Teatro, Alessandra Pizzi a Fattitaliani: in Italia permane un'idea difettosa e ancestrale del sistema teatrale. L'intervista

Stasera debutto alla villa comunale di Giovinazzo dello spettacolo "Metamorfosi" diretto da Alessandra Pizzi, ispirato a Ovidio in una rilettura contemporanea del testo, i cui racconti sono affidati ogni sera a Enrico Lo Verso -già protagonista di Uno, nessuno e centomila-  e a ospiti della cultura e dello spettacolo che lo affiancheranno sul palco.
Fattitaliani ha intervistato Alessandra Pizzi, partendo dal classico pirandelliano.
Ancora Pirandello? si domanderà qualcuno. Lei risponde...?
Il tempo non è un limite che riguarda i "grandi", che sono tali proprio perché capaci di sintetizzare un messaggio oltre lo spazio e oltre il tempo. Così è per Pirandello, e per quella lucida capacità con cui ha saputo osservare la società quasi anticipandone il corso. 
"Ancora Pirandello?" Per fortuna, sì. Sino a quando l'essere umano avrà bisogno di "definirsi", di cercare il proprio" peso specifico" con cui stare al mondo e troverà nelle parole di Pirandello un filo a cui aggrapparsi. E poi ci sono mille modi per leggere Pirandello. Dopo il nostro spettacolo sono moltissimi gli spettatori che ritornano in teatro con le copie del romanzo. Così come moltissime sono le testimonianze di chi ci dice "non pensavo si potesse godere così di Pirandello" oppure " non avevo mai apprezzato Pirandello".
Allora "ancora Pirandello?", mi chiede... "perché no!"  le rispondo. Se serve ad avvicinare il pubblico ad un testo, ben venga... in eterno. 
Come lettrice e persona di teatro, in che cosa Pirandello mostra tuttavia un'impressionante e lucida modernità?
Credo che in assoluto Pirandello sia l'espressione migliore della "modernità". Con una lucidità sorprendente è riuscito a tracciare l'immagine dell'uomo ma soprattutto, la mappa dei bisogni esistenziali. L'uomo di Pirandello non è ascrivibile ad un momento storico preciso. L'uomo di Pirandello è l'uomo moderno. Moderno in ogni epoca. Cioè è l'uomo capace di affrontare i propri dubbi, di porsi domande e di spingersi a cercare risposte. L'uomo di Pirandello è l'Ulisse di Omero, il Chisciotte di Cervantes, l'Amleto di Shakespeare, prima di essere Vitangelo Moscarda, Serafino Gubbio ed ogni altro personaggio dei suoi romanzi. L'uomo di Pirandello è quello che non cerca di stare a galla nel grande flusso della vita ma è impegnato a nuotarci dentro. Poco importa se lo si faccia seguendo il giusto verso o controcorrente. Credo che sia in questo la "modernità": nel coraggio di guardare dentro la vita. 
Quale aspetto, invece, va secondo lei meglio approfondito?
Credo ci sia ancora un grande equivoco culturale sulla "follia". In Uno Nessuno e Centomila, Vitangelo Moscarda "abbandona" la sua immagine per ritrovare se stesso "non più in se , ma in ogni cosa fuori". Per molti è un pazzo, nell'accezione patologica di un appellativo che la società dà a chi non si omologa al sistema, a chi non si appiattisce nella massa. In realtà per Pirandello è un "folle", semplicemente un eletto, capace di rinunciare alle maschere e alle convenienze sociali per essere se stesso. C'è un ribaltamento del concetto di follia che ancora fatica ad essere accettato. Ed è il focus dello spettacolo, che tenta di esaltare la scelta  conclusiva del protagonista ma, soprattutto, cerca di sottolineare l'importanza di una ricerca di se stessi contro l'alienazione di un sistema che non favorisce l'individuo ma la sua immagine. Questo concetto affascina moltissimo il pubblico, di ogni età.
Passando a Ovidio, quale mito la affascina maggiormente e perché?
Mi affascina Ovidio, per la sua capacità creativa, per la sua dote di narratore. In quel capolavoro delle Metamorfosi è riuscito a scrivere ben quindici libri di storie fantastiche che,dopo duemila anni, riescono a tenere l'ascoltatore con il naso all'insù. E mi affascina il Mito, tutto. Mi affascina l'idea del Mito, quella sua funzione di spiegare al popolo quello che nella vita, a volte, è inspiegabile. Mi affascina la persistenza del valore del Mito che resiste al tempo, alle differenze culturali, alle religioni. Mi affascina il bisogno dell'uomo di credere al mito, oggi come duemila anni fa. Trovo una grande tenerezza nel Mito, che va oltre la forza bruta, oltre la violenza, oltre la perfidia di alcuni dei, in quella capacità di rassicurare gli umani: tanto comunque c'è un Dio per tutti.
Come avete scelto fra le tantissime storie del poema ovidiano quelle da leggere? 
Lo spettacolo ha quattro storie fisse che vengono raccontate, che abbiamo selezionato cercando di trovare un nesso tra il racconto mitologico ed un aspetto evidente della società moderna. Il mito di Narciso, ad esempio, rimanda un aspetto di estrema attualità come il bisogno dell'individuo di piacersi e di essere apprezzato dagli altri, a qualsiasi costo. Così come Il Ratto di Proserpina, rimanda al conflitto di genere. Il mito di Apollo e Dafne è comunque una metafora del rapporto tra l'uomo e l'ambiente. Abbiamo voluto inserire il mito di Arakne, perché probabilmente il più significativo per Ovidio se è vero che in questo l'autore stesso ha inserito indizi sul suo esilio. Ci sono poi dei miti variabili ad ogni replica, quelli interpretati dagli ospiti, che generalmente scegliamo in base alle attitudini personali degli stessi. Scegliamo i miti scorrendo un fil rouge che magari lega il racconto alla carriera dell'ospite o alla sua arte.   
Che cosa dà a una rappresentazione la voce e la faccia di Enrico Lo Verso?
Enrico Lo Verso non dà alla rappresentazione, ma è la rappresentazione. Per entrambi gli spettacoli non interpreta dei personaggi, ma li rende vivi, ne da forma e sostanza. Lui non interpreta Vitangelo Moscarda, il protagonista di Uno Nessuno Centomila, lui è Vitangelo Moscarda ed, al tempo stesso, è tutti i personaggi del romanzo, è Pirandello ed è l'uomo moderno di cui sopra. Così come in "Metamorfosi - Altre Storie Oltre il Mito" non si limita al ruolo di narratore eccellente dei fatti o ad interprete magistrale delle letture, lui  sintetizza il valore del messaggio, con una capacità unica e sorprendente di chi prima che essere un grande attore ha scelto di essere una persona eccezionale. 
Lei è impegnata su più fronti: autrice, regista, produttrice... e ha dunque una visione a 360° del fare teatro. Quale caratteristica del teatro fortunatamente permane in Italia e quale, al contrario e purtroppo, si va perdendo?
...Fortunatamente, in Italia, rimane il pubblico: quello che ha voglia di andare a Teatro, che ha bisogno di emozionarsi, quello che crede ancora nella magia del palcoscenico. Purtroppo in Italia scarseggiano gli attori. Permane oggi un' "idea difettosa" , ancestrale, del sistema teatrale Italiano.
Negli anni, da parte del pubblico com'è cambiata la maniera di andare a teatro?
Non credo sia cambiata la maniera del pubblico di andare a teatro, Piuttosto è cambiata la qualità dell'offerta che il Teatro rivolge al pubblico. Il pubblico va a teatro sempre con lo stesso entusiasmo, sempre con la stessa energia, sempre fiducioso. Bisogna stare ben attenti a non tradire le aspettative del pubblico e soprattutto la fiducia. Oggi che l'offerta artistica e culturale è fortemente maggiorata e facilmente accessibile, il pubblico del teatro ha particolare capacità critica e voglia di vivere emozioni autentiche. Il Teatro del resto dovrebbe soddisfare questo bisogno, quello di accendere i cuori e illuminare le menti.  Giovanni Zambito.


Fattitaliani

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