Pino Ammendola, poliedrico artista: il raccontare ci salva la vita. L'intervista di Fattitaliani


Oggi abbiamo con noi Pino Ammendola, attore di cinema e teatro, regista, scrittore e doppiatore, vero napoletano dalla fantasia e duttilità incomparabile a cui si associa una forte umanità e senso del vivere civile.

È da poco tempo tornato dalla sua Campania dove ha ricevuto il “Premio Internazionale cultura, arte, spettacolo ed ambiente città di Palinuro”, evento promosso dalla Academy of Art and Image” di Paola Zanoni insieme al programma regionale “Ambienti Mediterranei” e all’Associazione “Artisti Cilentani” per premiare “personaggi ed eccellenze di chiara fama che si sono distinte in Italia e nel mondo”. L’evento, giunto alla sua settima edizione ha come scopo anche quello di rafforzare l’immagine culturale e turistica del territorio cilentano e proprio in questa ottica è stata di particolare rilievo la presenza anche di autorità istituzionali come il Sindaco di Centola Carmelo Stanziola insieme al suo Assessore al turismo Angela Ceccarini e ad altri rappresentanti della amministrazione comunale che tanto si stanno adoperando per la rivalutazione del territorio.
Negli anni passati questo Premio ha avuto ospiti illustri quali Amii Stewart, Lando Buzzanca, Nadia Bengala, Federico Moccia e tanti altri a cui si aggiunge, quest’anno, Pino Ammendola con cui abbiamo il piacere di avere questo incontro tra l’uno e l’altro dei suoi molteplici incontri.
Caro Pino, la prima domanda che viene spontanea è: cosa ha rappresentato per te questo premio e che sensazioni ti ha dato?
Debbo dire di sentirmi molto onorato per aver ricevuto questo premio non solo perché mi ha riportato agli anni della mia gioventù quando frequentavo questi luoghi, ma anche perché è stata una serata in cui “il sociale” ha costituito la caratteristica più importante per le personalità intervenute e premiate, tutte distintesi, nei rispettivi campi di competenza, per essersi poste al servizio delle comunità sia in Italia che all’estero; mi sono sentito, perciò, privilegiato nell’essere anche io tra queste persone in quanto, evidentemente, anche le mie attività hanno avuto un impatto positivo su chi mi ha visto ed ascoltato.
A questo proposito tra queste tue molteplici attività nel cinema, nel teatro, nella letteratura quale è la tua preferita?
Il mio mestiere è raccontare, perché è proprio il raccontare che ci salva la vita, così come Sheherazade salvò la propria raccontando tutta la notte storie ai suoi aguzzini fino a che rinunciarono ad ucciderla. Ma è il teatro che sento come il mio vero lavoro perché ha la magia dell’effimero: c’è una sera ma quella successiva è sempre diversa, a differenza del cinema in cui il tempo viene fissato regalandoci, magari, una illusoria eternità. E poi è nel teatro che ho avuto grandi maestri e colleghi come Tino Buazzelli, Salvo Randone e Gabriele Lavia, tanto per citarne solo alcuni e non dimentichiamo che ho lavorato una volta con Eduardo De Filippo in “Gli esami non finiscono mai” e con Massimo Ranieri in “Filomena Marturano”! Ma anche il cinema mi ha dato tante soddisfazioni, sia come attore che come regista a cominciare dalla mia prima apparizione nel lontano 1963 in “Operazione San Gennaro” di Dino Risi fino a “Stregati dalla luna” di cui ho curato anche la regia.
E come vedi ora il tuo lavoro di doppiatore di tanti attori famosi, da Jerry Lewis a David Carradine ad Antonio Banderas e Roman Polansky, per non parlare dei film d’animazione come “ I Simpson” e Gatto Silvestro?
Ho iniziato doppiando il “Decamerone” di Pier Paolo Pasolini, ma anche in questo campo i tempi sono cambiati; ora c’è sempre la fretta di finire i film talvolta a scapito anche del doppiaggio, fretta che non consente più al doppiatore di immedesimarsi completamente nel personaggio a cui presta la voce. A ciò si aggiunga che oggi ci sono tanti neofiti che si avvicinano a questo mestiere magari con buona tecnica ma con capacità interpretative più fredde proprio perché di scuola e non vissute; c’è in definitiva una perdita di umanità.
Noi ti conosciamo anche come autore di testi teatrali e di libri: cosa puoi dirci in proposito?
Mi capitava spesso di assistere a lavori teatrali che avrebbero dovuto far ridere il pubblico, ma ciò non avveniva sempre e allora ho deciso di provare a scrivere io stesso cose che piacessero a me per primo e, di conseguenza, anche al pubblico.  Cosi ho scritto molte commedie che hanno avuto un buon successo di critica e di pubblico, ma sono dedicato alla scrittura anche in una chiave più privata è il caso, ad esempio, di “Scarpe diem - storie di scarpe straordinarie” un libro con la prefazione di Renzo Arbore. Che è stato molto apprezzato dal pubblico.
Per il cinema ho realizzato un film dal titolo “A.N.I.M.A.”, acronimo di una malattia immaginaria: Atassia Neuro Ipofisaria Monolaterale Acuta, che racconta la storia di un politico entrato in coma che si risveglia in una sorta di inferno dove è condannato a vedere continuamente le conseguenze, a volte devastanti, che hanno causato le sue azioni su tante persone, magari senza che lui se ne rendesse conto; questo lavoro sarà in sala dal 6 novembre prossimo al cinema Delle Provincie, mentre a giorni (il 12 ottobre) sarà presentato all’Auditorium Parco della Musica un mio lavoro sulla vita di Mercedes Sosa, famosa cantante argentina che è stata simbolo della sua terra e dei diritti civili contro la dittatura.
E riguardo progetti futuri?
Ora abbiamo in fase di preparazione un lavoro con Maria Rosaria Omaggio e Maria Letizia Gorga sulla vita e gli scontri artistici tra Joan Crawford e Bette Davis mentre giravano insieme il film “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Speriamo di terminarlo nei primi mesi del prossimo anno e speriamo, naturalmente, che sia di gradimento per il pubblico che ci verrà a vedere.
Un altro lavoro che  ho appena terminato con Michele Placido ed Ugo Pagliai è “Lectura Ovidii”, una docufiction sul grande poeta latino prodotto in collaborazione con la Regione Abruzzo  per celebrare i 2000 anni dalla morte del poeta di Sulmona.
Per finire, cosa ci dici del Pino Ammendola uomo?
Ho ricevuto una educazione molto rigida ma che, nello stesso tempo, mi ha permesso di spaziare alimentando la mia curiosità innata per le novità. Sono un grande appassionato dei viaggi e del mare e penso di aver girato quasi tutto il mondo memore di quel proverbio svedese che dice: ”Il mondo è un libro; se rimani nel tuo Paese ne hai visto solo la copertina”.
Riccardo Bramante

Fattitaliani

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