Intervista a Don Luigi Poretti: I giovani hanno grandi potenzialità. Genitori: siate meno protettivi!

di Laura GoriniDa moltissimo tempo collabora alla rivista Confidenze con una splendida rubrica denominata "Le risposte dell' anima". Lui, don Luigi Poretti, è sacerdote dal 1970 e ha trascorso ben venticinque anni in mezzo ai giovani. Ed è proprio di loro che ci ha parlato in questa lunga ed emozionante chiacchierata a cuore aperto.

Don Luigi, perchè oggi si fa fatica a credere in Dio? Non crede che si faccia proprio fatica a credere in Qualcosa?
Da sempre si fa fatica a credere in Dio. Adamo ed Eva sono il simbolo dell’umanità che non si fida del Creatore e accetta la proposta del serpente, figura delle divinità pagane che promettono all’uomo e alla donna di diventare padroni del mondo al posto di Dio. Oggi ci sono gli idoli moderni, come il consumismo e la ricerca della vita comoda, che diventano vincenti sulla ricerca dell’Assoluto.
La Bibbia è piena di riferimenti ed esempi di persone in difficoltà nel rapporto con il Signore. Il libro di Giobbe racconta quello che può capitare ad una persona provata da mille difficoltà: credente, ricco e felice perde tutti i suoi molti beni, muoiono i figli e lui stesso è colpito da una malattia ripugnante e dolorosa. La moglie gli consiglia di maledire Dio, i suoi amici lo provocano, invitandolo a non fidarsi della giustizia divina. È talmente in crisi che arriva a dire: “Non ho più forza per resistere, non c’è più aiuto per me,ogni soccorso mi è precluso”. Soprattutto in alcuni dei centocinquanta salmi troviamo lamenti e proteste nei riguardi del Signore. Forse il più sofferto è il salmo 21: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Sono le parole che Gesù stesso pronuncia sulla croce, poco prima di morire.
Anche nella storia del cristianesimo ci sono testimonianze di quanto sia difficile vivere la propria fede nei momenti di difficoltà e di dolore. “Notte oscura” è stata definita l’esperienza di molti santi, da Teresa d’Avila e Giovanni della Croce fino a Madre Teresa di Calcutta. Questa grande donna aveva comunicato quello che provava al suo direttore spirituale, che solo dopo la morte ha fatto conoscere. Gli aveva scritto: C’è tanta contraddizione nella mia anima, un profondo anelito verso Dio, così profondo da far male, e una sofferenza continua, e con essa la sensazione di non essere amata da Dio, di essere rifiutata, vuota, senza fede, senza amore, senza zelo... Il Cielo non significa nulla per me: mi sembra un luogo vuoto!”.
Eppure- paraddossalmente- tentiamo di avere sempre risposte a mille domande e di avere delle certezze. Come mai, secondo lei?
L’essere umano dovrebbe essere sempre in ricerca, anche se spesso ci si siede nella superficialità più squallida. Giobbe dopo tutte le prove e le tentazioni conclude il suo cammino dicendo: “Dio ha dato. Dio ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore”. Gesù, dopo aver gridato il suo abbandono, prega dicendo:”Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. S.Giovanni della Croce scrive che dopo l’esperienza della notte oscura “l’anima è pervasa e gusta la calma, il riposo e la quiete della notte pacifica, e insieme riceve un’abissale e misteriosa intelligenza divina”. Madre Teresa dopo aver scritto al suo direttore spirituale la sua lunga sofferenza interiore prega il Signore: “Se la mia separazione da Te permette che altri si avvicinino a Te e Tu trovi gioia e diletto nel loro amore e compagnia, voglio di tutto cuore soffrire ciò che soffro, non solo adesso, ma per l’eternità, se fosse possibile”. Queste sono esperienze particolari e straordinarie, ma ogni essere umano ha la possibilità di non smettere mai di cercare, studiare, pensare e riflettere. Probabilmente non sempre si raggiunge una fede certa e solida, ma ciò che conta è non fermarsi mai nel comodo di una decisione superficiale.
I giovani di oggi, come li vede? Sono davvero così spaventati dal mondo?
Vedo giovani alla ricerca solo di qualcosa che possa dare loro un piacere immediato e poco disposti alla fatica, perché si sono trovati in una società del benessere e vorrebbero ottenere tutto senza fare troppi sforzi. Ma conosco anche giovani che si impegnano nel sociale, attenti alle situazioni di povertà e di sofferenza. Ho l’impressione che siano più gli adulti ad aver paura per il futuro dei loro figli, ma temo che qualche responsabilità ricada anche sui genitori che a volte hanno un atteggiamento troppo protettivo nei loro confronti. Ma sono ottimista sul futuro del nostro mondo e credo che i giovani hanno grandi potenzialità per crescere nella coscienza di guidare la loro vita verso i valori più importanti dell’esistenza.
Crede che Internet e i Social Network possano in qualche maniera ostruire i loro pensieri e staccarli davvero dalla loro vita reale e dai loro affetti?
I mezzi di comunicazione sociale hanno ormai invaso il nostro mondo. Già i più piccoli imparano a giocare digitando con grande perizia sui loro piccoli tablet e ben presto pretendono lo smartphone personale. Lungi da me demonizzare il progresso. Anzi, il computer è di grande utilità, il cellulare è ormai indispensabile e lo smartphone è diventato un’appendice indispensabile per la nostra vita. Ma non sarebbe male rendersi conto che è necessario mettere qualche limite all’uso di questi stupendi strumenti, per evitare che vinca l’abitudine di isolarsi dal proprio ambiente. Non a caso è stato inventato un termine per indicare una nuova sindrome quasi patologica. Si parla di “nomofobia”, il terrore di restare senza telefonino. Sul tram e, in metropolitana sono ormai rare le persone che non hanno lo sguardo incollato a quel piccolo padrone che rende schiavi. Anche sui marciapiedi a volte ho l’impressione di camminare in una città di zombi telecomandati da un piccolo schermo. Per salute o per esigenze estetiche si fanno le diete. Anche per un po’ di igiene mentale e per riscoprire la bellezza di guardarsi negli occhi e scambiarsi qualche parola farebbe bene un po’ di astinenza dall’uso dello smartphone.
Leggi qui gli articoli di Laura Gorini.
Fattitaliani

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