Edith Piaf ripercorre
tutti i momenti più importanti della sua vita. In particolare lei
parla degli affetti, dei grandi amori che ha avuto intesi sia come
affetti familiari e parentali, sia i suoi amori veri e propri. Noi
trattiamo quattro amori diversi: l’amore per i padre che era un
contorsionista che l’ha iniziata a lavorare al circo ed è stata la
sua prima volta sul palcoscenico da bambina piccolissima; Titine la
prostituta che l’ha cresciuta quasi fosse una madre nell’anno in
cui Edith era stata nel bordello della nonna ed aveva preso anche la
cheratite agli occhi; l’amore per Raimond Asso che era un
compositore o un maestro di canto più importante di Francia che
l’aveva scovata in un locale, allora succedevano ancora queste cose
e poi il suo grande amore, il pugile Marcel Cedarn che morì mentre
andava da lei che era in tournée negli Stati Uniti. Canto sette
canzoni di Edith Piaf e lo spettacolo è stato strutturato
drammaturgicamente attorno a questa musica. Dalle canzoni nasce la
storia.
Tra tutte qual è
la storia che mettete più in evidenza?
Le storie si intrecciano
tra di loro, ovviamente l’amore per Marcel Cedarn, per lui scrisse
Hymne à l’amour e che è il fil rouge di tutto lo spettacolo.
Sei un’attrice
poliedrica, in Edith ti cali nel doppio ruolo di attrice e cantante.
Quali sono stati i tuoi esordi?
Ho iniziato nel 1998,
sono stata presa contemporaneamente al Conservatorio di lirica a
Parma e alla Facoltà di lettere dove c’era il corso di storia del
Teatro, dove facevo Teatro attivo, per cui non c’è una cosa che ha
partorito l’altra, sono arrivate entrambe contemporaneamente e le
due strade sono andate avanti contemporaneamente.
Non avrei mai scelto,
sarei rimasta lì a guardare perché queste due cose sono talmente
l’una dentro l’altra che non mi riesce di dividerle. Infatti sto
preparando un altro spettacolo per il Teatro Biondo di Palermo. E’
raro che io faccia uno spettacolo dove non canti o facendo l’opera
lirica non venga utilizzata per la parte recitativa più impegnativa.
E’ la mia natura artistica, se proprio dovessi scegliere, il mio
amore più grande è recitare.
La passione per la
lirica come nasce?
Nasce dal Conservatorio
dove studiavo pianoforte, ci obbligavano a cantare nel Coro. Una
volta un’insegnante sentì questa voce che si era già sviluppata,
mi fece cantare un pezzettino, presi poche lezioni, tentai l’esame
e mi prese subito. I vari tesi musicali, ho imparato a conoscerli in
conservatorio.
L’altra tua
grande passione è la scrittura cinematografica ed hai un sogno,
quello di realizzare un film femminile sulla guerra.
Sì quello e molti altri,
sono attratta da temi di attualità come le difficoltà che hanno le
coppie per adottare un bambino. Mi piacerebbe moltissimo realizzare
qualcosa su temi di cui facciamo fatica a parlare, soprattutto in
riferimento alla matrice cattolica di questo Paese. Sono molto
cattolica, sono a favore della famiglia ma ho letture abbastanza
trasversali. Per me sono tutte famiglie, non solo tradizionali ma
dove c’è famiglia c’è casa, non m’interessa chi c’è
dentro, basta che ci sia la felicità. E’ un tema che mi piacerebbe
trattare, il fatto che la fede, la spiritualità e le proprie scelte
non siano cose che debbano farsi la guerra. Dove c’è l’amore, lì
c’è Dio.
Questo spettacolo è
adatto a tutti?
Certamente, abbiamo avuto
spettatrici di quattro anni e spettatrici di ottantaquattro anni.
Piace a tutti, ci si diverte anche se non si conosce la storia perché
viene spiegata dall’inizio alla fine quindi non è per intenditori,
è veramente divulgativo. Soprattutto se si ama la musica dal vivo, è
un’ottima occasione.
Molto spesso capita
di leggere che la vita di Edith sia stata molto forsennata, in che
senso?
Le sono successe tante
cose importanti, una dietro l’altra. Dal cantare per strada, fino a
cantare nei locali più belli di Francia. Le malattie, l’uso di
sostanze. Ha vissuto molto velocemente con l’acceleratore al
massimo. Veniva da una realtà difficilissima perché veniva lanciata
come un pacco da un genitore ad un altro. Il dono della voce è stato
il suo lasciapassare per avere un posto nel mondo. Aveva molto
bisogno d’amore che sfogava in brutte abitudini, dall’alcol alle
punture di cortisone per stare meglio, cercava comunque di
stravolgersi.
“Do voce ad Edith
Piaf” cosa hai provato?
Ero a Parma quindi ero a
casa mia. Nel Teatro dove sono cresciuta, dove ho mosso i primi
passi. E’ stata diversa da qualsiasi altra prova. Abbiamo lavorato
molto sulla fisicità di Edith. Slanciata, diritta, lei invece era
artritica, con dei grossi dolori fisici che le condizionavano il modo
di muoversi. Trasformarmi in lei è stato immediato. Ho perso i freni
di sentirmi una persona gradevole, invece Edith non ha bisogno di
piacere agli altri. Lei pensava di poter fare tutto e da una grande
libertà questo tipo di situazione.
Progetti per il
futuro?
C’è questo lavoro al
Teatro Biondo che si chiama “Kean passione e desiderio” dove
interpreto un ruolo ambiguo, un po’ alla Marlene Dietrich. C’è
un cast eccezionale e saremo in scena per tutto gennaio. Nel 2016 ho
tanti progetti su vari fronti e come una pallina della roulette che
sta girando, vediamo dove cade. Portatemi fortuna.
Elisabetta Ruffolo