Ultima
replica al Teatro Lo Spazio di Roma per “La Perdita” di Diana Ripani, con
Federica Carruba Toscano e Consuelo Giangregorio. Drammaturgia: Valentina
Cicioni. Musiche: Anthony di Furia. Scene: Stefano Boffi. Disegno Luci:
Alessandro Toccaceli e Gianluca Feliziani.
Testo
molto difficile e altrettanto il ruolo di Federica Carruba Toscano, giovane
promessa del Teatro che si è calata perfettamente nei panni di un’anziana con
la demenza senile. A farle da contraltare una giovane con una frusta, a rappresentare
le costrizioni che subiscono gli anziani quando non sono più autosufficienti.
Dopo “La Perdita” rivedremo Federica nello spettacolo in Tournée “Minchia
Signor Tenente” di Antonio Grosso e di “Immacolata” e sono in uscita due
Film “Il Tuttofare” per la Regia di Valerio Attanasio, per la
Televisione “Libero Grassi” per la Regia di Graziano Diana e l’Opera prima di
Giorgio Tirabassi “Il grande salto”. “La
Perdita” viene sottolineata durante lo spettacolo dal “clop” di una fontana.
Cos’è “La Perdita”?
Per noi più che di perdita
materiale è simbolo di un vuoto che non viene colmato. Quando perdi qualcosa di
materiale intorno a te c’è amore, rispetto ed è come se tu non avessi perso
nulla. La perdita di cui parliamo è quella di orientamento, di ruoli, di
rispetto e amore da parte di chi ci sta vicino.
Sei giovanissima e sei riuscita ad
entrare nelle vesti di una persona molto anziana che ha perso la memoria. Come
sei riuscita a far tuo il personaggio?
Paradossalmente, all’inizio ho
lavorato sul bambino molto piccolo per non cadere nel cliché di dover
raccontare il fisico di un anziano, cosa che ritengo molto più interessante e
quindi ho lavorato su qualcosa di interiore come la mancanza di equilibrio
quando iniziano a camminare, sulla capacità di passare dal riso al pianto con
estrema facilità; sull’attitudine ad offendersi facilmente, a sorridere se gli
dai un gioco. Su tutta l’estrema vulnerabilità. Nei bambini così come negli
anziani è come non avere la pelle. Partendo da lì sono passata a lavorare sulla
fatica, rallentare i movimenti fisici sarebbe stato un altro cliché, così ho
pensato di camminare in maniera faticosa e per me che sono giovane e faccio le
cose velocemente, è stato snervante. Se cerchi di percepire la fatica di dire
una parola, la fatica di alzare la testa, la fatica in tutte le cose che ho
osservato in tutte le persone anziane che ho intorno a me, può rimandare ad una
fatica ancora più grande che è quella fisica.
Cosa vi aspettavate dal pubblico?
Il
giorno della Prima sono rimasta abbastanza soddisfatta perché speravamo in
un’apertura da parte del pubblico, nel senso che le cose dette e fatte
potessero penetrare facilmente, senza doversi scervellare. Ci aspettavamo
un’empatia e devo dire che c’è stata. Non è un argomento molto affrontato e può
causare un po’ di risentimento. E’ una cosa che ovviamente può toccare un po’
tutti. La nostra regista Diana Ripani vuole rimarcare l’universalità sul
parallelismo nel caso specifico dell’anziana che ha perso la casa per
l’alluvione ed allargarlo a popoli interi verso i quali il Governo
approfittando dello Stato di emergenza, in maniera totalmente subdola per
metterli poi sotto dittatura o in uno stato di rottura dei diritti fondamentali
dell’uomo.
Elisabetta Ruffolo