmut Newton perché entrambi lavorano nel campo della moda e
stravolgono i canoni classici della fotografia rappresentando la femminilità in
versioni poco usuali e poco tradizionali come le donne sempre in movimento di
Richard Avedon e le donne svestite in atteggiamento da manichino di Helmut
Newton.
Chi sono stati i
tuoi maestri che vuoi ricordare in questa chiacchierata?
L’unico maestro
che mi ha sostenuto nel campo fotografico è Giuseppe Cilia, grazie a lui
ho imparato le tecniche di base e mi ha aiutato ad emergere.
Perché
secondo te oggi, nel Ventunesimo secolo, l’arte della fotografia e delle arti
visive in generale sono importanti?
Oggi viviamo in un contesto ove la cultura è
sempre più visuale e vi è una ricerca estetica quasi costante, così con
l’avvento del digitale si è aperto un mondo più vasto ma anche competitivo nel
campo artistico e di mercato ove ci si può esprimere in varie forme che va oltre
la pittura e la scultura, oggi abbiamo le espressioni che vanno oltre la
materia e la sostanza che sono i famosi video mapping che coinvolgono lo
spettatore come se vivessero in prima persona la storia. Fotograficamente
parlando il digitale offre immediatezza del risultato d’immagine con
agevolazioni del post produzione ove ci permette di personalizzare e migliorare
in modo semplice e veloce cosa che in passato non era possibile.
A proposito dell'arte della
fotografia Alberto Moravia sosteneva che: «Il fotografo non guarda la
realtà, ma la fotografa. Poi va in camera oscura, sviluppa il rullino e solo
allora la guarda.» A quel punto la realtà non c'è più, ma c'è la rappresentazione
della realtà che ne ha fatto il fotografo. Se è vero quello che disse Moravia,
è come se il fotografo alterasse la realtà creandone una tutta sua, una realtà
parallela, virtuale per certi versi, quella che sa creare con la sua
arte. Qual è il tuo pensiero in proposito? Cos'è la fotografia per te?
Ognuno di
noi usa la fotografia in modo diverso, io creo un mio mondo ove mi posso
rifugiare e creare attraverso delle rappresentazioni stilistiche e creative e
la faccio mia, altri invece la usano per documentare o narrare un momento di
vita come il reportage e su questo Alberto Moravia ha ragione.
Robert Capa, com’è noto uno dei più grandi fotografi del Novecento,
diceva spesso che «L’unica cosa a cui sono legato è la mia macchina
fotografica, poca cosa, ma mi basta per non essere completamente infelice.»
Qual è il tuo rapporto con la tua macchina fotografica? E cosa ne pensi delle
parole di Capa?
Sicuramente la
fotografia mi aiuta a esprimere e realizzare quelle che definisco “le mie
opere d’arti”, è un modo per fare vedere alla gente chi sono e quali sono i
miei pensieri attraverso l’arte visto che con le parole è al quanto difficile e
questo mi rende più comprensibile agli occhi della gente. Sicuramente Capa
compensava le sue insoddisfazioni di vita nella macchina fotografica.
«Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi
immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo
è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro. Per cui c’è questa
tendenza… non si capisce… si può capire il motivo perché probabilmente vogliono
un po’ sentirsi tutti artisti, pittori, non si sa perché… L’arte visiva è
vivente… l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno
neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o
sentiti, o ascoltati per esistere. Un’altra cosa nell’arte visiva
caratteristica è che non si rivolge in particolare a nessuno spettatore, non
c’è una gerarchia di spettatori, ma sono tutti alla stessa distanza dall’opera.
Non ci sono gli esperti. Un giudizio di un bambino vale quello di un cosiddetto
esperto, per l’artista. Non c’è nessun particolare… Anche perché non esistono
gli esperti d’arte. Gli unici esperti, veramente, sono gli artisti. Gli altri
percepiscono l’arte, ma non possono essere degli esperti altrimenti la farebbero,
la saprebbero fare.» (Gino de
Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Parole di Gino de Dominicis,
grandissimo genio artistico italiano del secolo scorso. Cosa ne pensi in
proposito? Qual è il tuo pensiero a proposito del valore delle arti visive e
dell’arte in particolare?
L’arte visiva è l’espressione di un linguaggio artistico in diverse forme
ove l’artista acquista una propria identità e valore, apprezzare non sempre
significa comprendere perché dipende dal nostro modo di percepire e di vedere
l’arte e questo sicuramente non ha età.
L’arte è
bellezza che viene espressa in diversi modi che può essere nel gesto, nel
guardare un paesaggio, nel realizzare un bel dolce, ecc... L’arte della fotografia
serve per lasciare un momento di vita che rimarrà nel tempo.
Quando parliamo di bellezza, siamo così sicuri
che quello che noi intendiamo per bellezza sia lo stesso, per esempio, per i Millennial,
per gli adolescenti nati nel Ventunesimo secolo? E se questi canoni non sono
uguali tra loro, quando parliamo di bellezza che salverà il mondo, a quale
bellezza ci riferiamo?
Noi viviamo in un mondo superficiale, malato, pieno di brutalità e
corruzione e non diamo il giusto valore all’arte e alla cultura in generale, se
puntassimo su tutti questi valori il mondo sarebbe migliore e anche il contesto
in cui viviamo.
Esiste oggi secondo te una disciplina che educa
alla bellezza? La cosiddetta estetica della cultura dell'antica Grecia e della
filosofia speculativa di fine Ottocento inizi Novecento?
Non credo che ci sia una materia che educhi alla bellezza ma la
ritroviamo nella storia dell’arte ove si parla della bellezza
nell’antica Grecia, in quel periodo l’arte oltre ad
avere dei precisi canoni classici da rispettare rappresentava anche una costante
nella vita dei cittadini, era strettamente collegata alla religione, alla
politica, all’etica e ad altri aspetti della vita quotidiana cosa che oggi non
esiste più.
Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista
tanto geniale quanto dissacratore, in una bella intervista del 1967 disse… «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli
uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1,
n. 17, 1967, pp. 15-18). Tu cosa ne pensi in proposito?
Sono pienamente d’accordo, non si può vivere
senza arte per vari motivi: 1) L’arte ci rende meno soli, questo perché spesso il mondo ci
chiede di indossare una maschera allegra, ma sotto la superficie c’è una
tristezza che non possiamo manifestare, per non sembrare strani o deboli. L’arte
combatte l’ottimismo forzato della società dei consumi. 2) L’arte ci dà equilibrio, in un certo
senso. Siamo troppo intellettuali o troppo emotivi, troppo mascolini o troppo
femminili, troppo calmi o troppo irrequieti. L’arte che amiamo spesso ci attrae
perché ci dà quello che ci manca, controbilancia quello che siamo. Quando siamo
commossi da un’opera d’arte forse è perché contiene dosi concentrate di qualità
di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
I
tuoi prossimi progetti? Cosa ti aspetta nel tuo futuro professionale che vuoi
raccontarci?
Il mio prossimo progetto è quello di esporre
all’interno di un museo e la pubblicazione di un mio libro, a giugno esporrò
all’interno di una galleria di New York dal 24 al 27 giugno.
Un
tuo bel sogno nel cassetto che ti senti di rivelare ai nostri lettori? Cosa ti
piacerebbe che accadesse quest’anno 2020?
Un
mio sogno nel cassetto è di poter esporre alla Whitney Museum of
American Art a New York e di organizzare dei master nel campo della
fotografia.
Carmela Rizzuti
Andrea Giostra
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/