di Goffredo Palmerini - LONDRA
- Tra
gli innumerevoli aspetti dell’emigrazione italiana, che ancora
sfuggono ad una conoscenza non epidermica, ma seria e consapevole,
c’è la questione della comunicazione. Esiste, infatti,
un’insospettata e vasta rete di stampa italiana all’estero,
costituita da giornali, periodici, testate on line, radio e
televisioni.
Davvero un efficiente sistema di mezzi di comunicazione
che copre gran parte del pianeta, se si considerano i continenti e i
paesi raggiunti in un secolo e mezzo dall’emigrazione italiana.
Alto il potenziale dei lettori, sia tra gli oriundi italiani nel
mondo - che le stime attestano intorno agli 80 milioni - sia tra gli
italiani in patria. Una rilevazione di cinque anni fa ha censito
all’estero ben 775 testate: 455 tra giornali, periodici e testate
on line, cui s’aggiungono 274 radio e 46 televisioni che
trasmettono programmi in lingua italiana.
Dunque,
una potente rete di comunicazione in lingua italiana o bilingue
(italiano e idioma locale) che raggiunge ogni giorno milioni di
lettori e ascoltatori in oltre sessanta paesi, diventata più
pervasiva e penetrante con lo sviluppo del web su telefoni cellulari,
tablet, sui vari Social Network e Youtube. E tutto questo sebbene si
debba pure registrare come negli ultimi anni, a causa della crisi
economica di dimensione planetaria, molte testate ne abbiano
gravemente risentito, fino alla chiusura, specie in quei paesi dove i
morsi della recessione si sono fatti sentire di più falcidiando il
mercato pubblicitario, fonte rilevante di finanziamento del settore.
E tuttavia resta una rete d’informazione della quale non sempre si
ha un’avvertita percezione delle potenzialità. Se solo l’Italia
pensasse in una qualche maniera d’investire su una tale risorsa,
quanto se ne potrebbe ricavare in termini di promozione sul mercato
mondiale del made in Italy, del gusto e dello stile italiano, oltre
che della nostra lingua e cultura.
Dopo
questa premessa, facciamo un salto in Gran
Bretagna,
dove nel 2015 si sono registrati oltre 57mila arrivi dall’Italia,
con un aumento del 37 per cento rispetto all’anno precedente. La
Gran Bretagna, dove già la comunità italiana ha una significativa
dimensione numerica, è certamente uno dei paesi più scelti dalla
nostra nuova emigrazione che, nell’ultimo decennio, ha quasi
raggiunto il milione di espatri. Un’emigrazione certamente diversa
da quella delle ondate migratorie dei due secoli precedenti, e
nondimeno deve far molto riflettere. Si tratta, infatti, in gran
parte di giovani laureati, talvolta con master e dottorati nel loro
curriculum. Ma ora fermiamoci a Londra,
dove ormai vivono 250mila italiani, secondo i dati diffusi dall’Idos,
e consideriamo quanta importanza abbia, in un contesto del genere, la
comunicazione destinata alla comunità italiana.
E
dunque quanto sia stata rilevante la nascita a Londra
d’una
radio per gli italiani, LondonONEradio,
per iniziativa di un toscano emigrato nella capitale inglese, Philip
Baglini.
Una radio che sta raccogliendo consensi crescenti ed un successo
davvero molto lusinghiero. In effetti una radio italiana, prendendo a
prestito frequenze della Bbc, a Londra
era nata nel 1938, la famosa Radio
Londra.
Chiuse nel 1981. Ci ha pensato Philip
Baglini
a farla rinascere, sotto vesti sicuramente più adeguate ai gusti e
alle esigenze dei tempi. Filippo
Baglini
è nato a Pietrasanta,
in provincia di Lucca, ma è cresciuto a Pontasserchio,
un borgo proprio alle porte di Pisa.
All’Università di Pisa nel 2003 si è laureato in Fisica nucleare,
sebbene i suoi interessi abbiano anche spaziato nel giornalismo,
nella filosofia e nella teologia, oltreché in campo umanistico e
letterario dove ha esercitato la sua creatività scrivendo poesie e
racconti. Gli incontri con Alda
Merini
e Romano
Battaglia
lo hanno convinto a dare alle stampe i suoi lavori. Tre finora i
libri pubblicati, una silloge poetica (Cento
poesie d’amore)
e due volumi di racconti (Passi
nel silenzio, Intervista con le stelle).
Emigrato
oltre un decennio fa a Londra, Philip
Baglini
è amministratore delegato (Ceo) della International Communication &
Service Ltd (ICS), una società di comunicazione e servizi. Il suo
interesse per il giornalismo, l’attenzione verso la comunità
italiana, una spiccata sensibilità e il desiderio di sperimentare un
modello di comunicazione più adatto alle esigenze culturali e
sociali, lo hanno presto portato a fondare e dirigere l’Italoeuropeo,
testata on line prevalentemente in lingua inglese, con una redazione
di giornalisti italiani e inglesi, liberi e indipendenti, tutti
laureati ed esperti nei settori che vanno dall’editoria ai social
media, dalla scienza alla sociologia. E successivamente a far nascere
LondonONEradio,
un network di grande successo. La radio ha subito attirato
l’interesse del Consolato Generale d’Italia, che ha poi concesso
il suo patrocinio, e della stessa Rai, incuriosita dal palinsesto dei
programmi e dal linguaggio così apprezzato, specie dal mondo
giovanile. “Abbiamo
voluto far rinascere una radio per gli italiani a Londra –
afferma Baglini
-. Gli
italiani, ovunque si trovino, portano innovazione, creatività, senso
della bellezza, gusto, stile e passione. Proprio le caratteristiche
che ci hanno resi famosi nel mondo, le stesse sulle quali fonda le
basi il progetto di LondonONEradio.”
E
infatti è stato subito un successo, sia per il gradimento espresso
con gli ascolti da parte della comunità italiana, sia anche per il
pubblico crescente che segue da tutto il mondo in streaming
le trasmissioni, sul sito web della radio (www.londononeradio.com).
In poco più d’un anno oltre 500 giovani artisti da tutto il mondo
la radio ha proposto, realizzando eventi in diretta e concerti in
tutta Londra.
Oltre 65mila ascolti in totale e 413 trasmissioni in diretta (live
show) di eventi e concerti. Chiediamo a Philip
Baglini
di raccontarci questa avventura, ponendogli alcune domande.
Dottor
Baglini, qual è la cifra del successo di LondonONEradio, quali le
finalità della sua radio?
«L’intento
è quello di creare ponti tra le comunità italiane nel mondo e
favorire la diffusione della nostra cultura in tutte le sue forme ed
espressioni. Inoltre, contribuire a rafforzare i rapporti tra i
connazionali, far emergere nuovi giovani talenti musicali,
promuovendoli nel mondo grazie all’opportunità di stare a Londra e
di gestire una web radio ben strutturata, grazie al sostegno ricevuto
da numerose persone, e tra esse imprenditori italiani e londinesi.
Vorrei tuttavia sottolineare l'impegno sociale che la radio ha
immediatamente posto tra le sue prelazioni, sostenendo iniziative di
solidarietà verso malati e bisognosi. Senza eludere la necessità di
dar voce a chi non l’ha, agli emarginati. L’obiettivo di
contribuire ad un nuovo umanesimo per noi è prioritario».
Quali
valutazioni avete fatto per realizzare programmi che interessassero
la numerosa comunità italiana di Londra e dintorni, e in genere
dell’intera Gran Bretagna?
«La
nostra prima preoccupazione è stata quella di dare una svolta
all’informazione e alla qualità del linguaggio nella
comunicazione, nel raccontare storie ed eventi che incuriosissero gli
ascoltatori. Sopra tutto che richiamassero la loro attenzione su
programmi di servizio e d’utilità per i problemi di tutti i
giorni, come le nostre linee dirette con l'avvocato italiano, o con
il medico italiano, o con la psicologa italiana, e così via. Abbiamo
pensato che questi fossero i bisogni e le difficoltà di un italiano
che arriva in una qualunque città all’estero, che non conosce la
lingua o la conosce poco. Spiegare, farsi capire in situazioni
difficili o per problemi di salute è il primo ostacolo da
affrontare. Abbiamo perciò dedicato ampio spazio a rubriche
specifiche, al fine di creare con i podcast
una sorta di manuale che possa essere riascoltato in ogni momento.
Una parte importante del palinsesto è dedicata agli eventi in
diretta da Londra, fatti istituzionali o concerti. Prestiamo peraltro
molta attenzione al cinema italiano e internazionale e diamo ampio
spazio al mondo della ristorazione italiana a Londra. Molto parliamo
dell’Europa e del temuto o atteso Brexit. Ma il palinsesto vero è
quello costruito in cantiere, di volta in volta, secondo le esigenze
reali che si riscontrano direttamente».
Quali
gli argomenti più significativi che trattate nel corso delle
trasmissioni?
«Vorrei
citare uno in particolare dei nostri programmi: Creativity Talk. E’
una rubrica nella quale si parla di creatività in tutte le sue
espressioni: dal cinema, alla musica, all’arte, alla moda e alla
cultura. E’ una rubrica molto versatile, che si adatta di volta in
volta a seconda dell’ospite in studio. Può trattarsi d’un
attore, d’un regista o di un cantante, oppure d’un imprenditore
italiano che ha portato innovazione a Londra. Altro tema ricorrente è
il lavoro, con tutti i problemi connessi: come si trova, dove, come
fare a cercarlo. E non poteva mancare la rubrica “l’avvocato
risponde”, con risposte alle questioni e consigli per non incorrere
in truffe, raggiri o illegalità. Altro argomento è
quello dell’emigrazione, con vari approfondimenti».
Parliamo
ora del giornale on line, del magazine Italoeuropeo.
«Il
magazine è lo storico Italoeuropeo.it
(in italiano) e Italoeuropeo.com
(in inglese). Nato a Londra nel 2003, dà informazioni su quanto
accade nella capitale del Regno Unito e cerca anche di fare
formazione per studenti. Già da prima parlavo e propugnavo
un’informazione on line italiana a Londra, trovando molto
scettiscismo. Tutti erano fermi ai giornali storici cartacei, che
ancora oggi esistono. Credo tuttavia che ho aperto una strada nuova,
sopra tutto per i giovani. Peraltro consultabile da ogni angolo del
mondo. Ma l’informazione oggi è persino troppo veloce. Si arriverà
ad un punto tale per cui uscirà la notizia prima che il fatto accada
veramente. Un paradosso che spesso mi sembra già di vivere. Ricordo
le difficoltà dopo un attacco hacker che mi fece rallentare il
progetto editoriale. Non persi tempo ad accusare nessuno. A Londra
non c’è tempo da perdere, c’è solo tempo di creare e andare
avanti. Adottando l’abitudine inglese, mi rimisi a lavorare per
realizzare un altro portale con lo stesso nome, solita missione:
informare liberamente e formare, dando una possibilità a giovani
giornalisti di credere ancora che si può fare un giornalismo libero
e indipendente, parlare di politica ma con il necessario distacco.
Dico sempre che l’Italoeuropeo
è il padre della radio e Londra ne è la madre. Senza la loro unione
non sarebbe nata LondonONEradio».
Quale
riflessione l’ha convinta che una radio fosse utile e necessaria
per la comunità italiana?
«Altre
comunità avevano la propria radio, la comunità italiana no. Era
incredibile che a non averla eravamo proprio noi italiani che con
Guglielmo Marconi l’abbiamo inventata e realizzata. In passato
c’era la storica Radio
Londra,
un ibrido di molte lingue e culture che, in una fascia oraria,
trasmetteva in italiano. Appunto per questo, nel rispetto dei primi
italiani, abbiamo realizzato la prima puntata on
air
di LondonONEradio il 27 settembre 2014, proprio lo stesso giorno in
cui la radio storica fece il suo debutto nel 1938. Nel tempo in cui
viviamo, traboccante d’informazione, far rinascere una radio con i
fondamenti storici ma in chiave moderna, ci è sembrato giusto. Dopo
il magazine, era il passo successivo. Non dico obbligatorio, ma forse
naturale per chi ha un’azienda d’informazione e ama la musica. E
ama la radio più della televisione. Il bisogno primario di un altro
modo di relazionarmi con le persone. Ho sempre scritto e lavorato con
la musica, ho viaggiato con la musica e con una voce amica che mi ha
accompagnato nella vita. Ho pensato che anche per i molti italiani
che vengono o sono venuti a Londra poteva essere utile una radio.
L’uso del web ci ha poi permesso di raggiungere altri italiani
all’estero, creando una connessione che ogni giorno aumenta in
dimensione e si intensifica sempre più, anche in collaborazione con
altre radio nel mondo. E questa è la cosa che più ci piace.
Sentirsi uniti con la solita passione di creare ponti radio, com’era
nel pensiero di Marconi. Per chi intraprende questo tipo di mestiere
credo sia obbligatorio tenere alti questi valori italiani e far
capire che, senza quella scintilla d’amore e di coraggio, forse non
sarebbe nata nemmeno l’idea di internet, Facebook e dei social
network in generale».