Dal 17 al 22 aprile, al Teatro 7, Beatrice Fazi in “Cinque donne del Sud” scritto e diretto da Francesca Zanni. Il testo
ci trasporta in 130 anni di vita, vita di donne in cinque generazioni a
confronto che ci fanno rendere conto che in fondo rispetto ad oggi in cui siamo
chi più e chi meno iperconnesse, è cambiato poco rispetto a quello che era il
mondo della capostipite di queste donne, Crocifissa Gargiulo che aveva messo al
mondo 11 figlie, per la disperazione del marito che d ogni parto sperava fosse
un maschio, tant’è che all’ultima diede il nome del padre Raimondo. Le aveva
nutrite di minestra maritata e pelle di pollo. Ogni figlia era nata in un anno
in cui era successo un fatto storico (il furto della Gioconda, la prima guerra
mondiale, l’apparizione della Madonna di Fatima ai tre pastorelli). La storia è
inframezzata di filastrocche (Mà Ciccio mi tocca, toccami Ciccio ca mamma un mi
vida).
Ognuna di queste donne ci fa conoscere la sua storia ma anche quella
dell’Italia e del Nuovo mondo dove si trasferisce il marito di Crocifissa e in
seguito la figlia Raimondo mandata nel 1937 a cercare il padre e che decide di
viverci. Ognuna di noi sceglie il
personaggio che le è più vicino. Abbiamo attraversato vari scontri
generazionali, battaglie per l’emancipazione femminile ma ci accomunano le
radici dalle quali tutte scappiamo ma abbiamo sempre voglia di ritornare. Un
affresco dell’Italia, delle donne e dei sentimenti che anche se è passato più
di un secolo, per fortuna rimangono sempre dei valori da cui non stacchiamo
mai.
Beatrice Fazi al suo primo monologo, colpisce nel segno, passando da una donna
ad un’altra con grande immedesimazione e passando dalla tristezza alla
commozione, ci trasporta da Crocifissa a Nirvana con sottofondo musicale che va
da Aquarius ad Elvis Presley fino ad arrivare al Rap.
Attraversiamo grandi cambiamenti epocali,
tradizioni e superstizioni.
In scena solo un baule che funge da armadio per le trasformazione di Beatrice
nei vari personaggi.
L’intervista
a Beatrice Fazi è stata fatta il giorno prima del debutto romano.
Per la prima volta in un monologo. Cosa provi? Sono
molto emozionata!
C’è stata un’anteprima a Salerno, la mia città natale e che è
molto citata nel monologo e poi abbiamo fatto una tappa nelle Marche ad Montegranaro.
Sono più tranquilla perché mi sono già misurata ma l’ansia del debutto al
teatro 7 non mi ha del tutto abbandonata perché in sala ci saranno giornalisti,
critici, i colleghi. La performance deve essere all’altezza. Il monologo dura
un’ora e mezzo, interpreto cinque personaggi caratterizzati da costumi, modi di
parlare ed epoche diverse, L’arco di tempo in cui si svolgono i fatti va dal
1887 al 2017 e queste donne sono tutte madri e figlie. Quindi è lo stesso
sangue che si tramanda e si evolve nel corso del tempo.
Cinque generazioni, com’è cambiata la vita ai giorni nostri?
E’ cambiata
molto ma in fondo noi donne siamo sempre le stesse e dobbiamo riscoprire quelle
che sono le nostre peculiarità, le nostre caratteristiche, la nostra
grandissima ricchezza. Certamente tutte le lotte che abbiamo condotto per
raggiungere l’emancipazione sono sacrosante, abbiamo conquistato grandi diritti
anche se oggi la parità si è risolta annullando le differenze e nell’appiattire
i ruoli. L’uguaglianza invece deve essere intesa come una parità dei diritti e
questo lo sappiamo benissimo, In realtà noi siamo arrivate anche a soffrire di
più, ci sono tanti casi di femminicidio, di violenza sulle donne e questo è
quello che non siamo riusciti a combattere nel modo giusto.
Cinque personaggi, cinque donne, in quale di queste ti ritrovi?
Mi piace
tantissimo la capostipite, Crocifissa Gargiulo fu Gaetano e di Scognamiglio
Caterina, nata a Rocca d’Aspide, un piccolo paesino del Cilento, parla un
dialetto molto stretto ed è una mamma di tantissimi figli, è una donna piena di
vita che combatte fin dall’inizio e capiamo che le sue giornate vengono
scandite più o meno dagli stessi doveri che abbiamo noi oggi. Tutto sommato,
alla fine tutte le sue figlie, le nipoti si renderanno conto che per essere
veramente felici, per non perdere la nostra identità, bisogna comunque
recuperare qualcosa che viene dal nostro passato e dalla nostra storia. Forse
proprio la forza interiore che ha avuto questa donna di mettere al mondo tante
vite, di averne cura e di stare nella sua storia con quel poco che aveva. Tutte
le donne ma anche gli uomini troveranno qualcosa che gli appartiene nelle varie
storie. Nella nostra storia è rappresentata la Storia con la S maiuscola. Sarà
tutto molto contestualizzato nell’epoca in cui ogni personaggio vive. Troveremo
la Guerra Mondiale, il fascismo, i ragazzi degli anni 80, gli adolescenti di
oggi che rappresentano lo sguardo positivo che noi vogliamo volgere verso il
futuro. Questa ragazzina, alla fine dirà molte cose che faranno pensare noi
adulti e ci farà ricredere sul fatto che spesso crediamo che i giovani di oggi
siano immaturi, incapaci, superficiali e invece ci daranno elle diritte se noi
punteremo su di loro, gli staremo accanto e li sapremo accompagnare. In fondo,
a volte hanno ereditato dei modelli sbalestrati. Una di loro, Libertà è sempre
andata alla ricerca dell’amore con delle grandi oscillazioni d’umore ma perché
si è portata dietro un senso di abbandono e delle ferite. La Storia quando la
vedi sotto una lente d’ingrandimento, guardandola da lontano ti rendi conto di
tante cose e noi speriamo di raggiungere lo scopo con questo spettacolo.
Lo scorrere del tempo è rappresentato con
delle proiezioni che rappresentano le varie epoche. In che modo?
Sono
ambientazioni, balleremo sulle note di Acquarius guardando tutti i ragazzi che
andavano a Woodstock, ci saranno manifesti delle prime suffragette che negli
anni 30 e 40 portavano avanti le prime idee femministe, ci saranno tante cose
epocali.
Elisabetta Ruffolo