Teatro Quirino, dal 28 aprile all'8 maggio mostra fotografica a cura di Nunzio Bruno sui pupi siciliani

Gli esperti “pupari” dell’"Associazione Culturale Don Ignazio Puglisi", svelano la magia dell’Opera dei Pupi, eletta dall’UNESCO “Capolavoro Orale e Immateriale dell’Umanità”.

Accompagnano un pubblico di adulti e bambini ad osservare da vicino queste autentiche opere d’arte, riccamente decorate e curate in ogni dettaglio.
Mostrano come i pupi vengono manovrati, raccontano la loro storia e i segreti di questa arte antica, per poi mettere in scena un vero e proprio spettacolo dove i Pupi interpretano le favolose gesta dei Paladini, nel più famoso degli episodi “La morte di Orlando”.

Dal 28 aprile all’8 maggio nella Sala Colonne del teatro Quirino sarà allestita, insieme all’esposizione dei Pupi, la mostra fotografica a cura di Nunzio Bruno “Il grido dei Pupi”

I Pupi sono una variante delle marionette, già esistenti in Italia a partire dal XVI secolo. L’aspetto caratteristico è che essi sono manovrati da un’asta di metallo rigida che aggancia la sommità del capo (detta “accroccu”) e da un’altra asta, sempre di metallo, che muove il braccio destro, conferendo maggior precisione e veridicità a tutta la dinamica.
Le storie narrate dai Pupi si rifanno al ciclo della “Chansonne de Rolande”, ma rivisitate in chiave popolare ed in dialetto siciliano.
I pupi si distinguono in due tipologie : quelli della Sicilia Orientale ( o di scuola Catanese ), più alti e pesanti, 130 o anche 150 cm di altezza per 30 chili di peso; e quelli della parte Occidentale (o di scuola Palermitana) più piccoli e maneggevoli, 80 cm per 10 chili circa.

NUNZIO BRUNO ha realizzato una singolare, quanto struggente, testimonianza del mondo e dell’epica dei Pupi Siciliani. Negli scatti di questa mostra, innanzitutto, egli li ha spogliati dalla retorica di un certo “sicilianismo”, per restituirli – umanissimi ma monumentali – ad una dimensione di pura astrazione; quasi metafisica, per certi aspetti.
Persino nella scelta rigorosa del bianco e nero contrastatissimo, l’Autore compie una scelta; coerente quanto dolorosa: rinunciare all’orpello del folklore per immergersi in una più intima comprensione della solitudine e della rabbia siciliana. Condizioni molto particolari, dunque, ma, proprio per questo, universalissime ed esemplari.
In questa bizzarra e sospesa atmosfera del sogno, i Pupi sono esseri viventi a tutti gli effetti. In grado di partecipare alla condizione umana, ma – al tempo stesso – di trascenderla, inoltrandosi in una condizione ancestrale e – perciò – senza tempo.
I pupi di Bruno sono vecchi e nuovi al contempo. Falsi e veri nello stesso istante.
Sono alieni come animali, ma familiarissimi come consanguinei. Sono innocenti come bambini, eppure carichi di una maliziosa sapienza che li assimila agli dei.

Sono complessi ed ambigui come solo i Siciliani sanno essere: poiché “lo spirito divino, entra in noi, e si fa Pupo.”
Fattitaliani

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