di Andrea Giostra.
Ciao Elena, benvenuta e grazie
per la tua disponibilità. Sei scrittrice e Book Blogger, fondatore e gestore di
“Perché ne sono innamorata”. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?
“Perché ne
sono innamorata” prende il
nome dal primo vero romanzo che ho scritto. È una pagina che ho gestito per un
po’, dove scrivevo articoli in libertà e senza scadenze temporali: giusto
quando volevo mettere in ordine i miei pensieri. Solo successivamente ho
iniziato a recensire i libri e, dall’associazione con altri autori, in primis
con Stefania Bergo, è nato “Gli Scrittori della Porta
Accanto”, un sito culturale e letterario che al momento
vanta addirittura trenta collaboratori.
Chi è Elena sui social e nel
mondo virtuale dei lettori e degli appassionati dell’arte della scrittura e
della lettura?
Elena è innanzitutto sé stessa.
Il che non vuol dire che usa il mondo virtuale per raccontare tutto di sé. Ma
quello che si vede e che si legge è autentico.
Hai scritto diversi romanzi: “Perché
ne sono innamorata”, edito da Montag, uscito nell’aprile 2013; nel 2014 “L’occasione
di una vita”, ebook pubblicato con “Lettere Animate”; poi con 0111
Edizioni, “Un errore di gioventù” e “Gli Angeli del Bar di Fronte”
nel 2014 e “Il tesoro dentro” nel 2016. Ci parli di questi romanzi? Di
cosa narrano e come sono nati questi progetti editoriali?
Al momento ho in attivo nove
pubblicazioni e altri romanzi nel cassetto. Perché ne sono innamorata,
seguito da L’occasione di una vita, Immagina di Aver
sognato, Diventa realtà e L’occasione di una vita
e Un errore di gioventù fanno parte di una saga insieme ad altri
volumi inediti. Si tratta di romanzi corali, con molti protagonisti, alle prese
con problemi attuali e sentimento, tra commedia e dramma. Gli altri romanzi
invece sono autoconclusivi. Gli Angeli del Bar di Fronte racconta
l’immigrazione a Torino, la comunità rumena e la comunità italiana attraverso
le voci alternate di due giovani protagoniste. Il tesoro dentro
racconta il superamento del lutto e la malattia mentale. Quest’anno invece è
uscito Claire nella tempesta, una storia sentimentale, una
vicenda privata che si svolge a cavallo dell’attentato di Nizza. Claire si
trova nel mezzo di una tempesta, che è metaforica, ma è anche reale: una
tempesta di proiettili.
Come nasce Elena scrittrice?
Qual è stato il tuo percorso letterario/artistico?
Elena
scrittrice nasce in seconda media, scrive storie su dei taccuini e riceve
recensioni scritte (Amazon ante litteram) dai compagni di scuola. Elena è
andata avanti coi taccuini fino alla metà del liceo, poi ha smesso per qualche
anno, ha intrapreso la facoltà di ingegneria e ha iniziato una professione
tecnica. Ha sempre scritto volentieri: email di lavoro, email agli amici,
pagine diaristiche, ma non più fiction. Finché all’età di trentasei anni, in un
momento di calma, ha scritto il suo primo vero romanzo. Da quel momento non si
è ancora fermata e ha sempre cercato di migliorare la propria tecnica.
Vuoi per favore descrivere ai
nostri lettori questa nuova figura del cosiddetto Book Blogger? Una sorta di
Influencer del mondo letterario. Chi è, cosa fa e come si diventa Book Blogger?
A
venticinque anni, conclusa la facoltà di ingegneria e cominciato il lavoro in
uno studio tecnico, dove essenzialmente calcolavo cementi armati, capii che il
mio cervello, abituato a processare libri su libri scolastici, si stava sedendo
e andava stimolato in qualche modo. Iniziai a leggere una quantità di romanzi
come mai avevo fatto prima. Non ero stata una lettrice sempre assidua; lo
studio mi assorbiva molto. La mia media di libri letti all’anno si alzò notevolmente
e si mantenne sui quarantacinque circa, e facendo un conto grossolano posso
dire che negli ultimi diciannove anni ho letto almeno ottocentocinquanta libri.
Diciamo che un po’ di occhio me lo sono fatto e a un certo punto ho deciso di
condividere le mie impressioni anche con gli altri.
Quali sono secondo te le
caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per
essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?
Ti rispondo come aspirante
scrittrice: un autore deve saper scrivere bene una storia interessante. Lo
stile può sempre migliorare, i laboratori di scrittura possono servire molto,
se ben fatti. Anche la fantasia si può stimolare. Ma se non ci sono
introspezione e messaggi intelligenti, tutto lo sforzo serve a poco. Ti
rispondo anche come Book Blogger: recensisco molto più volentieri i romanzi che
in qualche modo si agganciano alla mia realtà, che hanno un contenuto. Le mie
recensioni sono articoli che hanno come spunto il libro. Non sono una Book
Blogger che dà stelline allo stile o alla grammatica.
Perché secondo te oggi è
importante scrivere, raccontare con la scrittura?
È
importante che chi ha qualcosa da dire lo scriva, affinché qualcuno legga. È
essenziale togliere le masse dai bombardamenti mediatici come la televisione
spazzatura, che operano un lavaggio del cervello estremo e un appiattimento
della capacità di comprensione. Solo la lettura allarga la mente, ti permette
di vivere mille vite e stimola l’empatia.
Quali sono
gli autori che ami di più, che hai letto da ragazza, che ti hanno formato e che
leggi ancora oggi?
Ho amato follemente Michael
Ende con Momo e con La storia infinita. L’ho letto
a dieci anni e l’ho amato talmente tanto, con la sua capacità di parlare a
tutti, grandi e piccini, e di usare metafore con molte chiavi di lettura, che
nessun fantasy in seguito mi è sembrato all’altezza e ho smesso di seguire quel
genere.
Vuoi segnalare
ai nostri lettori qualcuno degli autori contemporanei che vale la pena di
leggere e perché?
Perissinotto,
Simi, Carofiglio: autori che usano il giallo per dire ben altro.
La Mazzucco, intensa. La Mazzantini, epica, a suo modo.
Chi sono secondo
te tre autori ancora sconosciuti al grande pubblico di cui sentiremo parlare
nei prossimi anni?
Ho appena letto e recensito il
libro d’esordio di Aurora Frola: I ricordi non si lavano,
che narra un percorso di riabilitazione in clinica psichiatrica. Sono rimasta
incantata dalla abilità narrativa di questa autrice, dalla sua capacità di
introspezione, ma anche dalla sua resa tecnica, che per un primo libro è
davvero notevole.
In Italia si pubblicano ogni
anno circa 70 mila nuovi titoli, la media ponderata di vendita di ogni nuovo
titolo è di circa 50 copie, mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria
acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copia vendute solo
5 copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei
distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa
impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge
pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione?
Cosa dovrebbero fare gli editori, gli autori e le nuove figure quali quelle dei
Book Blogger come te per far aumentare il numero dei lettori e degli
appassionati ai racconti e alle storie da leggere?
Domanda da un milione di
dollari. Forse si inizierà a leggere quando diventerà un obbligo legislativo,
quando permetterà di risparmiare qualche tassa, di ottenere in cambio dei
benefit. E anche allora ci sarà qualcuno che vorrà frodare il fisco. In
generale credo che sia un discorso educativo, come il senso civico. Quando si
riuscirà a far capire alla gente che la lettura, oltre che evasione, è come una
medicina contro l’ignoranza, e che va presa quotidianamente come la pastiglia
per la pressione, forse si otterrà qualcosa.
Charles Bukowski,
grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto
dissacratore, a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori
solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e …
emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba
tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva
che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da
qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo
hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J.
Robson and Josette Bryson, Looking for
the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California
Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa
pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano
davvero per imparare a scrivere?
Premetto che non amo Bukowski
e che Il maestro e Margherita è uno dei pochi libri che non sono
mai riuscita a terminare. I corsi di scrittura se fatti bene servono parecchio.
Se negli anni ho imparato qualcosa è stato perché qualcuno, magna cum
patientia, mi ha fatto notare, in modo pratico, su un mio testo, cosa
sbagliavo: narravo troppo, ero didascalica, non mostravo abbastanza, il punto
di vista oscillava, i dialoghi a nastro erano dispersivi. Era tutto vero. Certo
è anche che ci sono un mare di ciarlatani, che non basta un manuale di scrittura
creativa a pochi euro sul Kindle per imparare a scrivere. Non basta capire
l’uso delle D eufoniche e mettere giuste le virgolette. Ci vuole il confronto,
ci vogliono più occhi che notino le magagne del testo e ci vuole anche l’umiltà
dell’autore per recepire i suggerimenti, che vanno chiesti prima di arrivare
alla pubblicazione. C’è sempre da imparare, anche se poi non si diventa scrittori
di successo.
«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia,
di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non
funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un
romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è
quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free
Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”,
October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Cosa pensi di queste parole
di Bukowski a proposito dell’arte dello scrivere? Cose serve secondo te perché
uno scritto, un romanzo, un racconto abbia effetto sul lettore e lo appassioni?
Dipende molto da che cosa cerca
il lettore. C’è chi vuole l’emozione di un’espressione intensa, c’è chi cerca
evasione, chi adora le storie mozzafiato, che vuole imparare cose che ancora
non conosce. La lettura è l’incontro tra chi scrive e chi legge. Ci si deve
piacere in due.
La maggior parte
degli autori ha un grande sogno, quello che il suo romanzo diventi un film
diretto da un grande regista. A questo proposito, Stanley Kubrik, che era un
appassionato di romanzi e di storie dalle quali poter trarre un suo film,
leggeva in modo quasi predatorio centinaia di libri e perché un racconto lo
colpisse diceva: «Le sensazioni date dalla storia la prima volta che
la si legge sono il parametro fondamentale in assoluto. (…) Quella impressione
è la cosa più preziosa che hai, non puoi più riaverla: è il parametro per
qualsiasi giudizio esprimi mentre vai più a fondo nel lavoro, perché quando
realizzi un film si tratta di entrare nei particolari sempre più
minuziosamente, arrivando infine a emozionarsi per dettagli come il suono di un
passo nella colona sonora mentre fai il mix.» (tratto da “La
guerra del Vietnam di Kubrick”, di Francis Clines, pubblicato sul New York
Times, 21 giugno 1987). Cose ne pensi di quello che dice Kubrick? Pensi che le
tue storie sappiano innescare nel lettore quelle sensazioni di cui parla il
grande regista newyorkese? E se sì, quali sono secondo te?
Se qualche regista volesse
ricavare un film da un mio romanzo avrei paura. Di solito i film non sono mai
all’altezza dei libri e i registi rielaborano le storie a modo loro, a volte
cambiando molto, a volte reinventando addirittura il finale. Non sono certa che
mi piacerebbe che un mio romanzo diventasse l’opera di qualcun altro, con il
suo sentire e le sue emozioni. Il grande pubblico ricorderebbe più il film che
il mio libro. Utopia per utopia, preferirei di gran lunga che le mie storie
fossero conosciuti in quanto libri. Detto ciò, nei miei romanzi curo moltissimo
i dettagli e negli anni ho reso la mia narrazione sempre più descrittiva,
visiva, immediata, affinché il lettore possa entrarci dentro e sentirsi parte
della scena.
A cosa stai lavorando adesso?
Sto editando romanzi già scritti
che vorrei far uscire nei prossimi anni. Ma sono sempre pronta a cogliere nuove
ispirazioni e a svilupparle.
Quali sono i tuoi prossimi
progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? Dove potranno seguirti i nostri
lettori?
Di
recente sono stata ospite alla rassegna romana per autori #6senzabarcode di Sheyla Bobba, con la partecipazione della psicologa Alessandra
D’Alessio per il libro Claire
nella tempesta.
L’evento
è stato registrato ed è disponibile su liberi.tv - http://www.liberi.tv/webtv/2019/07/11/video/claire-nella-tempesta-elena-genero-santoro-ed-leucotea - Tutte le mie
novità di eventi e di scrittura si trovano su Gli
Scrittori della Porta Accanto e sulla mia
pagina Facebook Gli Angeli, il Tesoro e altri Sogni.
Una
domanda difficile Elena: perché i lettori di questa intervista dovrebbe
comprare e leggere i tuoi libri? Cosa diresti loro per convincerli a comprare e
a leggere i tuoi romanzi? E quale dei tuoi per iniziare?
Dicono
che so affrontare con estrema delicatezza temi importanti e raccontare bene i
sentimenti dei miei protagonisti. Dicono che caratterizzo adeguatamente i
personaggi, tanto che potrebbero essere i vicini di casa, quelli in cui ci si
può identificare. Possono leggermi volentieri coloro che cercano narrativa
contemporanea e attuale, storie d’amore non melense, principi azzurri difettosi
e trame con un po’ di suspense. A tutti consiglio di iniziare con Gli Angeli del Bar di Fronte, il libro che mi ha dato maggiori riscontri, quasi tutti positivi.
Un’ultima domanda Elena.
Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media superiore a tenere una
conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in generale, alla quale
partecipano tutti gli alunni di quella scuola. Lo scopo è quello di interessare
e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa
diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E
quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai ragazzi di
oggi sulla lettura e sulla scrittura
Per la lettura vorrei che i
ragazzi non smettessero di cercare il genere che più sentono vicino al loro.
Prima o poi qualcosa salterà fuori, fosse anche il fumetto, per iniziare. Temo invece
che la pulsione verso la scrittura sia innata: c’è chi sente la necessità di
scrivere già da ragazzino e chi non la proverà mai. A chi è interessato direi
che la cosa più importante è porsi le domande giuste e tentare di darsi delle
risposte coerenti. Che è essenziale lo spirito di osservazione. E che per
imparare a scrivere bisogna allenarsi a scrivere un sacco.
Elena
Genero Santoro
Andrea
Giostra
https://andreagiostrafilm.blogspot.it
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/