Teatro, Ariele Vincenti: importante raccontare storie di cui senti l'esigenza. L'intervista di Fattitaliani


Abnegazione fa rima con fascinazione ed è quest’ultima che si prova ad ogni spettacolo di Ariele Vincenti. Il motivo? Non racconta storie inventate ma racconta quelle di vita vissuta. Storie Bastarde insieme a Fabio Avaro, Marocchinate insieme a Simone Cristicchi e per ultimo “Ago: Capitano silenzioso”. La storia vera di Agostino Di Bartolomei che Ariele ha scritto, diretto e interpretato. In scena al Teatro Ghione fino al sei ottobre. 

C’era una volta… il calcio vero! Quello senza scommesse, fatto con pochi soldi, senza partite truccate, senza donne e senza gossip e soprattutto fatto con grande rispetto per gli avversari.
Il calcio giocato dai bambini negli oratori, nella piazza di qualsiasi periferia, con le porte sul muro tracciate con due gessetti. 
Ariele con la sua bravura è riuscito a fare goal a Teatro!
Chi era Agostino Di Bartolomei? 
Era un ragazzo semplice, taciturno, educato, timido ma nascondeva un fuoco dentro. Un carattere introverso ma con un grande carisma. Era un po’ un personaggio contraddittorio. Cresciuto in un quartiere un po’ ai margini (Tor Marancia) la sua dedizione al lavoro, con umiltà e abnegazione è riuscito a scalare il mondo del Calcio e diventare Capitano della sua squadra del cuore. 
E’ riuscito ad emergere, qual è stato il suo percorso? 
Da ragazzo giocava con l’OMI una delle squadre satellite della Roma, una squadra del calcio popolare che adesso non esiste più. C’era stato per due anni. Sono andato a fare delle ricerche nel quartiere per cercare delle notizie su Agostino quando era ragazzo. 
Poi ha iniziato a giocare nelle giovanili della Roma, un anno a Vicenza per farsi le ossa e poi è tornato alla Roma fino al 1984. Dopo Roma Liverpool, la famosa sconfitta della Roma, è stato venduto al Milan contro la sua volontà. E’ iniziato il distaccamento da Roma. Dopo è andato a Cesena e poi alla Salernitana dove ha chiuso la carriera in serie C.
Era portatore di grandi valori come la solidarietà. I valori esistono ancora nel mondo del Calcio o esiste solo il Dio denaro? 
Non è che adesso è tutto brutto e una volta era tutto bello. Sicuramente oggi sono cambiate molte cose. Le rivalità sportive ci sono sempre state. La storia di Agostino ha fatto da spartiacque tra un mondo e l’altro. Erano quelli gli anni che il calcio stava andando in un’altra direzione in cui conta di più un rapporto interpersonale piuttosto che una parola data. Spero che anche oggi ci sia qualcosa di buono nel mondo del calcio. Un mondo che non è molto diverso dagli altri. 
E’ anche vero che allora non c’era Internet e quindi le notizie non galoppavano molto velocemente e si potevano coprire facilmente. Un tempo ed un calcio che non esistono più. Il cambiamento è dovuto al progresso o è solo la nostalgia di voler rivivere quei tempi? 
È un processo inevitabile. 
Si sentiva quasi il Capitano di una nave… 
Usava un linguaggio molto forbito! Dietro ogni cosa che raccontava c’era un pensiero! Non era mai scontato, banale. Era un uomo d’altri tempi.
Aveva studiato? 
Certo! Si era iscritto anche all’Università ma per ragioni calcistiche non ha potuto continuare. Gli piaceva leggere, amava l’Arte.
Perché ha compiuto il gesto estremo? 
Quando ha finito di giocare, è stato abbandonato un po’ da tutti. Il Suo sogno era quello di continuare in altri ruoli sempre nella Roma che è stata la squadra per la quale ha dato la vita.
I giovani sono venuti a Teatro?  
Sì e vedere i padri con i figli è stato bellissimo. 
A te chi l’ha trasmessa la passione per il calcio?  
Da ragazzino giocavo a pallone per strada con tutti gli amici. Dove sono cresciuto eravamo tutti romanisti. 
Dal calcio come hobby alla Recitazione come mestiere della vita… 
Ho cominciato a fare recitazione presso una scuola che si chiamava Teatro Azione. Non frequentavo il Teatro ma mi sono innamorato di questo luogo meraviglioso e piano piano la passione si è trasformata in lavoro. 
Da sempre avevo in mente di raccontare una storia di calcio sulla Roma che ha fatto da tramite nella mia vita. E’ importante raccontare a Teatro delle storie di cui senti l’esigenza. 
La cosa bella di questo spettacolo è che viene un sacco di gente a cui non piace il calcio e rimane affascinato dallo spettacolo!

Elisabetta Ruffolo

Fattitaliani

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