Teatro, Fattitaliani intervista Stefano Patti regista di “Passando la notte sott’acqua” di Lorenzo De Liberato

Si è tenuta oggi pomeriggio presso il Nuovo Teatro San Paolo, l’ultima replica di “Passando la notte sott’acqua” di Lorenzo De Liberato. Con Giorgia Ferrara e Federica Valloni. Regia Stefano PattiCon il sostegno di Gruppo della Creta. Quanto possono essere claustrofobici i rapporti umani? Tra una madre e una figlia, tra due conviventi innamorate e tra una Prof e un’alunna.  Si discute o si rifiuta… Non c’è una via di mezzo! Poetico! L'intervista di Fattitaliani a Stefano Patti.
 

La radio e la voce di Billy la bestia, può essere confortante o suscitare altro?
L’autore Lorenzo De Liberato ha immaginato uno speaker radiofonico sui generis, Billy la bestia, un uomo relegato in un loculo abitativo che condivide immagini, preghiere, desideri. Non ha uno scopo ben preciso. Nel caso di Kay, che soffre d’insonnia, è qualcuno che le sta affianco, senza giudicarla, senza appesantire il suo stato già faticoso da sopportare. È una distrazione onirica. È talmente sconnesso ciò che Billy dice che può essere sia confortante che aprire vasi di Pandora, difficili da richiudere.
Perché una giovane donna insonne trova conforto in essa e non in una telefonata chilometrica con un'amica?

Billy la Bestia ti parla senza giudicare, è come se conoscesse già i lati più oscuri di ognuno di noi. Ci rassicura, ci dice che lui sa e che ha già sofferto tutto, in anticipo. Si mette al tuo livello e da lì ti accompagna in un viaggio fuori dal comune dove non esistono regole sociali che conosciamo ma una dimensione a noi ignota e che dobbiamo essere in grado di affrontare. L’insonnia stessa rompe gli schemi, Billy è l’unico che può jazzare sull’ignoto.

Troppe premure da parte di chi le sta intorno, aiutano o sfibrano?
Nel caso di Kay sfibrano perché l’insonnia impone regole di un gioco che chi non ne soffre non può capire. L’aiuto può solo essere efficace se affrontato in maniera invisibile. La madre, la compagna, gli amici inevitabilmente, nel tentativo di aiutare, non fanno altro che imporsi nei confronti di Kay generando distacco e violenza. 
Perché è così difficile confessare timori e debolezze?
Perché rischiamo di passare per deboli, inefficaci, incapaci e il mondo ci dice che non possiamo esserlo. Dobbiamo andare dritti come un carroarmato. Al primo cedimento, dovuto appunto ad una paura, non possiamo fermarci per comprendere cosa stia accadendo ma siamo chiamati a nascondere tutto sotto al tappeto nella speranza che ciò che abbiamo celato a noi stessi non ci attacchi un giorno. Kay, alla fine, risulta forse la persona più onesta, confusa certamente, ma orgogliosamente onesta.

Le paure, i timori, le debolezze se “abbracciate” possono diventare strumenti necessari per vivere. E respirare.

Elisabetta Ruffolo
Foto copertina: Paolo Palmieri
Fattitaliani

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