È morto ieri sera a Roma, all'età di 84 anni, Ettore Scola, maestro del cinema italiano, ultimo di una generazione indimenticabile di registi e uomini di cultura. Tanti capolavori nella sua filmografia, dedicata soprattutto all'Italia e agli italiani, che ha saputo ritrarre con ironia, passione, verità. Il servizio di Luca Pellegrini:
Antonietta (Sophia Loren) - Però non mi va di discutere con uno come voi, che critica tutto, prende in giro tutto… Voi scherzate sempre sulle cose che non c’è niente da ridere!
Gabriele (Marcello Mastroianni) – No guardi io non rido sempre, veramente non ho motivi per ridere… Lei piuttosto, perché non ride, eh? Le cose le vanno bene come vanno: ha una casa, un marito, sei figli…! Ma perché non ride?
Non rideva, Sophia Loren, sull'ampia terrazza del quartiere romano della Garbatella nel maggio del 1938, tra lenzuola al vento, insieme a Marcello Mastroianni, in quella "Giornata particolare" che è uno dei tanti, e forse il massimo, dei capolavori diretti da Ettore Scola, col quale sfiorò l'Oscar - accadde quattro volte -, e fu anche questa volta purtroppo ignorato. Mentre il sorriso, appena accennato, talvolta diretto, talvolta emblematico, accompagnava sempre il grande regista italiano, e non a caso si intitola proprio "Ridendo e scherzando" il documentario dedicato alla carriera, alla vita, all'impegno del regista realizzato dalle figlie Paola e Silvia, testimonianza di quello che è stato il suo lavoro grande e discreto anche per la cultura, che lui difendeva in ogni luogo, in ogni istante.
Poliedrico
Nato in provincia di Avellino nel 1931, figura schiva ma di fortissima personalità, giornalista, vignettista, sceneggiatore, scrittore: venivano prima di tutto la parola e il testo nel suo lavoro, e con il lavoro della scrittura affilatissimo e ironico, conoscendo man mano la brillantezza della commedia e tutto il gotha degli attori italiani che la incarnavano, debuttò poi alla regia, dopo aver scritto appunto decine e decine di film, nel 1964 con "Se permette parliamo di donne" e inanellando presto, con l'arrivo degli anni Settanta - i suoi migliori - e poi nella decade successiva, una serie di titoli indimenticabili, assicurandosi la partecipazione straordinaria di attori e attrici, tra i quali Gassman, Tognazzi, Sordi, Manfredi, Giannini, Monica Vitti e Stefania Sandrelli. Per ricordarne soltanto alcuni, di titoli: "Il commissario Pepe", "Dramma della gelosia", "C'eravamo tanto amati", "Brutti, sporchi e cattivi", "La terrazza", "La famiglia", "Il mondo nuovo".
Il cinema che "illumina"
Affrontò generi disparati, ma rimanendo sempre un acuto osservatore - senza alcuna critica, ma con giusto rilievo etico - perché per lui il cinema era un "faretto che va su certi argomenti e li illumina". Maestro nell'inseguire e descrivere le dinamiche umane, familiari, sociali e politiche che guidano i comportamenti, spesso alti e spesso bassi, degli italiani, che corrono nel boom economico, intrallazzano quando la politica occupa spazi inappropriati negli anni della crisi, scherzano e piangono e sanno avere anche sentimenti nobili. Sempre attento e ironico indagatore delle rivalità e contrapposizioni che dividono le generazioni, creano ceti sociali, ma che sono il fatto quotidiano. Pur interessandogli molto, però, anche ciò che è accaduto ieri, cosa che ha fatto nel suo ultimo lavoro, "Com'è strano chiamarsi Federico", dedicato al grande amico Fellini. Un rimpianto per chi non c'è più e per un mondo, questa volta, passato e irripetibile. Quello stesso rimpianto con cui accompagniamo oggi la scomparsa di Scola.
“Ha saputo raccontare i suoi personaggi con infinita tenerezza”: così Arianna Prevedello, responsabile della comunicazione per l’Associazione cattolica esercenti cinema (Acec), ricorda il regista Ettore Scola. Le sue parole al microfono di Isabella Piro:
“Era ‘tanto amato’, mi vien da dire, quasi parafrasando il titolo di uno suo famoso film... Era amato da tantissime generazioni, perché è stato un personaggio che ci ha donato tanto. Aveva una tenerezza infinita nel raccontare alcuni personaggi, sempre nel contesto dei legami della famiglia e dell’affettività. E li sapeva raccontare a tutto tondo, mostrandoci anche cosa avevano dentro. Poi, sicuramente credeva in alcuni valori importanti, quindi la sua scomparsa è una grande perdita perché i suoi film ci hanno cambiato e ci hanno, soprattutto, emozionato. E questa è una cosa che il cinema non dovrebbe mai smettere di fare. Penso che sia anche per questo motivo che tantissime persone, di qualsiasi appartenenza, anche lontane dal cinema, hanno sentito l’esigenza oggi di lasciargli un saluto attraverso i social media: è stato per la tenerezza autentica, e anche audace, che Scola aveva nei confronti dei suoi personaggi. Infatti, tutti hanno sentito il bisogno di postare sui social media non la sua foto, ma quella dei suoi personaggi. E questo dice molto sul modo in cui Scola ha saputo raccontarli”. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 20 gennaio 2016.