di Anna Profumi - La grave crisi economica che ha investito il nostro Paese negli ultimi
decenni - crisi dalla quale si stenta ancora ad uscire - ha avuto un impatto preoccupante sulla vita professionale e familiare di moltissime
donne italiane.
Le difficoltà che esse incontrano nello sforzo di conciliare i tempi di
lavoro con quelli della cura della casa e della famiglia sono nella maggior
parte dei casi, la causa dell’abbandono del posto di lavoro con tutte le
conseguenze economiche ad esso legato.
È noto, come nel nostro Paese
esistano ancora oggi molti ostacoli culturali ma anche sociali e materiali legati
alla presenza della donna nel mondo del lavoro, e questa presenza è fortemente
condizionata dalle difficoltà che incontra nel suo triplice ruolo di moglie o
compagna/ madre/lavoratrice; un ostacolo oggettivo alle ‘pari opportunità’ in
gran parte addebitato al ritardo con cui lo Stato stenta ad assumere il suo
ruolo per la soluzione di questa problematica. L’assistenza alla famiglia,
infatti, specie se con figli, è assolutamente carente in termini di asili nido,
orari di lavoro adeguati alle necessità di mogli e madri, sostegno ad anziani e disabili, ecc. In questo senso i dati economici di EUROSTAT sono emblematici:
nel nostro Paese appena l’1,4% del PIL viene destinato a famiglia e maternità,
contro il 2,1% della media europea e il 3,7% record della Danimarca.”
Ma le enormi difficoltà che la donna lavoratrice incontra nel gestire i
tempi e le esigenze dei diversi ambiti casa/famiglia/lavoro si riflettono anche
sul versante della sicurezza sul lavoro, in particolare nel corso del tragitto
casa-posto di lavoro e viceversa. Studi statistici elaborati dal Centro Studi
ANMIL hanno dimostrato, infatti, che la donna lavoratrice ha la probabilità di
subire un infortunio “in itinere” (così è denominato questo tipo di infortunio)
superiore del 50% rispetto al collega maschio e che circa il 60% delle morti
femminili sul lavoro avviene per incidenti in itinere.
Non è difficile immaginare che la donna, ancor prima di uscire da casa per
andare al lavoro, possa aver già accumulato, in famiglia, dispendio di energie
e stress psicofisico; lo stesso percorso casa-lavoro o anche quello di ritorno
inoltre possono essere a volte affrettati da interruzioni o deviazioni (magari
per portare i figli all’asilo o a scuola o in palestra ecc.) che rendono il
percorso una corsa contro il tempo e possono in qualche misura influire sulla
lucidità e la concentrazione nella guida, per esempio.
Senza soffermarmi più di tanto su questa sfilza di dati statistici, è
doveroso sottolineare come il ruolo della donna nella società italiana ha
assunto una valenza molto importante, valenza che però non va di pari passo con
i meriti, al di fuori e all’interno dell’ambito
familiare. Partendo da questo presupposto, è facilmente intuibile come la donna
si trova spesso a fare i conti con una realtà difficile.
Una madre che lavora, e che gioco forza è costretta a stare fuori casa tutto
il giorno, si sente “colpevolizzata” nei
confronti dei figli, per non riuscire a dedicare loro tempo e presenza
necessari, e dovendo a sua volta delegare ad altri (asili, doposcuola, nonni,
etc.) il ruolo primario della formazione e crescita affettiva. A tutto questo
si aggiunge l’inevitabile carico di lavoro post ufficio/fabbrica/negozio che costringe
a sottrarre tempo prezioso alla gestione del menage coniugale. Andare a fare la
spesa, pulire casa, lavare, stirare, cucinare, etc., sono mansioni spesso
relegate ad una singola persona che deve farsi carico di ritmi davvero
insostenibili.
Ecco quindi che se il compagno o il coniuge non contribuisce fattivamente a
collaborare e prendersi carico di una
parte di queste incombenze, la coppia prima o poi è destinata ad entrare in
crisi. I litigi si faranno più frequenti, non si avrà più la pazienza e la
disponibilità verso il proprio partner,
ed i figli diventeranno l’arma di ricatto di una “Guerra dei Roses” assai poco
edificante.
Le donna rischia di avere sempre
meno tempo per se stessa, o per dedicarsi
a quelle attività che le sono più congeniali, che la gratificano. Queste limitazioni sempre più frequenti la relegano
in un ruolo marginale, e diventano lo spunto per una crisi esistenziale uomo /donna.
A tutto questo va aggiunto che le istituzioni, nella stragrande
maggioranza dei casi, poco o nulla fanno per supportare queste mancanze con i
tragici risultati a cui spesso siamo costretti ad assistere.
Altro discorso è quello delle cosiddette “donne in
carriera” che antepongono il loro successo professionale alla vita familiare
vera e propria . In questo caso una folta schiera di governanti o babysitter
faranno da surrogato e supporto logistico all’evanescente presenza materna.
In ultima analisi, affronto il problema della donna
che sceglie di evitare la maternità (in
molti casi) o viverla (in qualche caso) come
libera scelta, continuando in serenità il
suo percorso lavorativo e di integrazione in posizioni di spicco e ruoli per
troppo tempo di esclusivo appannaggio maschile.
Last but not least, cito la
categoria delle donne più sfortunate, quelle che per esigenze economiche sono costrette
a dividersi tra lavoro e obblighi familiari, rinunciano con grande sacrificio a
mettere al mondo figli a cui non potranno garantire un futuro tranquillo.
In definitiva molti doveri e pochi diritti! Come riuscire
a conciliare tutto questo? Bisogna abbandonare i propri sogni e rassegnarsi ad
essere solo l’angelo del focolare? Una domanda questa, alla quale non si
può dare una risposta soddisfacente, poiché il prezzo pagato in termini affettivi è
spesso molto alto.
L’autonomia femminile è un tabù sotto certi versi, e
le donne sono costrette a combattere contro i mulini a vento. Questione di
scarsa autostima? Dipendenza economica? Pigrizia mentale? Partner indifferenti
e sonnacchiosi? Retaggi morali ed educazione restrittiva da parte di madri
completamente assoggettate ai loro mariti?
Per fortuna molto sta cambiando, e le ragazze di oggi
sono completamente diverse dalle figlie che siamo state a nostra volta.
Giustamente si ribellano e non accettano ruoli che cominciano ad andare loro stretti.
Sono riuscite a cambiare mentalità, a costo di mettersi contro tutto e tutti e
questa è una gran bella conquista.
Tuttavia il percorso per una completa emancipazione è
ancora lungo. Per finire non ci resta che citare la manzoniana riflessione : “Ai
posteri l’ardua sentenza.”
Anna Profumi, scrittrice e blogger: