Libri, “Tokyo all’improvviso” di Claudia Fambrini: la recensione di Fattitaliani

Claudia Fambrini, “Tokyo all’improvviso”, Rupe Mutevole Ed., Bedonia, 2016.

«Montagne e fiumi si possono spostare, ma la natura di un uomo non si può spostare» … se Claudia Fambrini avesse conosciuto questo antichissimo detto giapponese, probabilmente non sarebbe rimasta delusa dalla relazione con un ricco uomo d’affari giapponese che l’ha prima sedotta e poi abbandonata tra i rivoli di una cultura così affascinante perché così distante da quella del Bel Paese. Il brevissimo resoconto di Fambrini racconta al lettore le vicissitudini, le aspettative, le speranze, l’incontro e lo scontro con un uomo di radicata cultura nipponica, amante della natura e delle nature italiche, e per questo disposto a camuffarsi per goderne e per sperimentarla nell’intimità. 
È vero, d’altra parte, che il miglior modo per assaporare una cultura diversa dalla nostra è quella di immergersi dentro una relazione amorosa, perché è risaputo che solo in questo modo se ne gustano pregi e se ne conoscono le differenze sostanziali con quella che ci ha forgiato nel pensiero e nella ragione. 
È estremamente ingenuo pensare o sperare di modificare col solo pensiero dell’amore e dell’affetto la natura più intima della persona che amiamo o desideriamo; impossibile quando questa è nata e cresciuta in un contesto che nulla ha da spartire col quello che ci appartiene dalla nascita. Le differenze spesso sono affascinanti e ammalianti, e per questo stesso motivo ci attraggono inesorabilmente. Una sana relazione si basa sempre sulle rinunce più che sull’omogeneità. E questo è un altro degli inesorabili errori che l’uomo di tutti i tempi diabolicamente commette. 
In una coppia non si è più se stessi, ma non si è neanche l’altro. Una coppia si fonda sulla reciprocità, e questo comporta un riadattamento duale per divenire altro rispetto a quello che si era prima di condividere la propria vita con la persona amata. Ebbene, questa verità largamente riconosciuta, non sempre è così evidente quando siano noi i protagonisti. È questa la storia di Fambrini, in uno scenario che si sposta repentinamente tra la Toscana e la metropoli giapponese.
La narrazione è come un navigare in una barca a vela dai primi bordi, dove lo skipper è passeggero e comandante; dove l’ormeggio e il disormeggio sono affidati all’osservatore ignaro dei fondali e degli attracchi; dove il navigare è in superficie e non consente soste immersive per ammirare i fondali; dove la successione tra le descrizioni di paesaggi e di contesti e le emozioni affogano in strozzature narrative pudiche; dove il non detto primeggia sul detto; dove il sentimento è descrittivo più che pathos-logico. Spogliarsi al proprio lettore non è metafora dell’arte del burlesque: ci vuole più coraggio intellettuale nel narrare della propria intimità che nell’essere naturalmente disinibiti davanti al proprio amante. È questo quello che recupero dalla lettura della prima opera breve di Fambrini che mi sento di condividere con chi leggerà queste poche righe che vogliono incuriosire il lettore e condurlo ad acquistare “Tokyo Suddenly”.
ANDREA GIOSTRA.
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Fattitaliani

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