Erica Muraca, regista trasformazionale: con i miei lavori trasformo il punto di vista di chi osserva. L'intervista

Erica Muraca ci racconta il corto “FammiVedere-Let me see” speciale al Fammi Vedere Festival organizzatodal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR). «In 60’’ ho cercato di esprimere tre sfumature dello stesso concetto che emerge con questa scritta alla fine del corto: “se una storia non si vede, non vuol dire che non esiste”». Intervista di Andrea Giostra.
Roberto Zaccaria, Presidente del CIR, ha dichiarato: «Il modo barbaro utilizzato per parlare di migranti e rifugiati sta modificando il mondo in cui viviamo. Ha portato a una restrizione di diritti, a un clima di crescente e strisciante razzismo nutrito dai discorsi di odio. Il CIR ha voluto intercettare la sensibilità di chi con uno sguardo altro riesce a raccontare storie, creare suggestioni e parlare di incontro. Per questo motivo è stato promosso un concorso che ha l’ambizione di guardare a questo tema con occhi e poetiche innovative, cercando di costruire possibilità di convivenza e integrazione».
La giura – composta da Laura Delli Colli (Presidente), Rachid Benhadj, Silvia Costa, Roberto Natale, Marida Lombardo Pijola, Monica Guerritore, Paolo Masini, Hermes Mangialardo, Mimma Nocelli, Tiziana Ferrario, Iacopo Policastro, Roberto Zaccaria, Mario Morcone – e il pubblico presente hanno decretato vincitore il cortometraggio Virtual Land realizzato da Giovanni Troia e Stefania Soellner. La menzione speciale è andata allo short movie di Erica Muraca dal titolo Fammi Vedere - Let me see.
Di questo interessante concorso e del premio ricevuto parleremo con la nostra ospite Erica Muraca.
Ciao Erica, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. 
Grazie a te Andrea, è un piacere. 
Intanto ti chiedo di presentarti brevemente ai nostri lettori che non dovessero conoscerti. Chi è Erica nel mondo italiano e internazionale della settima arte? 
Autrice e regista trasformazionale, con i miei lavori creo nuove percezioni della realtà, trasformo il punto di vista di chi osserva, apro a nuovi modi di pensare, nuovi modi di agire, nuovi modi in cui vivere con la presunzione di creare anche nuovi mondi in cui vivere. Racconto di storie vere, narro di come l’impossibile entra nel possibile, esprimo concetti multipli (a volte anche contradditori) ma sempre integrati tra loro. Porto le persone a riflettere a più livelli sulla vita, sui problemi quotidiani, sui grandi temi esistenziali e a trovare soluzioni contro intuitive, funzionali, trasformative. 
Erica, ci racconti come è nato “Fammi Vedere - Let me see”? Quale l’idea di base che ti ha portato a realizzare questo corto metraggio e quale il messaggio che vuoi arrivi allo spettatore? 
In 60’’ ho cercato di esprimere tre sfumature dello stesso concetto che emerge con questa scritta alla fine del corto: “se una storia non si vede, non vuol dire che non esiste”. Prima sfumatura: noi non viviamo in prima persona le storie di queste persone che arrivano sulle nostre coste che, disperate, cercano una nuova speranza. Non le viviamo, non le vediamo e quando ci vengono mostrate dai media i molti filtri non ci permettono di coglierne tutta la verità. Non per questa ragione, però, queste storie non esistono e non per questa ragione siamo legittimati a far finta che non esistano. Seconda sfumatura: la storia di cui narro non viene mostrata, sentiamo solo il suono di quello che accade nella vita di questo uomo: questa invisibilità delegittima la storia narrata? Non è invisibile anche il nostro di passato a chi ci incontra oggi stesso per la prima volta? Questa invisibilità del passato ci accumuna, eppure nessuno di noi oserebbe dire al proprio vicino di casa “io non ti credo”… perché dovremmo farlo con lo straniero? Terza sfumatura: in un’epoca in cui i social ci costringono a mostrare istantaneamente tutto quello che facciamo, in cui le storie su Facebook e Instagram danno dignità, valore, esistenza alla nostra quotidianità, queste storie no-social rischiano di essere dimenticate, seppellite (letteralmente seppellite) e non tutelate. 60’’ di denuncia e di riflessione sulla dicotomia visibilità/invisibilità in questa epoca.
Nell’introduzione di questo articolo abbiamo ricordato che il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) ha promosso anche quest’anno questa interessante iniziativa, la sesta edizione del concorso “Fammi vedere” per cortometraggi, che ha per tema il diritto d’asilo. L'evento conclusivo di premiazione si è tenuto a Roma mercoledì 5 dicembre 2019 presso il Museo d'Arte Contemporanea MACRO. Ci racconti qualcosa della tua menzione? E soprattutto, ci racconti del riconoscimento che hai ricevuto, di come è andata e di quali emozioni hai provato? 
La proiezione del mio short movie ha preceduto quella degli altri corti finalisti in gara e rompere per prima il ghiaccio introducendo il mio lavoro è stato un onore. Emozione sì, tanta ma sapevo che non avrei lasciato indifferente il pubblico con il mio corto perché consapevole di aver creato qualcosa che spiazza. Ti aspetti di vedere un girato, invece ascolti una narrazione su un fermo immagine. E alla fine scopri che anche in quel “vedere nulla”, in realtà, hai visto tutto. Fammi vedere–Let me see ha aperto le proiezioni dei cinque corti in gara e personalmente ho trovato tutti i lavori estremamente interessanti, utili, emozionanti. 
Chi ha collaborato alla produzione e alla realizzazione del tuo film? Vuoi raccontarci qualcosa del tuo gruppo di lavoro? 
Una grande mano iniziale me l’ha data una cara amica che lavora nella cooperazione internazionale. Non avendo mai avuto esperienza con richiedenti asilo in Italia, ho chiamato subito lei. Le sue prime parole mi hanno spiazzata. Mi ha detto: «sai Erica, noi da prassi dobbiamo fare loro delle domande per poter validare la loro richiesta d’asilo e tra queste la prima è “perché richiedi asilo?” e per noi che conosciamo benissimo le realtà da cui provengono la maggior parte dei rifugiati è una cosa a tratti imbarazzante ma la burocrazia prevede questo…» Ecco, queste prima battute mi hanno subito folgorata. Ho pensato al paradosso che si crea quando “tu sai, l’altro sa ma dovete far finta di non sapere” … solo che qui si parla di vita o di morte, di storie al limite, di tragedie umanitarie. Quindi un grande grazie va ad Amelie Tapella per questo confronto. Poi ho iniziato subito a creare, a scrivere, girare, montare ma non trovavo mai un concetto che fosse forte, d’impatto. Fino a quando sono tornata a quello che ho sentito durante la conversazione con Amelie: ho provato grande frustrazione. Mi sono immedesimata in queste persone che cercano in ogni modo di farsi validare burocraticamente la loro storia personale, intima, vera! Da questo senso di frustrazione è nato Fammi Vedere. È nato in poche ore, un pomeriggio. Ho scritto, ho montato, ho creato il sound. La grafica invece è di Flavio Ferrarese.
Dove e quando i nostri lettore potranno vedere il tuo film?
È pubblicato sul canale YouTube del CIR Onlus:
Questo i link per vedere il corto-metraggio Fammi Vedere–Let me see:
E agli eventi CIR che in questo momento si svolgono in Italia. 
Tu hai vinto premi cinematografici nazionali e internazionali. Vuoi raccontarci qualcosa in proposito? 
Ammetto di essere stata molto fortunata fino ad ora perché ho partecipato solo due volte a dei concorsi di cortometraggi ed entrambe le volte ho ricevuto premi e menzioni. Oltre alla menzione speciale al Fammi Vedere Festival con il mio corto Fammi Vedere–Let me see, qualche anno fa ho vinto il premio speciale della giuria al Festival Internazionale del Cinema Patologico diretto da Dario D’Ambrosi con il mio corto dal titolo Nessuno è perduto. Questo corto è stata la mia primissima creazione video: scritto, girato, montato da me. Ho curato anche il sound design. Un cortometraggio creato con un IPhone 4. All’epoca dirigevo solo opere teatrali. Mi sono lanciata nella regia video e poi non ho più smesso. È stato l’inizio del mio cammino verso il mondo del cinema. A questo primo corto devo davvero molto. Come il primo amore: indimenticabile. 
Come vuoi concludere questa breve chiacchierata? Come vuoi lasciare i nostri lettori?
Vorrei lasciarvi con una domanda: credete a quello che vedete o vedete quello che credete?
Quanto tempo passate nel vedere per credere e quanto nel credere per vedere?
Le risposte che vi darete riguarderanno voi, le vostre storie, le vostre vite e il vostro guardare al mondo, l’altro, lo straniero.
Per concludere ringrazio CIR, tutta la giuria e l’organizzatore del festival Francesco Di Giorgi per il riconoscimento speciale.

Erica Muraca

Grafica e Foto, Flavio Ferrarese

CIR
http://www.cir-onlus.org/

Nella foto dietro il tavolo dei relatori: Davide Tentori, presidente del Caffè Geopolitico; Francesco Di Giorgi, organizzatore del Fammi Vedere Festival; Erica Muraca, autrice e regista trasformazionale.

Andrea Giostra



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