di Caterina Guttadauro La Brasca. Francesco Benenato o Franco Franchi, come è da tutti conosciuto, nacque a Palermo, quarto di 18 figli, da un famiglia poverissima. Prima di diventare il grande attore che conosciamo e amiamo, patì la fame, si prestò a fare i mestieri più umili ma che avevano sempre come palcoscenico la strada. I suoi genitori emigrarono e lui non lasciò la sua Sicilia ma ne fece il suo teatro. Animava i vicoli caratteristici della sua città con le sue gag, i suoi quadri da marciapiedi che ne fecero il primo disegnatore di strada, le sue canzoni, il tutto condito da un’ironia velata anche di doppi sensi e una vena di nostalgia.
Percorse da solo la strada degli inizi, quella più difficile ed incerta, non cedette né alla paura né alla mancanza di cultura che, nel suo caso oserei definire fu un valore perché gli permise di servirsi della semplicità, del dialetto, dei modi di dire e di fare dei siciliani che hanno capito tutto questo e lo hanno amato. Come sempre accade, sono gli incontri che cambiano la vita. Il suo fu quello con Salvatore Polara, un musicista napoletano che
nel 1945 lo inserì nel suo gruppo, gli Striscianti, dove ricevette uno
stipendio di 6 lire a settimana.
Continuò a raccontare la Sicilia ovunque gli era possibile, costruendo un
personaggio poliedrico che poi gli consentì di acquisire l’esperienza che mise
a frutto con Francesco Ingrassia, detto Ciccio,
attore in una compagnia teatrale, col quale
iniziò una lunga collaborazione che avrebbe dato vita a una coppia
destinata al grande successo, realizzando insieme 132 film.
Nell’ambito
personale, da sicilano verace creò la sua famiglia, sposando
Irene Gallina dalla quale ebbe due figli, Maria
Letizia, il 31 luglio 1961, e Massimo, il 10 maggio 1965.
Fattitaliani
incontra oggi proprio Massimo che ci parlerà di Lui ma anche della famiglia che
gli diede forza e sostegno nei momenti di difficoltà. Massimo Benenato, nasce a
Palermo e dopo aver preso il diploma di ragioneria, dal 1978 al 1988 studia
chitarra classica con il maestro Vincenzo Mancuso e pittura e scultura con la
professoressa Silvana Pierangelini Recchioni. Gestisce diverse attività
commerciali, tra cui una libreria di quartiere, esperienza terminata a
malincuore nel 2015. Appassionato da sempre di scrittura nel 2009 esordisce con
il suo primo libro, un fantasy per ragazzi
dal titolo “Geremia Fiore e il libro di Oberon” edito Direkta. Il 23 marzo 2019
pubblica “Sotto le stelle di Roma”, romanzo di genere
brillante che strizza l’occhio alle commedie cinematografiche americane.
Eccoci qui Massimo a parlare di un siciliano sul quale
sono state dette tantissime cose, perché la sua lunga carriera gli permise di
cimentarsi in tutti i campi dello spettacolo. Noi vogliamo scoprire qualche
aspetto meno noto di lui, ad es. quello di padre. Innanzitutto che ricordo ne
ha Lei?
Papà,
prima di essere stato un artista straordinario è stato un essere speciale:
bastava la sua presenza a rendere l’atmosfera rilassata e allegra, ovunque ci
trovassimo. Era estremamente generoso, non sopportava le ingiustizie e
interveniva sempre in aiuto delle persone in difficoltà. Aveva avuto
un’infanzia difficile, sofferto la fame, condizione che, nonostante il
successo, lo ha portato a rimanere sempre se stesso, senza mai montarsi la
testa. Stava bene in qualunque contesto si trovasse, trattando tutti con il
massimo rispetto. Con lui ho un dialogo che non si è mai interrotto: ogni
giorno gli parlo sapendo che mi ascolta. Io credo che chi ci lascia non vada
molto lontano, che a dividerci sia un semplice velo che, anche se mi impedisce
di godere del contatto corporeo, non mi ostacola dal sentirlo comunque
presente.
Essere il figlio di Franco Franchi è una difficile
eredità? Se lo è, in che senso?
Essere il figlio di un personaggio
così celebre ha i suoi lati positivi e quelli negativi. Le persone tendono a
identificarlo con me, ad azzardare paragoni caratteriali che possono creare
aspettative sbagliate. Per quanto abbia ereditato molte delle sue qualità,
siamo due persone diverse ed, a volte, è difficile farlo capire agli altri.
Purtroppo non ho la sua verve comica ed esprimo la mia personalità in maniera
meno espansiva, preferendo la scrittura per farmi conoscere. D’altro canto, è
bellissimo sentire il calore che la gente conserva nei suoi confronti,
usufruire di un credito così grande soltanto perché sono suo figlio. In questo
periodo vado in giro per l’Italia per promuovere il mio nuovo romanzo “Sotto le
stelle di Roma”, una storia brillante piena di intrighi amorosi e colpi di
scena. La cosa che mi gratifica di più è vedere l’entusiasmo delle persone al
mio arrivo, gli abbracci e le strette di mano che mi riservano nonostante non
mi conoscano. Per me il suo nome è un biglietto da visita importante, un
sostegno fondamentale che cerco di onorare nel migliore dei modi.
Cosa ritrova in sé di Lui?
Papà mi ha trasmesso la sua grande
creatività e la passione per ogni forma d’arte. A lui piaceva suonare tanti
strumenti, dipingere, cantare, scrivere… tutte attività che svolgo
quotidianamente anche io. Mi ha insegnato a rispettare il prossimo e
l’ambiente, a non avere stupidi pregiudizi, a pensare con la mia testa, a
mettere al primo posto l’amore in tutto quello che dico o faccio. Con il suo
coraggio e l’ironia mi ha indicato gli strumenti migliori per affrontare questa
vita senza timore.
S è mai chiesto perchè ancora oggi, è così amato da
tutti. Lo abbiamo constatato da un recente spettacolo teatrale portato in scena
e diretto dal Regista Felice Corticcchia.
Papà è ancora così amato da tutti
perché è riuscito con la sua innata simpatia e la bravura di artista, a
rallegrare le giornate degli italiani per tanti anni, esprimendo una comicità
diretta, facilmente comprensibile e mai volgare. La sua straordinaria mimica,
la grande comunicabilità e la semplicità del personaggio, hanno fatto breccia
nel cuore degli spettatori, sia grandi che piccoli, tanto da farlo arrivare ad
essere considerato uno di famiglia. Naturalmente lo stesso vale per Ciccio,
compagno di viaggio con il quale ha formato una coppia unica, capace di
realizzare tantissimi film. Non c’è da meravigliarsi se registi bravi come
Felice Corticchia portano attualmente in scena spettacoli dedicati a loro.
Lei ha raccolto qualcosa della sua vita artistica e
familiare che permetta anche ai suoi figli di poterne parlare?
Di Papà abbiamo conservato alcuni dei
suoi scritti, i dischi, i dvd di buona parte dei film, i suoi dipinti,
fotografie, filmati privati, vestiario di scena e tanti oggetti personali. Di
recente il comune di Palermo ha destinato palazzo Tarallo, nel famoso quartiere
di Ballarò, a sede per l’apertura di un museo dedicato alla
coppia. Noi delle famiglie forniremo tutto il materiale necessario
all’allestimento, in modo da poterli far conoscere alle nuove generazioni,
cercando di rendere la mostra interattiva e multimediale. Come vede, sicuramente
ci sarà modo per parlare ancora di loro in avvenire.
Succede a tutti di contestare i genitori, in che cosa
non vi trovavate d’accordo?
Difficilmente ci trovavamo in
disaccordo, papà era per il dialogo e quando c’era qualche problema da
risolvere, ne parlavamo insieme. Era abbastanza permissivo e ci concedeva una
certa fiducia, anche per responsabilizzarci. Certo, se combinavamo qualche
guaio, diventava severo e ci metteva in riga senza discutere più di tanto.
Fortunatamente, sia io che mia sorella Letizia, ci comportavamo seguendo le
regole e quindi di vere e proprie contestazioni non ce ne sono state.
Un cenno ad un figura che non si è mai esposta ma che,
presupponiamo, sia stata fondamentale per lui: sua madre. Ci accenna qualcosa
di Lei?
I miei genitori si sono conosciuti
molto giovani, quando mio padre era tutt’altro che famoso e la povertà regnava
sovrana. Il loro è stato indubbiamente un matrimonio d’amore, anche se non sono
mancati problemi dovuti alle lunghe assenze di papà per il lavoro. Mia madre
Irene è una donna molto semplice, silenziosa, dedita alla famiglia: la tipica
casalinga che mantiene in ordine la casa e si occupa delle incombenze
quotidiane. Non ha mai voluto partecipare al lato mondano della carriera di
papà, evitando interviste e apparizioni in pubblico. È grazie a lei se noi
figli siamo cresciuti in un ambiente normale e stabile.
Riscontra, oggi, una figura nel panorama dello
spettacolo che possa essere definita il nuovo Franco Franchi?
Sinceramente non vedo nessuno che
possa considerarsi l’erede di mio padre. Nel panorama artistico ci sono diversi
attori comici bravi e preparati ma non mi sembra che qualcuno di loro abbia una
mimica altrettanto flessibile, la stessa snodata gestualità fisica per poterlo
emulare.
Se Lei potesse incontrarlo cosa gli direbbe?
Se lo incontrassi lo ringrazierei
per tutto l’amore che mi ha dato, per essere stato un padre sempre presente nei
momenti importanti, per avermi trasmesso i giusti valori e reso la mia
giovinezza allegra e spensierata. Ma questo lui lo sa già!
Grazie
Massimo per la sua disponibilità ad incontrare FATTITALIANI, per averci fatto
comprendere che Franco non fu solo un’eccellenza nello spettacolo ma anche un
grande papà. Superfluo dire che vivrà sempre nel nostro ricordo e, con lui,
tutte le”maschere” da lui interpretate, rese vive da una plasticità facciale e
da un sorriso che ci hanno alleggerito momenti pesanti nella vita. A lui non
possiamo chiedere la conferma ma, a detta di tanti attori comici, è più
difficile far sorridere che fare piangere. Lui lo sapeva fare così bene e in
modo così personale, che ci piace immaginarlo lassù che continua continuare a
farlo con Ciccio che gli è vicino. Concludiamo così, come due siciliani che
hanno reso omaggio al padre e all’uomo di spettacolo, due ruoli vissuti con
grande umanità, quella che lo ha reso un
Grande Siciliano, che dal 9 dicembre 1992 riposa nella sua Palermo, nel Cimitero di Santa Maria dei
Rotoli.