di Laura Gorini - Suscita una tenerezza
infinita, Chiara Parenti. Scrittrice solo da pochi anni, ammette senza peli
sulla lingua, nonostante la sua proverbiale timidezza, di non riuscire a
smettere di scrivere. Dolce, con quegli occhi grandi che brillano quando ti
parla di Sole, la protagonista di "Per lanciarsi dalle stelle" (Garzanti), non può che conquistarti, proprio come la sua ultima fatica
letteraria.
Chiara, quando e in che modo hai sentito l’esigenza di cominciare a
scrivere?
È stato dettato da qualche impulso, bisogno o desiderio particolare?
Ho sempre inventato
storie, ma l’idea di scriverle è nata abbastanza tardi e per gioco. Un
pomeriggio d’estate del 2008, scherzando con mio marito sul mutuo da pagare, mi
disse che avrei dovuto mettermi a scrivere le mie storie, così sarei diventata
famosa come la Rowling e ci saremmo trasferiti in un castello senza più il
mutuo da pagare. Ora, ovviamente non abitiamo in un castello (e il
trasferimento non pare neanche tanto imminente, per la verità) e la rata del
mutuo arriva puntuale ogni mese, però ho scoperto che scrivere mi piace sopra
ogni cosa. Oggi i libri sono diventati la mia più grande passione e non so più
come si fa a smettere.
Quanto c’è realmente di autobiografico nel romanzo “Per lanciarsi dalle stelle”?
La storia di Sole è
totalmente inventata ma il suo approccio
alle novità e al cambiamento è il mio. Come lei, amo stare al sicuro nella mia
confort zone e faccio molta fatica a uscirne.
Come la protagonista del libro, hai quindi sentito anche tu, a un
certo punto, che era finito il “tempo di scappare” e hai pensato di affrontare
di petto le tue paure?
Diciamo che la spinta più
forte a buttarmi me l’ha data l’arrivo di mio figlio, ed è lui che -
inconsapevolmente - mi sprona ogni giorno a superare i miei limiti e le mie
debolezze.
Hai qualche tuo particolare rituale da seguire per poter trovare l’ispirazione
giusta per scrivere?
Ho “la mia Stanza tutta per me”, come la chiamerebbe Virginia Wolf.
Sono molto metodica e superstiziosa e non potrei scrivere in nessun altro luogo
al mondo se non alla mia scrivania, con i miei gatti che girano attorno e del buon
cibo-spazzatura a portata di mano.
Come potresti descrivere in poche parole l’esperienza di lanciarsi
realmente con un paracadute?
Il lancio col paracadute
di Sole che descrivo nel libro è come lo immagino io. Una volta sono stata ad
assistere un amico che si buttava e ho raccolto le sue impressioni. Immagino-
però- che viverle di persona sia tutta un’altra cosa.
Nel tuo romanzo parli anche della perdita di un’amica: quale può
essere il modo migliore per riuscire a riprendersi da questa brutta esperienza
nella quotidianità?
Quello che fa Sole mi
sembra un rimedio valido: tuffarsi in un progetto ti permette di allontanarti
almeno per un po’ dal tuo dolore e poi di ritornarci un pochino più forte per
affrontarlo. Creare qualcosa riempie il vuoto della perdita.
Come ci descrivi invece la tua avventura in cui hai lasciato un
lavoro, quindi un posto sicuro, per inseguire un sogno, che a quanto pare è
andato a buon fine?
Una follia. Però lo
rifarei.
Ma non perché adesso il
sogno si sia già realizzato (sono solo all’inizio di questo percorso di
autrice) ma piuttosto perché quella realtà lavorativa era diventata tossica per
me, quindi in quel momento si è trattato principalmente di una questione di
sopravvivenza.
È chiaro che avere un
sogno tanto grande nel cassetto che preme per uscire è stata comunque una leva
molto forte.
Come mai, anche se è quasi scontato, c’è spesso una forte apprensione
iniziale da parte dei genitori dei ragazzi che intendono seguire un sogno di
questo tipo, come intraprendere una carriera artistica?
Perché, specie in Italia,
non c’è garanzia di un futuro. Nel mio ramo poi, in cui tutti scrivono e in
pochi leggono, è veramente difficile emergere e vivere del proprio sogno.
Sono davvero numerosi i personaggi presenti nel romanzo, mettendo
tutta questa “carne al fuoco” credi che può essere facile talvolta perdersi e/o
rischiare di lasciare qualcosa di incompiuto o scontato ai fini della trama?
Sì, il rischio c’è ma
alla fine mi sono serviti tutti per raccontare la storia del cambiamento di
Sole. Tra l’altro, nella mia scaletta iniziale, Samanta e Lucas non esistevano.
Si sono affacciati alla mia mente solo più tardi, quando la storia era quasi
finita. Sentivo che c’era qualcosa che mancava. Ed erano loro.
In questo modo ci potrà eventualmente
essere un seguito, o perché no, anche uno spin-off su qualche personaggio
comprimario?
Alcune lettrici me lo
hanno chiesto, in verità. Non credo tuttavia di riprendere in mano questa
storia: credo che Sole sia abbastanza cresciuta adesso per affrontare le sue
prove da sola.
Stai già lavorando ad altro? Qualche chicca in merito?
Sì, ma sono ancora molto
all’inizio per cui non posso dire nulla… Più che altro perché al momento so
molto poco anch’io!