Francesca Nunzi a Fattitaliani: la figura femminile è intrappolata per sempre negli stereotipi. L'intervista


Può una donna stanca e insoddisfatta della vita di tutti i giorni, scegliere di votarsi al mestiere più antico del mondo? È la provocazione lanciata da Francesca Nunzi nel suo spettacolo “Volevo fare la mignotta”, in scena al Barnum Seminteatro sabato 12 maggio alle ore 18 e 21.
Interpretato da Francesca Nunzi che ne è anche autrice insieme a Bernardino Iacovone. In scena con la Nunzi, Jacopo Fiastri. Si riflette sulla condizione femminile non solo attuale ma facendo un excursus storico tra le varie figure femminili del passato. Lo spettacolo è un cult che ha riscosso grande successo ovunque. L'intervista di Fattitaliani a Francesca Nunzi.
Volevo fare la mignotta, da dove nasce l’idea del titolo? 
Era più che altro un tentativo di fare un’analisi al contrario di ciò che accade oggi nella nostra società in cui si fa di tutto per fare carriera. Ho pensato di analizzare una situazione più antica, andando a scomodare delle donne del passato e mi sono chiesta se queste fossero diventate famose perché facevano il mestiere o perché sono state vittime di un disegno superiore. Mi sono divertita a fare un processo inverso. 

In scena porti vari esempi di donne, a chi sei più affezionata e perché? 
Tutte e nessuno perché sono molto spiritose, divertenti. Mi diverte farle tutte. 
La sorpresa è Beatrice… 
È un personaggio ancestrale e riscuote molto successo perché essendo sempre contestualizzata con il Paradiso, ovviamente il contrasto fa ancora più ridere. 
In questo spettacolo cerchi di liberare la figura femminile dagli stereotipi, ci riesci sempre? 
Ci provo ma inutilmente perché la figura femminile è intrappolata per sempre. 
Quante donne stanche e insoddisfatte si chiedono perché non abbiano fatto le mignotte? 
Tutte perché sono talmente stanche alla fine della giornata e a volte non gratificate da quello che fanno. Tante volte si pensa che molte di queste donne abbiano la vita più facile. Sarebbe una bella via di fuga ma non tutte riusciamo a mettere in pratica quello che pensiamo. Per fortuna c’è chi ancora non cede a questa tentazione. 
Che differenza c’è tra una mignotta di testa ed una di cuore? 
Faccio questo distinguo perché quella di cuore fa la professione per necessità e sopravvivenza e non mi sento di condannarla. Quella di testa è esplosa negli ultimi decenni ed è pericolosa perché pratica la professione freddamente. Ambisce solo a diventare famosa e popolare, passando sopra i cadaveri di tutti. Quella di cuore è invece una donna generosa ed  esercita un’azione consolatoria per gli uomini soli, fragili e irrisolti e nello stesso tempo fortifica la sua posizione economica. Questa ha tutta la mia stima e il mio rispetto.

Elisabetta Ruffolo

Fattitaliani

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