di Laura Gorini - Recitare è offrire ciò che di più prezioso
ha un essere umano: la sua fragilità.
E' un attore molto amato dal grande pubblico Simone
Gandolfo che attualmente stiamo ammirando nella nuova edizione della fiction di
successo di Rai Uno " Che Dio ci aiuti". Un bravissimo attore che
qualche anno fa ha deciso di diventare anche regista e produttore perché "
Un attore non può scegliere, mentre un regista e un produttore sì”. E a lui
piace molto anche scegliere.
Simone, oggi sei un attore e un regista
affermato, ma facciamo ora un piccolo passo indietro nel tempo... Quando hai
capito che era questa la tua strada? Che ricordi hai dei tuoi inizi della tua
carriera?
L’ho capito al quarto anno di superiori. A quattordici anni
mi ero iscritto al Nautico perché facevo vela, poi non era la mia strada e non
avevo voglia di studiare…Insomma, alla fine dopo il primo anno mi sono ritirato
e iscritto alle scuole professionali e, come tanti, ragazzi a quell’età non
sapevo che fare della vita. Sentivo una cosa nella pancia ma non sapevo dargli
un nome. Grazie a una professoressa di Lettere illuminata sono entrato in
contatto con il teatro: è stato un colpo di fulmine. Ho capito in un istante che
raccontare storie sarebbe stata la mia vita. Il resto è stato alimentare quella
scintilla, quell’illuminazione avuta in
fugace istante.
Si dice che un attore sia una persona che
ama particolarmente mostrarsi, tuttavia sono davvero molti gli attori che rivelano
di essere - in realtà - molto timidi. Credi che possano essere veritiere
entrambe le opinioni? La recitazione può davvero essere un buono strumento per
vincere la timidezza?
Non saprei… Io posso
raccontare cos’è recitare per me. Per me recitare è offrire ciò che di più
prezioso ha un essere umano: la sua fragilità. Lee Strasberg diceva che
recitare vuol dire essere privati in pubblico. Beh, credo avesse ragione.
Recitare è offrire se stessi a un personaggio, a una storia; è scrivere
attraverso il proprio corpo.
Secondo te perché, almeno sempre sulle
prime come pare essere, i genitori di ragazzi che decidono di intraprendere
questo genere di carriera o si oppongono fermamente oppure da parte loro si ha
sempre un minimo di reticenza? Anche tu ti ci sei dovuto scontrare?
Onestamente no. Mia madre e mio padre mi hanno sempre
sostenuto. Ai genitori che pensano di torcere il destino dei propri figli
dedico una frase di Beppe Fenoglio: “La vita non dura che un istante, si
dovrebbe trascorrerla a fare ciò che piace.” Ai figli dico: Ragazzi, questo è
un lavoro! Bisogna farsi il culo, non si diventa attori dall’oggi al domani. È
un percorso che richiede un’energia e una dedizione assolute: se lo fate fatelo
fino in fondo. Studiate, vivete, amate, soffrite e abbiate sempre un sacro
rispetto del pubblico.
In generale come reagisci innanzi agli
scontri e alle avversità? Sei una persona che reagisce di petto o sei più
riflessivo?
Direi che dire che reagisco di petto è un pallido
eufemismo. Il mio motto è: se spingi e la montagna non si sposta, spingi più
forte.
Ma quali sono state le maggiori difficoltà
che hai dovuto affrontare durante il tuo percorso?
Che domanda!!! Direi che la principale difficoltà sia
accettare le sconfitte e il giudizio a cui si è costantemente sottoposti.
L’attore è sempre scelto. Per questo ho cominciato a fare il regista e il
produttore, perché a me piace molto anche scegliere.
Tante difficoltà si riscontrano oggigiorno
in ogni settore lavorativo. Come può - a tuo avviso - un giovane riuscire a
realizzare e a cresce sia professionalmente parlando sia umanamente in un clima
del genere?
È un mondo difficile: veloce, caotico e smarrito. Tuttavia
credo che la chiave di un’esistenza piena e felice sia l’amore e la passione
nel senso più ampio del termine.
Credi che la crisi economica vada in
qualche maniera a braccetto con la crisi dei sentimenti che sembra imperare
oggigiorno?
Credo che la nostra società debba ritrovare il piacere
della bellezza come valore assoluto dell’esistenza. Credo che la capacità di
percepire “bellezza” e la curiosità siano l’unica salvezza al medio evo
culturale in cui siamo immersi.
Perché sembra che si svalutino sentimenti
come l'Amore e l' Amicizia? Credi che la colpa sia dei Social Media?
Credo che i Social Media rendano tutto più veloce: sono un
linguaggio, un codice e bisogna approcciarvi con consapevolezza di se e sapendo
che la vita vera è un’altra cosa.
L'Arte in tutte le sue numerose forme può
in qualche maniera aiutare le persone a riscoprirli?
Certo. L’arte è un rito, esprime (o dovrebbe sempre
esprimere) un archetipo. Il potenziale dell’arte è proprio quello di parlare
direttamente al cuore, all’inconscio, al bambino che c’è in ognuno di noi.
A proposito, quale è la tua idea di Arte?
L’arte è qualcosa di assolutamente superfluo e
assolutamente necessario.
Quando la recitazione - a tuo avviso - lo
diventa?
Ogni volta che si è onesti in scena o di fronte alla
macchina da presa.
Il teatro si dice che sia una grande
palestra non solo a livello recitativo ma di vita in generale... Lo è stato
anche per te? Quali sono gli insegnamenti più belli che ti ha donato?
Il teatro ti insegna la disciplina, individuale e di
gruppo. Il teatro è severo: quando si alza il sipario sei tu con i tuoi
compagni in scena e il pubblico. Non si può dire stop. È adrenalina allo stato
puro.
E il Cinema e la TV che cosa ti hanno
insegnato?
La macchina da presa impone precisione: bisogna essere
precisi. La macchina da presa vede tutto… Quello che mi ha insegnato è ad
essere onesto con me stesso.
Prima di salutarci, rivelaci che cosa attenderà il Simone di oggi
e quello di domani...
Wow, un sacco di cose: sono impegnato nelle riprese di un
Tv Movie per Rai Uno, con la mia società sto producendo un film e sviluppandone
un altro… Insomma mi do da fare!
Foto di Fabio Zenordo