Sabato 23 febbraio ore 21, al
Barnum Seminteatro di Roma, Carmen di Marzo in Rosy D’Altavilla con la regia di
Paolo Vanacore e con le musiche di Alessandro Panatteri.
Paolo Vanacore narra la storia di Rosetta, una bidella napoletana che possiede
“il dono” di ricordare nei minimi particolari, la sua vita precedente in cui
era una Diva del Caffè Chantant! Le due vite sono completamente diverse. Nella
prima, nonostante le sue umili origini, grazie al suo grande talento diventa
famosa. Nell’altra invece, non ha famiglia, non ha un amore e vive dei ricordi
malinconici della vita precedente.
A fare da cornice allo spettacolo molte canzoni napoletane dei primi del 900,
scritte da grandi autori come Libero Bovio e Salvatore di Giacomo, grazie
all’accurato lavoro di ricerca e recupero del Maestro Alessandro Panatteri e
cantate dal vivo da Carmen Di Marzo, accompagnata da Angelo Colajanni al flauto
e pianoforte.
Carmen, Rosy D’Altavilla è un po’ di anni che gira, a cosa è dovuto il tuo
successo e soprattutto perché ti sei avvicinata a questo personaggio?
Gira dal 2016, siamo stati sia
in teatri importanti che in quelli più piccoli. È uno spettacolo legato al
periodo del Caffè Chantant, periodo che amo molto. È molto particolare perché
in genere si scrive il testo e poi nascono le canzoni invece noi abbiamo preso
queste canzoni che sono state scritte da grandi autori come Libero Bovio,
Salvatore Di Giacomo mei primi del 900 ma sono canzoni che non hanno superato
la barriera del tempo e che quindi sono finite nell’oblio. Il Maestro Panatteri
un grandissimo direttore d’orchestra, le ha riportate a nuova vita ed è nata
l’idea di far nascere un personaggio ispirato alle dive del Caffè Chantant. Rosy
D’Altavilla è un personaggio che non esiste ma si ispira a delle dive di quel
periodo come Lina Cavalieri, Elvira Donnarumma. È la storia di una donna che racconta di aver vissuto due vite. Nella
prima era una diva del Caffè Chantant e quindi ci sono dei riferimenti musicali
alla sua vita e al suo primo amore e poi nella vita attuale è una bidella e
quindi si parla del suo aspetto più popolare e di quello materno con gli alunni.
È uno spettacolo che mi piace
definire “una favola struggente” perché anche gli spettatori rimangono molto
colpiti sia dalla storia che dalle canzoni che ti ritrovi a canticchiare dopo
che sei uscita dal teatro. Alcuni testi sono pura poesia e quindi non hanno
niente da invidiare a canzoni più famose che sono rimaste nel ricordo delle
persone.
C’erano anche meno mezzi di diffusione allora…
Cosa vedi di tuo in Rosy D’Altavilla?
Sicuramente la passione per il
palcoscenico, perché questa è una donna che ama in maniera viscerale la
canzone, la musica, lei parla degli applausi quasi come una malattia. Diciamo
che io vivo il mio lavoro anche in maniera ossessiva ma sana che mi permette di
migliorare, di creare, di andare avanti.
Vivo questo lavoro come una continua ricerca. Lei parla molto anche di solitudine, una
condizione che accomuna tanti artisti, con cui oggi ho imparato a convivere
molto bene. Solitudine non nel senso che uno sta da solo fisicamente ma intesa
come quella parte piccola di te che non riesci a condividere totalmente con gli
altri. Ci accomuna anche il modo di
amare in maniera strabordante, passionale, trascinante.
In cosa una donna di oggi
potrebbe riconoscersi in Rosy D’Altavilla?
Non solo le donne ma anche gli
uomini, a chi non è capitata una storia finita male oppure un dolore che non si
riesce a superare.
Il pubblico che viene in
camerino dopo lo spettacolo cosa ne pensa?
Sono incantati in quanto rimangono colpiti dalla
storia, dalle musiche, dalle canzoni e dal colpo di scena finale che spiazza
moltissimo.
C’è anche un libro…
Sì, quando siamo stati in
scena al teatro Astra di Torino è venuto a vedere lo spettacolo Giuseppe
Bellone che è un editore che ha questa piccola casa editrice che si chiama
Lilit Books. Lui si è letteralmente innamorato dello spettacolo ed ha chiesto a
Paolo Vanacore di scrivere un romanzo che a dicembre abbiamo presentato alla Nuvola
di Fuksas a Roma.
Nel 2016 hai debuttato nella
Bottega degli artisti a Roma a viale degli Scipioni, poi avete fatto delle
tournée?
Lo spettacolo ha 35 repliche.
Siamo state a Napoli, Salerno, Benevento, Caserta, Torino, Frosinone, in provincia di Messina…
Sei molto giovane, a che età
ti sei approcciata al teatro?
Ho iniziato a studiare teatro a 18 anni,
venivo da un lungo percorso come ballerina classica. Ho fatto il mio percorso
di formazione e verso i 21 anni ho iniziato il mio percorso professionale, con
i primi provini ed i primi spettacoli. Non mi sono più fermata nel senso che
sono stati anni pieni, intensi in cui ho fatto tante esperienze .
Come sei arrivata al Barnum?
Grazie a Paolo Leone che aveva già visto lo
spettacolo e l’aveva recensito in maniera meravigliosa.
Dopo il Barnum?
Prima del Barnum, Rosy va a
Matera (giovedì). Dopo il Barnum c’è Civitavecchia il 23-24 Marzo al teatro Sala
Gassman e poi replichiamo anche a Castel Gandolfo il 31 Marzo. Probabilmente ci
saranno altre date ma stiamo ancora trattando.
Progetti per il futuro? Il nuovo
monologo “Quattordici”. Uno spettacolo completamente diverso da Rosy! Attraverso
la figura di una serial killer realmente esistita, si indaga sia la violenza
maschile che quella femminile.
Tu hai iniziato giovane, cosa
consiglieresti ad un ragazzo o ragazza che si volesse approcciare al tuo
mestiere?
Di studiare (ride) tantissimo,
soprattutto quando fai tutto da solo senza santi in paradiso non hai molta
scelta o molte armi. L’unica arma è la cultura e lo studio. E una cosa che dico
anche ai miei allievi, quando insegno recitazione: devono studiare, essere
molto curiosi e non si devono mai accontentare.
Rosy era una cantante di Caffè
Chantant, volendola equiparare ad una cantante di oggi a chi la paragoneresti?
Oggi no, perché è un
personaggio che ricalca un’atmosfera molto vintage che non esiste più. Ha un
sapore molto antico. Questo non vuol dire che non sia un personaggio attuale
però da un punto di vista musicale e da un punto di vista odierno non c’è una
cantante come lei!
Elisabetta Ruffolo