L’AQUILA
- Nel quadro dei festeggiamenti dell’Assunta, tre giorni dopo l’immancabile
gita all’Acqua di San Franco, il 16 agosto 2019 si è svolta ad Assergi, come è tradizione da qualche
anno a questa parte, un’escursione con meta la grotta di San Franco, il
luogo dove, secondo la tradizione, il santo eremita del Gran Sasso trascorse i suoi ultimi quindici anni di vita e dove
morì, la notte tra il 4 e il 5 giugno di un anno imprecisato tra il 1220 e il
1230. Si racconta che quella notte gli abitanti di Assergi furono svegliati
dalle campane della chiesa, che suonarono a distesa, ad annunciare più una
festa che una morte, mentre dalla grotta rifulgeva un grande straordinario
chiarore. Non lontana dal tragitto c’è un’altra grotta legata alla memoria del
santo, più piccola, e accessibile solo con l’aiuto di una corda assicurata ad
un gancio fissato nella roccia: quella dei “Peschioli” , località non lontana
dalla stazione intermedia della funivia che porta a Campo Imperatore.
Quest’anno
la piccola comitiva, composta di assergesi sia residenti e non, si è arricchita
della graditissima presenza di Nino Scipioni, nativo della vicina
Camarda, noto e prestigioso imprenditore del capoluogo abruzzese ed
infaticabile camminatore. Il gruppo, diretto dall’assergese Leandro Giannangeli,
guida esperta e simpatica, ha preso le mosse dal piazzale della stazione della
funivia del Gran Sasso. Il percorso, lungo ed impervio, ha messo a dura prova i
polpacci, ma la fatica non ha spento il clima festoso dell’ascensione. Una
breve sosta a metà cammino per un piccolo panino e un sorso d’acqua, e su…su
fino all’affascinante spelonca, lunga e stretta, poco distante dai rilievi
rocciosi di Pizzo Cefalone. La fatica
è stata ripagata, lungo tutto il tragitto, da una vista mozzafiato. Poco sotto,
un piccolo mare di verde, quello del bosco di “Macchia grande”; più in basso,
dove la campagna si confonde con la valle, il borgo di Assergi, con le sue case
in pendìo e le sue antiche mura di cinta da poco restaurate: uno spettacolo che
lo sguardo accarezza a lungo, insieme al verde della ridente valle del Raiale,
che da lassù appare ancor più dolce e piena di magìa. Viene da pensare che
questi uomini di Dio erano anche dei grandi esteti.
Franco,
nativo di Roio, monaco benedettino fin da giovane nel convento di Collimento di Lucoli, sentendo nel suo
cuore una chiamata più radicale, assetato di solitudine, e rivestito del solo
nudo Vangelo, non aveva esitato a prendere congedo dai suoi confratelli, e
aveva girovagato a lungo nelle montagne circostanti prima di stabilirsi negli
orridi e irraggiungibili anfratti del Gran
Sasso. La mente stenta a credere, alle sole viste umane, come l’anacoreta
abbia potuto vivere da solo in questa grotta angusta e umida, considerati i
rigidi inverni delle nostre montagne. Forse un altro prodigio, in aggiunta ai
tanti attribuiti al santo in vita e dopo la morte. E’ lecito ipotizzare,
comunque, che l’eremita, di tanto in tanto, scendesse per ascoltare la messa, e
accettasse volentieri, al ritorno, di dare consigli a chi gliene chiedesse: ai
pastori, che volentieri avranno ricambiato con del buon pecorino o con un pezzo
di carne appena arrostita; e ai suoi confratelli del convento di Assergi, che forse
gli davano ricetto nei periodi invernali più rigidi.
Del
resto, era destino dei solitari dello spirito – sarà così anche per Pietro
Celestino – che più si ritraessero dalla vita associata e più la gente
li cercasse. San Franco, come
l’eremita del Morrone portatore sano di una lucida follia che quasi gli
invidiamo, ha molto da dire a noi uomini moderni “equilibrati” ed insani, che
spesso ci scopriamo soli e sperduti anche nelle piazze più affollate. In questi
luoghi di silenzio, lontano dal fragore della quotidianità, l’anima è più
disposta a cantare. Per pochi minuti ci siamo raccolti per recitare una
preghiera molto bella (di seguito trascritta), riprodotta ed incorniciata in un
rudimentale quadretto consunto dai venti e dalle piogge: parole inusitate, di
un’altra grammatica, di un altro mondo. Poco dopo è iniziata la discesa, che ha
richiesto pari impegno della salita, con la guida alpina a sorvegliare i passi
di ciascuno, come fa un buon cane pastore abruzzese con le pecore che gli sono
state affidate.
PREGHIERA A SAN FRANCO
O San Franco d’Assergi,
eroico eremita del Gran Sasso!
Tu lasciasti tutto nel modo,
per ritrovare tutto in Dio.
Ti allontanasti dagli uomini
per avvicinarti al Signore.
Rinunciasti alla terra
per acquistare il Cielo.
Sulle cime dei monti,
immensi altari della natura,
offristi al Creatore l’omaggio
della tua vita innocente
e penitente: pura come il cielo,
vergine come l’acqua che sgorgò,
per tua preghiera, dalla roccia;
dura come i denti del lupo
che ammansisti,
difficile come i dirupi impervi
che praticasti.
Oh, la bellezza della tua
vita solitaria, nascosta
con Cristo, in Dio.
O caro Santo, noi siamo ancora
troppo legati alla terra:
Ottienici dal Signore
il distacco dalle cose,
e avviaci per il sentiero
delle vette dello spirito:
Fa’ che non abbiamo paura
di salire.
Salire di virtù in virtù.
Dacci coraggio: tu fosti scalatore!
Tu sei una guida! Facci trovare
le fresche sorgenti della Grazia,
che sono i Sacramenti:
con Cristo nell’anima
raggiungeremo la meta del Cielo.
Verremo con te: vedremo il Signore:
godremo per sempre. Amen.