Fino
al 5 giugno, al Teatro dei Conciatori di Roma Martha - la Memoria del
sangue. Con Caterina Campo e Valentina Pescetto. Alla sua prima
regia: Riccardo Italiano. Lo spettacolo è sulla storia di Martha
Graham, ideatrice della danza moderna ed il regista ne fa una messa
in scena giocata sui contrasti: il bianco ed il nero, la gioia ed il
dolore, le emozioni che vibrano e le paure che spesso ci attanagliano
e non ci fanno andare dove vorremmo. Martha c’è riuscita e così
come dice Riccardo Italiano, speriamo che possa essere un esempio per
tanti per arrivare a ciò che si sono prefissi. L'intervista di Fattitaliani al regista.
Sulla scena due donne,
una avvolta in un telo bianco e l’altra in uno nero. Come
scenografia un telo macchiato di sangue. Cosa rappresenta?
La storia umana di una
donna straordinaria, Martha Graham una grandissima artista. Il mio
spettacolo racconta la sua storia umana e lo fa in una maniera molto
particolare nel senso che in scena ci sono due donne: una dovrebbe
rappresentare la Martha in carne ed ossa, l’altra dovrebbe
rappresentare quella che è stata la sua anima, il suo spirito.
Queste due donne s’incontrano in questo luogo e l’unico elemento
presente è un drappo su cui è disegnata una ballerina fatta di
sangue a ricordare che non si può sfuggire al proprio destino.
Martha Graham è stata
una grande danzatrice e per esserlo ha rinunciato a tutto. Perché
spesso per diventare grandi si deve rinunciare a qualcosa?
Ricordo che molti grandi
attori hanno detto una frase che secondo me è meravigliosa “Per
fare il Teatro e per farlo bene bisogna rinunciare a tutto”
evidentemente loro l’hanno fatto. Purtroppo essere un
grande artista comporta inevitabilmente dei grandi sacrifici perché
questi artisti non sono solo grandi in facciata ma sono grandi perché
passano ore, giorni, settimane, chiusi in sala prove cercando di
perfezionarsi, di migliorare sempre più.
Nella pièce ci sono dei
riferimenti a miti greci come Giocasta, Medea. Perché?
L’origine della
drammaturgia, di questa memoria antica di cui io parlo, è una
memoria che trae origine dalla tragedia greca. Le vicissitudini di
queste donne di cui lei ha voluto ripercorrere la storia,
omaggiandole in alcune coreografie. Il riferimento alla tragedia
greca è un po’ per questo ed un po’ per il fatto che se questa
grande arte, la tragedia non si fosse sviluppata nell’Atene del V
secolo a.C. noi oggi non saremo qui, perché siamo suoi figli ed in
questo senso è un omaggio che un Figlio ha voluto dedicare ad un
Padre, ad un genitore grande che ha segnato la storia mondiale. Senza
dimenticare che il Teatro greco ha avuto l’incredibile capacità di
riunire tutta la popolazione perché la Tragedia era un rituale con
una forte valenza sociale.
Il riferimento a Giovanna
d’Arco, da parte di Martha che sente di essere presa dal Sacro
Fuoco dell’arte, qual è?
E’ il Fuoco che brucia
all’interno degli Artisti “Dannati” cioè quegli Artisti che
coltivano una lotta interiore potentissima con il proprio Io, cosa
che Martha ha fatto e questo fuoco che brucia dentro deve essere
motore, energia per far muovere i nostri corpi. Quando ci lasciamo
sopraffare da questo fuoco veniamo schiacciati, invece questo fuoco
deve essere un’energia che ci pervade e ci manda avanti.
Durante lo spettacolo,
emerge la grande energia di Martha che lottava contro le ingiustizie
umane e che ha detto no ai nazisti, rischiando di essere messa al
bando...
Ha fatto molte cose in
quegli anni, voleva che ragazzi di colore potessero assistere allo
spettacolo, voleva che artisti importanti potessero lavorare, cosa
che gli veniva impedita dal regime nazista. E’ stata una donna
molto forte soprattutto per quegli anni. Se vogliamo, genitrice di
una voce che ancora oggi fa molta fatica a farsi sentire. La violenza
maschile, tante volte spropositata, sotto molti aspetti è anche una
violenza ignorante. Figlia di una discriminazione che non deve più
esistere. Donne forti come Martha a noi uomini ci spaventano, ci
fanno paura.
Il femminicidio è la
stessa cosa?
Assolutamente sì. La
verità è che la donna è un essere incredibilmente meraviglioso su
questa terra. Il fatto che esistano questi episodi che oramai sono
quasi quotidiani è un motivo in più per dare valore alle voci
femminili che sono potenti.
Sei alla tua prima regia
teatrale, perché hai scelto questo testo?
L’ho scelto perché
ricordo ancora il giorno in cui ho avuto la fortuna di assistere ad
una coreografia Graham. Facevo uno spettacolo al Teatro Carcano di
Milano, all’interno di questo spettacolo era prevista questa
coreografia e ne sono rimasto affascinato. Non avevo mai visto
danzare in quel modo. Da quel momento ho deciso che volevo capire chi
fosse Martha Graham ed ho scoperto che oltre ad essere la grande
artista che tutti noi conosciamo aveva alle spalle una storia
meravigliosa che secondo me valeva la pena di essere raccontata. Ho
cercato di farlo senza cercare di offendere nessuno, soprattutto il
mondo della danza. Cercando di raccontare semplicemente una storia
che per me è stata meravigliosa.
Mi sembra di capire che
la Memoria del Sangue sia un testamento su ciò che ha fatto per
l’arte e che ha lasciato agli altri...
Sì, i giovani dovrebbero
poter raccogliere questa eredità perché sono eredità
importantissime. “Se non conosciamo il nostro passato non possiamo
guardare al futuro”. Riscoprire questa donna e ciò che ha
significato per il mondo della danza, ogni ballerino o chiunque si
avvicini al mondo della Danza, dovrebbe conoscere ed amare questi
personaggi perché grazie a loro, adesso si trovano la strada un po’
più spianata.
Elisabetta Ruffolo