Al Teatro Ghione fino al 5 novembre “Recital” di Gianfranco Jannuzzo e Renzino Barbera. Intervistare Gianfranco Jannuzzo è sempre un piacere, lo
seguo da tempo ma ogni volta colgo sfumature diverse. Partendo da "Recital" la
sua forma di spettacolo prediletta, abbiamo spaziato verso altri argomenti.
Orgoglioso di essersi “patentato” alla Scuola di Proietti che gli ha dato la
possibilità di destreggiarsi tra vari generi, riuscendo sempre a catturare la
complicità del pubblico. Lo fa anche in Recital in cui parla della sua
infanzia, della sua Terra in cui ci sono lavori in corso da secoli, del mare
che influenza l’umore e delle donne che sono Dio e Terra. Accompagna il
Pubblico alla risata ma diventa serio quando parla della sua terra che è
passata dallo Stupor Mundi di Federico II all’orrore delle stragi. Il pubblico
ammutolisce e lo segue, il silenzio viene rotto da un applauso lunghissimo e
Gianfranco ride perché ha piacere di accogliere l’abbraccio finale del
pubblico.
Recital,
perché?
È una forma di spettacolo che prediligo,
ciclicamente ho bisogno di saggiare il mio pubblico da solo ed è una
grandissima responsabilità perché stare da solo in scena per due ore,
ininterrottamente, per il pubblico è faticoso ma se io interrompo diventa
faticoso per entrambi. Per mia grande fortuna, mi sono formato alla Scuola di
Proietti e ne sono orgoglioso perché mi ha consentito di visitare tutti i
generi teatrali, il comico, il drammatico, la pochade, la commedia brillante,
quella musicale, senza fare alcuna distinzione di sorta. La disciplina è unica,
il rapporto che si crea con il pubblico è di grande complicità e non può che
essere quello. Tanto è vero che quest’anno dopo il Recital, riprenderò “Il
Berretto a Sonagli” di Pirandello e poi a dicembre, insieme a Deborah
Caprioglio, “Alla faccia vostra” una commedia francese di Pierre Chesnot, molto
divertente che sarà a Roma a marzo al Teatro Quirino. Recital è Un One Man Show
prevalentemente comico anche se in mezzo ci sono dei brani di sapore teatrale,
in cui si parla di sentimenti, pulsioni, esigenze, valori umani. Se lo merito mi fa piacere avere l’abbraccio
del pubblico. L’attore ha voglia di recitare e di comunicare e non c’è
comunicazione migliore di quella immediata e straordinariamente efficace come
quella che passa attraverso le tavole del palcoscenico. In questo spettacolo
metto insieme, i miei cavalli di battaglia cioè pezzi rodati che ho già provato
tante volte con il pubblico e molti dei quali sono già conosciuti e te li
richiedono, con pezzi di sapore diverso, inediti che costituiscono una sorpresa
per il pubblico.
Tra i tuoi cavalli di battaglia quale ami di più e perché?
Tra i pezzi più
famosi che il pubblico mi richiede sempre, c’è “I tre camerieri” che è stato lo
sketch con il quale mi sono fatto conoscere ed apprezzare. Sono molto legato ad
esso perché siccome adoro i dialetti, in quel modo un po’ virtuosistico ma in
realtà molto divertente, spiego la differenza tra i vari dialetti siciliani. La
sera della Prima non c’era, l’ho inserito dopo perché molti amici mi avevano
fatto i complimenti perché parlavo siciliano ed era facile essendo siciliano.
Gli ho risposto che in Sicilia, esistono vari dialetti come in tutte le altre
Regioni. Mi sono preso il compito di spiegare a questi amici, le varie differenze
e sfumature, usando il dialetto palermitano, catanese e messinese. E’ un pezzo
molto efficace e divertente, comico ma che riesce a mostrare un po’ di
virtuosismo.
La Sicilia è la terra dello Stupor Mundi
di Federico II° ma è anche la terra dell’orrore. Quanto è cambiata la Sicilia
da quando eri bambino ad adesso? Ci sono stati cambiamenti epocali e
fondamentali, purtroppo a causa di quel fenomeno terribile che ci affligge da
sempre. Federico II° aveva lasciato una traccia indelebile per tutti i siciliani
già dalla nascita ossia la capacità imprescindibile di vivere e condividere con
culture diverse se non opposte alle nostre, a patto di rispettarle e di farle
rispettare. A quei tempi, in Sicilia potevano convivere culture diverse come
quella musulmana, araba. C’erano culture ebraiche importantissime già ad
Agrigento, la mia città natia. Arabi, Greci, Normanni hanno lasciato anche
monumenti straordinari come la Cattedrale di Palermo. I Romani che hanno lasciato templi
meravigliosi ed i più bei Teatri del mondo. Da queste Culture abbiamo preso il
meglio e nel nostro animo abbiamo la capacità di vivere con gli altri che per
noi sono fondamentalmente importanti. E’ dal confronto con gli altri che nasce
la nostra complessità di siciliani che adopero come metafora, la complessità e
ricchezza che siamo noi italiani e che agli occhi degli altri siamo
interessanti proprio perché così diversi tra di noi.
La Sicilia è cambiata molto perché a causa delle stragi così terribili, contro
Falcone e Borsellino e le rispettive scorte, si è creata una linea di
demarcazione molto netta tra il prima ed il dopo. Prima di allora, qualche
siciliano a qualunque livello, girava la faccia per non ammettere. Dopo quelle
stragi ci siamo riuniti, prendendoci per mano, per dire “adesso basta”. C’è stato un cambio anche nell’atteggiamento
e nell’insegnamento ai giovani. Si cominciarono a diffondere notizie per dire
che i mafiosi sono il male assoluto, sono dei vigliacchi, sparano alle spalle.
Non sono uomini d’onore! Che onore c’è ad uccidere un bambino ed a scioglierlo
nell’acido? Che onore c’è a chiedere il pizzo a qualcuno che lavora per portare
a casa il pane ai propri figli? Che onore c’è ad uccidere un Carabiniere che
stava facendo il suo lavoro per 1000 euro al mese? Sono dei disonorati, dei
fetenti, escrementi umani ma non uomini d’onore. Per fortuna questa cosa ha
attecchito nelle nuove generazioni ma anche in quelle vecchie che hanno sentito
finalmente il dovere di insegnare queste cose. È cambiata eccome la Sicilia!
Elisabetta
Ruffolo