Plutarco, da Cheronea, scrittore e sacerdote greco con cittadinanza romana, nelle sue “Vite parallele”, biografie dei più famosi personaggi dell’antichità, descrivendo la vita del generale romano Lucio Licinio Lucullo, la suddivide in due parti ben distinte: all’inizio lotte politiche e guerre sanguinose con gli Armeni ed i Parti e alla fine banchetti, divertimenti sfrenati e bagordi di ogni genere che si consumano nei celebri “Horti”, giardini suburbani dell’antica Roma ancora più splendidi e sfarzosi di quelli imperiali, collocati sulla collina del Pincio.
Gli “Horti”, infatti, occupavano l’area che oggi va dall’attuale Piazza di Spagna e su su per la scalinata monumentale fino alla Chiesa di Trinità dei Monti ed il Pincio.
Qui ninfei adorni di statue e mosaici, fontane e laghetti che rievocano il ricordo degli antichi giardini pensili di Babilonia da lui conquistata, trasformano i giardini stessi in luoghi simbolici, paradiso della natura incontaminata e dell’eterna primavera che richiamano alla memoria gli Orti delle Esperidi, i Campi Elisi ed il giardino dell’isola dei Feaci. Lussureggianti piante di dattero, cedri e quercie si confondevano con piante rare ed essenze selvatiche creando figure geometriche, di animali o scene fantastiche.
Immersi in tutto questo verde si trovavano poi numerosi padiglioni adatti, per la conformazione e l’esposizione, alle varie ore della giornata e alle diverse stagioni con portici, statue, tempietti e colonne tanto da essere definito come “locus voluptatis”.
Ma tutto a questo mondo scorre e gli “Horti”, passati nel frattempo in proprietà a Valerio Asiatico e poi a Messalina, moglie dell’imperatore Claudio, che venne qui giustiziata, vissero un periodo di abbandono fino a quando vennero acquistati dal Cardinale Ferdinando de’ Medici che affidò all’architetto Bartolomeo Ammannati l’ambizioso progetto di ricreare un luogo perfetto in uno spazio chiuso a immagine dei giardini antichi. Nasce così Villa Medici, perfetta sintesi di quello che Ernst Robert Curtius, erudito del nostro tempo, ha definito “paesaggio ideale”.
Per oltre un secolo la villa fu uno dei luoghi più eleganti di Roma e sede degli ambasciatori del Granducato di Toscana alla Corte papale. Con l’estinzione della linea granducale dei Medici, la villa passò alla Casa dei Lorena e, messa in vendita, fu acquistata, nel 1803, da Napoleone Bonaparte che vi trasferì l’Accademia di Francia, prestigiosa istituzione culturale che ha visto tra i suoi direttori Jean-Auguste-Dominique Ingres e Balthus, pseudonimo di Balthasar Klossowski, famoso pittore francese di origine polacca.
Ancora oggi i giardini della Villa, che si estendono per oltre 7 ettari, conservano in gran parte l’aspetto del XVI secolo con la pianta divisa in sedici quadrati e sei aiuole come volevano i principi di composizione dell’epoca, mentre i grandi saloni all’interno ospitano importanti mostre ed eventi artistici che costituiscono un prestigioso punto di riferimento per la vita culturale della città di Roma.
Articolo di Riccardo Bramante