Internet Haters: chi sono e perché odiano online
senza apparente motivo? Introduzione e commento al docu-film “The Internet
Warriors” (2017) di Kyrre Lien. di
Andrea Giostra.
Con il temine anglosassone Internet Haters (I.H.), gli esperti di
comunicazione e la comunità scientifica internazionale definiscono persone che
dietro un alias virtuale o reale,
utilizzano le varie piattaforme internet per esprimere il loro odio verso altre
persone, verso alcune specifiche categorie di soggetti, verso un’idea, vero un
oggetto. In italiano si potrebbe tradurre con “quelli che odiano su internet”.
Quello che proveremo a fare con questo breve
scritto è dare delle motivazioni sociali e culturali, che facciano comprendere
perché queste persone esprimono il loro odio via internet, e al contempo,
proveremo ad identificare alcune categorie di soggetti che possano dare delle
spiegazioni, non esaustive, a questo fenomeno in forte crescita internautica.
Gli Internet Haters, di fatto, sono tutte
quelle persone che usualmente utilizzano i social
e le varie piattaforme internet, per “eruttare” il loro odio nei confronti di
un’altra persone persona, nei confronti di un luogo, un film, un libro, uno
spettacolo, un artista, un’idea, etc... I nickname
che queste persone utilizzano, qualche volta sono reali, nel senso che
utilizzano il loro vero nome, molto più spesso sono nomi inventati per non
essere riconoscibili e rintracciabili.
Gli I.H. non sono persone che possono essere
classificate all’interno di un’unica specifica categoria di soggetti. Recenti studi
e ricerche sociologiche realizzate da diverse università, sia italiane che
straniere, hanno portato alla conclusione che gli I.H. rappresentano tutti gli
strati sociali, culturali, professionali, politici, religiosi, etnici, etc…
Questo per dire che gli I.H. non si possono etichettare in un’unica categoria
socio-culturale, né si possono classificare all’interno di una specifica
patologia psichiatrica, qualora si volesse definirli clinicamente.
Altri esperti di comunicazione internautica
e di psicologia sociale, definiscono gli Internet Haters come utenti web che
esprimono odio e insulti ogni volta che non sono d’accordo con qualcosa o
qualcuno. Attraverso le loro azioni web e i loro commenti postati nei vari
portali social, cercano di diffondere
opinioni negative e di attaccare violentemente una persona, un’idea, un oggetto.
Gli I.H. possono anche vestire i panni dei cosiddetti “Tròll”: utenti internet che con le loro azioni web intervengono
all’interno di determinate comunità virtuali in modo provocatorio, offensivo,
insensato, senza argomenti credibili o convincenti, al solo scopo di delegittimare
qualcuno o qualcosa, disturbare le normali comunicazioni e interazioni tra gli
utenti di quella determinata piattaforma o gruppo di discussione virtuale, provando
a creare scompiglio, confusione, delegittimazione, disorientamento.
Sia gli Internet
Haters che i Tròll, vengono
definiti come soggetti bigotti, razzisti, pusillanimi, con un livello culturale
basso o bassissimo (anche se in possesso di diploma di laurea o di titoli di
studio!), insicuri, con una struttura di personalità fragile e adolescenziale, con
una scarsissima autostima, con una identità personale debole, che godono nel
gettare veleno, delegittimazione e scompiglio sul popolo di Internet.
Un’altra variante degli Internet Haters è
rappresentata da coloro che nei portali social
segnalano anonimamente al gestore del portale (Facebook tra tutti) come spam o
come post violenti, illegali o impropri, quei post che non condividono e verso
i quali hanno totale dissenso. È un modo questo estremamente pusillanime di
colpire indirettamente determinati post attraverso un’azione di segnalazione
falsa, per fare in modo che il loro “utente-bersaglio” venga bloccato o
limitato, nelle azioni di utilizzo della sua pagina web, dai gestori del
portale (tra tutti, per esempio, Facebook).
Gli Internet Haters sono persone che odiano
e aggrediscono proprio perché non hanno argomenti per contrastare
dialetticamente e culturalmente l’oggetto che scatena in loro paura e timore.
Non hanno argomenti e quindi odiano offendendo e cercando di distruggere
virtualmente l’oggetto del loro odio. Questo aspetto comportamentale, che si
manifesta con delle azioni virtuali (post, messaggi, tentativi di bloccare
quello specifico profilo, etc…), in un certo qual modo, per gli I.H.,
rappresenta una sorta di regressione ancestrale all’“uomo delle caverne”, ai
trogloditi dell’età della pietra per intenderci, dove si presume che i
contrasti e le diatribe tra membri della stessa tribù, venissero decise a
favore di chi urlava maggiormente e/o di chi faceva baccano in modo più
fragoroso. Nell’età della pietra, sostengono alcuni esperti del settore, non
contavano nulla le reali ragioni dell’uno o dell’altro, ma l’aveva vinta
semplicemente chi urlava nella faccia dell’altro in modo più poderoso e assordante.
Ecco, da questo punto di vista, l’I.H. è colui che inconsciamente ragiona
proprio come un troglodita: «il mio odio
nei tuoi confronti lo esprimo gridando virtualmente offese e calunnie, per dimostrare
a tutto il popolo web che rispetto alla tua idea e alla tua persona, io ho
“ragione” e tu “torto”!»
Quello che i recenti studi di questo
fenomeno hanno rilevato è che tutti gli Internet Haters sono accomunati dallo scarso
livello di tolleranza per tutto ciò che è diverso da loro, per tutto ciò che
non conoscono, per tutto ciò che immaginano minaccioso nei loro confronti, nei
confronti degli individui della loro stessa categoria sociale e culturale, e,
per certi versi, per tutto ciò che immaginano minaccioso nei confronti della
loro famiglia e dei loro cari. Questa è la motivazione principale che fa scaturire
in questi soggetti l’odio che li porta ad utilizzare internet per cercare di distruggere
virtualmente quanto risulta loro una potenziale e pericolosa minaccia.
In sintesi, seguendo questo ragionamento,
l’Internet Hater è mosso dalla “paura”.
Ma cos’è la paura?
Treccani ci spiega che la «Paura
è uno stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di
ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto
che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone e le
circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il
pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia
imminente.»
Ebbene, la definizione di Treccani ci aiuta
ad inquadrare gli I.H. all’interno di una macro categoria di persone che è
quella di “coloro che hanno paura e per
ciò odiano”.
Gli Internet Haters, da questa prospettiva, sono
tutte persone che certamente hanno paura (inconsciamente o consciamente) di
qualcosa. L’odio in questi soggetti nasce dalla paura nei confronti della
categoria di persone, dell’oggetto, dell’idea che temono, e proprio perché
temuto va prima odiato, poi attaccato e infine distrutto virtualmente con tutti
i mezzi di cui dispongono; nello specifico, l’attacco e il tentativo di
distruzione di chi si ha paura, viene messo in atto attraverso i mezzi di
comunicazione delle nuove tecnologie informatiche che comportano uno scarso
rischio di essere individuati e di essere a loro volta attaccati. Un’azione, questa,
mossa da soggetti codardi in quanto l’attacco messo in atto non prevede un
contradditorio e un uscire allo scoperto manifestando le proprie ragioni
rispetto al tentativo di distruggere chi si odia o di motivare da cosa nasce
l’odio; bensì, è un attacco mancino e clandestino di chi non vuole mettere a
repentaglio la propria persona e la propria identità: “lancio la pietra per colpirti nascondendo virtualmente subito dopo la mia
mano”.
Uno degli interessanti risvolti di questo
fenomeno è quello politico. Alcuni soggetti che vogliono accelerare la loro
carriera politica, infatti, sapendo ben cogliere la frustrazione e l’odio di
centinaia di migliaia di persone verso una specifica categoria di soggetti,
ovvero, verso un determinato soggetto pubblico, diventano e vestono i panni del
“paladino demolitore” di questi “pubblici bersagli”, ritrovando l’immediato
consenso e sostegno virtuale di tutti coloro che la pensano come lui.
Classici esempi riportati dalla letteratura
del settore, sono le azioni di odio razziste e xenofobe.
Per continuare il nostro ragionamento, è
opportuno richiamare qui le definizioni di razzismo e di xenofobia, facendoci
aiutare ancora una volta da Treccani.
«Razzismo. Ideologia, teoria e prassi
politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze
umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di
altre «inferiori», destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni
e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la
«purezza» e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore:
il razzismo nazista, la dottrina e la prassi della superiorità razziale ariana
e in particolare germanica, elaborata in funzione prevalentemente antisemita;
il razzismo della Repubblica Sudafricana, basato sulla discriminazione razziale
sancita a livello legislativo e istituzionale (v. apartheid); il razzismo
statunitense, riguardo a gruppi etnici di colore, o anche a minoranze diverse
dalla maggioranza egemone. Più genericamente, complesso di manifestazioni o
atteggiamenti di intolleranza originati da profondi e radicati pregiudizî
sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed emarginazione nei
confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali
diverse, spesso ritenute inferiori: episodî di razzismo contro gli extracomunitari.»
«Xenofobia. Sentimento di avversione
generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si
manifesta in atteggiamenti e azioni d’insofferenza e ostilità verso le usanze,
la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi, senza peraltro comportare
necessariamente una valutazione positiva della propria cultura, com’è invece
proprio dell’etnocentrismo; si accompagna spesso a un atteggiamento di tipo
nazionalistico, con la funzione di rafforzare il consenso verso i modelli
sociali, politici e culturali del proprio paese attraverso il disprezzo per
quelli di altri, ed è perciò incoraggiata soprattutto dai regimi totalitari.»
Non occorre approfondire molto questa parte
del ragionamento – la letteratura è strapiena di saggi e di scritti sui temi
del razzismo e della xenofobia utilizzati cinicamente per fini politici -
perché tutti quanto sappiamo bene, dalla storia e dalla politica recente e
passata, che molti partiti politici, di oggi e di ieri, sono nati e nascono
proprio da sentimenti di incontrollato e viscerale razzismo e/o xenofobia.
L’elemento che ci interessa qui è invece
quello della “paura”. Anche in questi casi, nei casi di odio internautico mossi
dal razzismo e dalla xenofobia, quello che muove l’azione dell’I.H. è la paura.
Per coloro che sono mossi da sentimenti
razzisti, la paura nei confronti di una presunta “razza inferiore” che possa
prendere il sopravvento e inquinare la presunta “razza pura” – della quale
l’I.H. ritiene di far parte! - alla quale assicurare, con le loro azioni sul web,
il “predominio”.
Per coloro che sono mossi da sentimenti
xenofobi, la paura nei confronti dello “straniero” e di tutto ciò in cui i
nostri Internet Haters non si riconoscono dal punto di vista della cultura, dei
costumi, delle usanze, della politica, della religione, etc….
È, in estrema sintesi, la “paura” che domina gli Internet Haters.
La loro paura nei confronti di qualcosa che immaginano – in una sorta di persecuzione
allucinatoria – minaccioso e pericoloso. La paura in qualcosa che possa
accadere imminentemente, e per questo la loro re-azione deve essere tempestiva
e violenta proprio perché possa frenare, arrestare e distruggere l’“oggetto”
della loro paura. Un oggetto che, come abbiamo visto, può assumere “connotati” e
caratteristiche diversi: un “popolo”; una “razza”; una “cultura”; un’idea; un
personaggio; un evento; etc…. Gli I.H. sono soggetti nei quali la “paura”
germoglia dall’evidente ignoranza, dalla scarsa cultura, dalla scarsa
tolleranza, dall’insicurezza, da una personalità facilmente vulnerabile, da una
identità personale rimasta infantile o adolescenziale, da torti reali o
presunti subiti in passato e mai metabolizzati.
Gli Internet Haters, in sostanza, sono soggetti
vittime della loro stessa paura, della loro scarsa cultura ed esperienza di
vita, della loro personalità incompiuta e facilmente vulnerabile.
È proprio questo il motivo per il quale
molti degli Internet Haters si identificano, per compensare la loro identità
fragile e vulnerabile, con determinati gruppi sociali o con determinate
ideologie: con la propria squadra sportiva, con un gruppo ideologico
estremista, con una nazione, con un gruppo sociale, con un partito politico, con
un gruppo religioso, etc…. Rinunciano pertanto alla loro identità incompiuta,
per sostituirla integralmente con quella del gruppo o dell’ideologia che hanno
scelto e con il quale si identificano totalmente vestendone pubblicamente, per
esempio, anche i caratteri identificatori: la maglia di quella squadra
sportiva, abiti che richiamano vistosamente la bandiera della propria nazione, accessori
che portano il simbolo di quel gruppo ideologico, simboli e gadget che
richiamano il gruppo religioso o politico, tatuaggi simboli e rappresentativi
di quella specifica identità ideologica, etc….
È molto interessante il docu-film “The Internet
Warriors” (pubblicato nel marzo 2017 su YouTube, il cui link troverete alla
fine di questo scritto) ideato e realizzato dal regista svedese Kyrre Lien
che nel Natale del 2014, un po’ per curiosità, un po’ per gioco, iniziò a
ricercare su internet i commenti che esprimevano odio e intolleranza. Lien
racconta di essere rimasto affascinato dai tantissimi commenti che esprimevano
odio, ma che esprimevano anche tanta ignoranza da parte di questi Internet
Haters. Ignoranza perché leggendo i loro commenti, Lien si accorse che queste
persone conoscevano poco quello che attaccavano. L’azione di odio espressa attraverso
i social e internet era mossa da
pregiudizi, da pre-concetti, da stereotipi mai messi in discussione e mai
sindacati da parte di questi I.H.. L’“assioma” che evidenziò Lien fu quello di
un forte pregiudizio nei confronti di una categoria, di un soggetto, di un
oggetto, di un’idea; pregiudizio dal quale scaturivano tutte le azioni di odio
e di intolleranza internautica espressa attraverso decine o centinaia di commenti
distruttivi e di odio feroce.
Per realizzare il suo documentario, Lien iniziò
a guardare i profili Facebook di questi I.H., e si accorse che erano persone apparentemente
normali, che avevano una famiglia, un lavoro, una casa, ma che online si
trasformavano in terribili e spietati Internet Haters. Iniziò così la sua
ricerca in questo mondo. Lavorò per ben tre anni all’interno di questo universo,
e alla fine realizzò un interessante documentario che prevede l’intervista dal
vivo di queste persone, anche per vedere se intervistate dal vivo e offline,
avrebbero espresso lo stesso odio e la stessa intolleranza nei confronti di
quello che normalmente attaccavano con i loro commenti online. Lien individuò i
commentatori più estremisti e che frequentavano internet più assiduamente; iniziò
a contattare diverse di queste persone che per ben tre anni aveva seguito
online. La maggior parte di loro, però, non fu disposta a farsi intervistare
dal vivo e con una telecamera. Già questo dato è interessante proprio perché:
l’elemento del rimanere anonimi, in una posizione da pavidi, viene confermata
dai contatti e delle risposte che Lien ebbe via internet da queste persone.
Solo pochi di loro si resero disponibili per
essere intervistati e ripresi da Lien con una telecamera, e sono per lo più
quegli I.H. che hanno delle apparenti “ragioni” di odio verso determinate
categorie di persone o di classi sociali. In sintesi, le “ragioni” di queste
persone che hanno accettato di essere intervistate, appartengono alle categorie
che abbiamo definito con motivazioni razziste o xenofobe.
Lien, dopo aver conosciuto personalmente gli
I.H. che si sono resi disponibili per il suo documentario, dopo essere stato
nelle loro case, dopo aver parlato con loro ed essersi confrontato rispetto ai
temi di odio, dopo aver girato le riprese, ha fatto alcune interessanti
considerazioni su queste persone conosciute realmente: «Moltissime di queste persone vivono nella solitudine, sono consapevoli
che la società li ha traditi e lasciati ai margini. Molte di queste persone
sono state vittime di bullismo. Alla fine – continua Lien - ho imparato che queste persone sono in grado
di cambiare se noi li aiutiamo a cambiare. Non possiamo chiudere gli occhi e
pretendere che queste persone non esistano se vogliamo cambiare il modo di
discutere e di comunicare online. È importante ascoltare queste voci, adesso.»
Credo che le parole di Lien, dette in modo
spontaneo e senza sovrastrutture culturali interpretative di stampo sociologico
o clinico, siano le migliori per chiudere questo breve articolo sugli Internet
Haters, che lascia chiaramente tanti punti di domanda e tante questioni aperte
per ulteriori confronti e discussioni che spero vengano ripresi e stimolati dai
lettori con i loro commenti su questo articolo, ma anche da altri studiosi e
ricercatori.
Post
Scriptum:
Una breve scheda che sintetizzi questo
articolo, con le “caratteristiche” e le “azioni” che identificano gli Internet
Haters, credo a questo punto sia necessaria:
Alcune
delle caratteristiche
comportamentali
e di personalità
|
Azioni
virtuali messe in atto
|
Soggetti bigotti, cocciuti, testardi
|
Postare continue offese non motivate.
|
Razzisti
|
Post di odio e di intolleranza.
|
Xenofobi
|
Postare commenti senza senso per
delegittimare qualcuno o qualcosa.
|
Pusillanimi, vigliacchi.
|
Postare continui attacchi virtuali senza
adeguati argomenti e/o contenuti a sostegno delle loro posizioni che siano un
minimo attendibili e culturalmente condivisibili.
|
Livello culturale basso o bassissimo
(anche se in possesso di diploma di laurea o di titoli di studio superiori).
|
Azioni virtuali di segnalazione ai gestori
del portale (per esempio Facebook) che quel post o quel commento è spam o
illegale.
|
Struttura di personalità fragile e
adolescenziale.
|
Continui tentativi per bloccare il loro
“utente-bersaglio” segnalandolo al gestore del portale.
|
Scarsa autostima.
|
Inviare contini messaggi privati di
delegittimazione agli amici virtuali del loro “utente-bersaglio”.
|
Identità personale debole; Struttura di
personalità incompiuta; Struttura di personalità infantile o adolescenziale.
|
Inviare messaggi a tutto il popolo web che
il loro “utente-bersaglio” è un hacker per bloccargli il profilo.
|
Godono nel gettare veleno e nel
delegittimare il prossimo.
|
Postare anonimamente nel profilo del loro
“utente-bersaglio” contenuti e post illegali o volgari.
|
Vittime delle loro paure; Insicuri;
Fragili e vulnerabili interiormente.
|
Postare commenti nel profilo del loro
“utente-bersaglio” che questi è un soggetto pericoloso e da evitare.
|
Non hanno mai una sufficiente conoscenza
dell’oggetto del loro odio.
|
Postare dei commenti nella pagina del loro
“utente-bersaglio” con i quali sostenere di conoscere quella persona e di
sapere che ha problemi psichiatrici o è una persona malata.
|
Mossi da pregiudizi, preconcetti,
stereotipi.
|
Postare dei commenti nella pagina del loro
“utente-bersaglio” con i quali sostenere di conoscere quella persona e di
sapere che ha problemi giudiziari o è un delinquente.
|
Persone che soccombono al successo altrui;
Soffrono nell’apprendere che loro simili hanno successo; Invidiosi del benessere
e della felicità altrui.
|
Postare commenti diffamatori e negativi
contro tutti coloro che hanno successo; Successo che ritengono non sia
meritato ma solo frutto di raccomandazioni e/o di fortuna sfacciata.
|
Link:
ANDREA
GIOSTRA
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