di Domenico Logozzo* - GIOIOSA JONICA
(Reggio Calabria) - La buona scuola. La scuola del fare. Il Sud non
sta a guardare. Propone positività che rompono il muro
dell’indifferenza e del pregiudizio.
Avviene in realtà molto
difficili, colpevolmente abbandonate, spesso ingiustamente denigrate,
coperte da umilianti palate di fango. Si reagisce. Si creano nuove
opportunità di studio. Per il bene comune. Non uno slogan, ma un
dato di fatto. C’è tanta voglia di fare, con tante menti
illuminate che fanno sventolare le belle bandiere della cultura. E’
così che anche nella bistrattata Locride fioriscono buone
iniziative. Altro che rassegnazione! Qui si progetta e si fa.
Progetti-pilota molto apprezzati. L’Associazione Museo della Scuola
“I Care” di Siderno
ha organizzato il nuovo viaggio di studio di fine agosto a Matera,
dopo essere stati nei luoghi di don
Milani
a Barbiana e di don
Bosco
a Torino.
“Per cimentarsi
autorevolmente con le sfide educative del nostro tempo, la scuola
italiana, fortemente ispirata da pensatori “rivoluzionari” di
cultura cattolica, come Lorenzo Milani e Giovanni Bosco, deve
ancorarsi sempre di più alla cornice culturale europea e attingere
ai processi evolutivi della nostra civiltà”, spiega il prof.
Vito Pirruccio,
dirigente scolastico e presidente dell’Associazione. E sottolinea:
“Matera, non è un caso, è stata eletta a simbolo della Cultura
Europea 2019. Sul versante educativo la cultura europea è forgiata
dal quel pensiero pedagogico che ha segnato non solo la scuola
italiana, ma il pensiero pedagogico moderno nel suo complesso. Sia la
Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, come testimonia Lettera
a una professoressa,
sia l’Opera Salesiana e la scuola
del fare
di Don Bosco, sono nate dentro un contesto contadino di cui la
cultura rupestre è l’antico simbolo sul quale poggia le fondamenta
anche la nuova Europa. Se quell’humus culturale è stato l’alimento
dei due più originali segmenti formativi prodotti dal nostro sistema
pedagogico, significa che molto ha da dire, ancora, all’Europa
smarrita di oggi. Gli insegnanti, per essere ottimi educatori, devono
stare dentro questo fermento culturale e la scelta di Matera va in
tale direzione. E poi l’hinterland materano è un esempio,
anch’esso originale, di come quella che fino a pochi anni fa
rappresentava una marginalità economico-sociale (penso agli scritti
di Rocco Scotellaro o di Carlo Levi), è diventata un’area
significativa del Mezzogiorno oggetto di studio, di valorizzazione e
di riscatto di quell’Europa in cerca affannosa delle proprie
radici”.
Come è nata e
quali obiettivi intende raggiungere l’associazione che lei
presiede?
“E’ nata per
fare rete, per realizzare uno spazio culturale e di incontro animato
non solo da insegnanti e personale della scuola, ma da tutti coloro i
quali vogliono stare sulla breccia delle nuove sfide educative.
L’obiettivo, oggi solo a livello progettuale, è di realizzare uno
spazio museale che custodisca quanto prodotto dalla scuola della
Locride dall’Unità ai giorni nostri. Nel fare memoria, la scuola
deve essere in grado di proiettarsi sul mondo di oggi e fare suo
quanto racchiuso in quello che io chiamo il “manifesto educativo”
di Leonardo Trisciuzzi: “La
scuola è quel luogo in cui si educa attraverso la cultura, intesa
come l’insieme dei codici del vivere e del sapere che consentono
all’alunno di possedere una bussola nel labirinto chiassoso del
mondo. Gli insiemi di tali codici dovranno sviluppare la criticità
del pensiero, l’autonomia di giudizio e la razionalità delle
azioni”.
Quanta
attenzione c’è nei confronti di queste iniziative?
“La scuola
italiana, compresa quindi la scuola della Locride, ha al suo interno
più fermento culturale di quanto una certa pubblicistica mediatica
cercherebbe di far passare. Ancora, fortunatamente, esiste in questo
mondo costituito da docenti, dirigenti, personale ATA, un pensiero e
una dedizione quotidiana di donne e uomini di scuola con la giusta
carica per affrontare le sfide educative di questa nostra “società
liquida”. Esperienze formative molto importanti. L’Associazione
si ispira principalmente agli insegnamenti di don Milani. Sia per la
sua metodologia inclusiva sia per il target di riferimento (fare
tesoro delle “buone pratiche” che la scuola esprimere),
l’Associazione è imperniata sul pensiero della Scuola di Barbiana.
Adottato, infatti, lo stesso motto “I Care!” (mi interessa, mi
sta a cuore. Direbbe Don Milani: “Il motto è l’espressione dei
giovani contestatori americani che è l’opposto del motto fascista
“Me ne frego!”) “.
Quanta attualità
si può cogliere nei messaggi di don Milani?
“Due messaggi
pedagogici della Scuola di Barbiana sono più che mai attuali, perché
rendono il pensiero di don Lorenzo Milani, a distanza di mezzo
secolo, fortemente illuminante per il presente. Il primo è tratto da
Esperienze
Pastorali:
“A noi (insegnanti,
ndr)
non interessa tanto colmare l’abisso di ignoranza quanto l’abisso
di indifferenza”. E’ il fulcro della missione educativa
dell’insegnante, ieri come oggi. Il compito del docente non è solo
quello di trasmettere conoscenze (oggi, peraltro, il miracolo della
tecnologia riversa sulla società una miriade di informazioni di
facilissimo accesso), ma principalmente quello di “dare forma” al
cittadino sovrano che sappia pensare con la propria testa. L’altro
messaggio è tratto dalla Lettera
ad una professoressa:
“Se si perde loro (gli ultimi) la scuola non è più scuola. E’
un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Ancora oggi,
bisogna purtroppo ammetterlo, il problema della scuola è
rappresentato dai “ragazzi che perde”. Resta altissimo il tasso
di dispersione nella scuola italiana e, specie al Sud, i livelli di
conoscenza negli ambiti monitorati dall’OCSE sono di gran lunga
inferiori alla media europea. Tanto per intenderci, la Calabria ha
una media in ambito linguistico e matematico in linea con quelli
della Turchia. Se la scuola fallisce sul suo terreno principale, farà
aumentare le disuguaglianze e si trascinerà nel baratro l’intera
società”.
Lo scorso anno
avete compiuto a Torino il viaggio studio per il bicentenario della
nascita di Don Bosco, fondatore dell’Opera Salesiana “dentro il
percorso della Scuola del Fare tipica della pedagogia salesiana”.
Quali i risultati pratici?
“Per troppo tempo
la scuola, in generale, si è cullata sulle conoscenze, essendo
l’istituzione scolastica la sola detentrice di questo bagaglio
trasmissivo. Oggi, come ho detto prima, non è più così: le grandi
reti informatiche e comunicative offrono una vasta gamma di
conoscenze in tempo reale e non esiste mente umana che possa
contenerle. Rimane il compito di selezionare le conoscenze per
trasferirle ai soggetti in formazione e rendere questi ultimi capaci
di proiettarle nei vari campi dell’agire e realizzare solide ed
autentiche competenze. Si colloca su questo versante il ruolo
insostituibile del docente. Ma per raggiungere tale obiettivo, la
scuola da “aula di trasmissione” deve trasformarsi in “aula
laboratorio” e, specie, per i ragazzi drop
out
(a rischio dispersione) questi nuovi modelli organizzativo-didattici
(come l’esperienza salesiana) devono essere la costante
dell’insegnamento se vogliamo conquistare i ragazzi all’ambiente
educativo protetto e costruire intorno a loro strutture formative
inclusive”.
La scuola del
profondo Sud si propone come moderno laboratorio formativo, si
proietta dunque nel futuro con progetti ambiziosi e all’avanguardia
europea. Altro che formazione scolastica di serie B! Importanti
messaggi di fiducia, per il corretto sviluppo e per l’effettiva
rinascita della Calabria e dell’intero Mezzogiorno. La cultura del
progresso civile contro l’incultura delle forze antisociali. Una
sfida che si può e si deve vincere.
*già
Caporedattore TGR Rai