Il libro ha l’intento
di spiegare ed affrontare i comportamenti adolescenziali. È utile
sia per i genitori che per gli insegnanti che a volte sono molto
preoccupati e quasi spiazzati di fronte a dei comportamenti che non
hanno vissuto in prima persona.
Nell’ultimo trentennio è cambiata
sia la famiglia che i figli ed è molto difficile stargli dietro
anche perché sono bravi nelle nuove comunicazioni ed i genitori non
sanno più cosa fare. Per i genitori i nuovi strumenti sono infernali
perché allontanano i ragazzi, invece a volte possono avvicinarli e
sciogliere la timidezza di qualcuno. Intanto vorrebbero usarli per
carpire i loro segreti, spiando il loro cellulare o Facebook,
l’autrice Isabella D’Attoma consiglia ai genitori di imparare ad
ascoltarli, invece di avere la gamba tesa, la ricetta pronta,
bisognerebbe osservare e rispettare la diversità dell’altro.
Attraverso l’ascolto, l’altro impara in maniera socratica, a far
venire fuori il problema. Il ruolo del genitore è fondamentale.
Genitore-quercia che ha le sue radici ben piantate nel terreno e che
rimane sempre equilibrato, riesce sempre a dare sostegno al figlio.
La madre ha un’importanza fondamentale nella crescita del figlio, è
come una holding psicofisica che consente ad un bambino di
sperimentare nuove cose. Il padre non ha più un ruolo normativo ma è
passato ad un ruolo affettivo. Compito dei genitori è anche quello
di insegnare l’affettività, le emozioni ed i sentimenti. A volte i
genitori possono non avere le risorse per andare incontro ai propri
figli pur amandoli tantissimo. Ci sono tantissimi genitori che non
hanno saputo esprimere il loro amore infinito. Ed i figli cosa
vogliono? Vogliono essere capiti, amati ed accettati per quello che
sono, tracotanti, esuberanti all’esterno, ma dentro sono di burro.
Hanno bisogno dei loro spazi, di autonomia, vogliono essere loro
stessi importanti per la famiglia. Hanno delle risorse interiori
straordinarie.
Il
libro si legge agevolmente, la brevità dell’opera non ne inficia
la validità. E’ molto utile e ci gratifica. L'intervista all'autrice.
Gran bella sfida
l’adolescenza!
Assolutamente sì, tra
l’altro penso che l’adolescente sia come l’acrobata che si
trova ad affrontare una situazione complessa: le trasformazioni del
proprio corpo, della propria vita, la sfida con la vita che non sa
esattamente dove andrà, è la crescita del bambino verso lo stadio
di uomo o di donna.
Gran bella sfida è
anche essere genitori oggi
Assolutamente, il ruolo
dei genitori, oggi è cambiato. Pima era molto più facile affrontare
qualsiasi fase della vita dei propri figli, dall’infanzia fino al
momento dell’età adulta. Oggi invece no, è diventato tutto molto
complesso e ci si propone in una maniera molto diversa rispetto ai
ragazzi, per cui quello che noto è che si tende a “patologizzare”
molto facilmente quelle che sono le problematiche ed alcune sono
tipiche dell’età e rispetto alle quali non bisogna avere
particolare attenzione.
Come si è evoluta
la famiglia in questi ultimi trent’anni?
Non esiste più la
famiglia patriarcale e non solo patriarcale ma anche allargata, dove
la presenza generalmente dei nonni o la presenza degli zii nubili o
scapoli rappresentava un tesoro particolare, sia dal punto di vista
dell’educazione nel senso che loro sostenevano particolarmente la
famiglia nucleare nella crescita dei figli, sia rispetto a portare
avanti quelle che erano le tradizioni della famiglia, le loro storie.
Oggi la famiglia non è più patriarcale anzi, il ruolo del padre è
particolarmente cambiato, è passato dall’essere persona normativa
che dettava le regole all’interno della famiglia al ruolo
prevalente di padre affettivo.
Storie di nomi,
donne, figli, intere famiglie, ognuna con un elemento bloccato. Da
cosa è rappresentato questo elemento?
Non è un termine
terapeutico, lo uso per intendere quelle situazioni all’interno
della vita di ognuno di noi che ad un certo punto creano delle
modifiche da una situazione di equilibrio ad una di squilibrio. Che
poi magari si riequilibra in maniera patologica con il tempo ma sono
quei traumi, se vogliamo dare un termine terapeutico che vanno a
modificare tutta la dinamica familiare.
Lo psicoterapeuta
viene descritto come un Caronte generoso. Perché?
Credo molto in questa
immagine, una persona che riesca a traghettarti da una condizione di
non benessere al benessere. E’ un’immagine stimolante.
La psicoterapia è
fatta di parole che guariscono. E’ sempre così o a volte no?
Un buon psicoterapeuta è
colui che attraverso le parole guarisce assolutamente perché il
colloquio clinico è la parte più importante della psicoterapia
oltre a delle tecniche che si possono utilizzare sempre all’interno
dell’incontro terapeutico. La parola è di fondamentale importanza.
Una parola sbagliata detta dallo psicoterapeuta può incidere in
maniera assolutamente determinante nella vita di un individuo. Di
storie di questo tipo ce ne sono tante.
Un adagio dice “Dì
ad un bambino che è cattivo e quasi sicuramente lo sarà da grande”.
Dirlo ripetutamente che è
cattivo, è come quando un insegnante ripete sempre ad un bambino
“Non sei all’altezza della situazione, sbagli sempre, non riesci
ad arrivare dove arrivano gli altri”, sarà un bambino che avrà
dei grandi problemi di autostima successivamente non sicuramente ma
in linea di massima sì.
Nel libro si
raccontano storie di pazienti rimaneggiate per evitare che si possano
riconoscere. Una paziente dice “Non c’è mai un abbraccio in casa
mia, mai”. Cos’è la forza di un abbraccio?
Mi è capitato molto
spesso di sentir dire una cosa del genere laddove il contatto fisico
fa parte del rapporto in una maniera importantissima. Ci sono persone
che raccontano di non aver mai avuto un abbraccio ed io cerco di
spiegare loro che anche i loro genitori non hanno mai avuto abbracci.
Si riesce a dare in eredità quello che si è avuto. Quando un
genitore non ha avuto una carezza, l’affetto, la dolcezza dal
proprio genitore, difficilmente riuscirà con i propri figli a
metterla in atto a meno che non ci sia un processo di autocritica ed
una sorta di autoterapia che quel genitore fa e che lo porta a
superare la sua difficoltà e che lo porta ad essere diverso con i
propri figli.
Perché oggi molti
genitori hanno paura dei comportamenti adolescenziali dei propri
figli?
Perché fondamentalmente
hanno paura di se stessi, di non essere troppo attenti, di quello che
può accadere e soprattutto vogliono che i figli siano come loro
vorrebbero che fossero. Senza rendersi conto che invece è
importantissimo accettare un figlio per quello che è, anche se
diversissimo da sé.
Pensa che oggi si
siano invertiti i ruoli?
Penso che ci siano molti
genitori che continuino loro stessi ad essere in una fase
adolescenziale.
Tutto e subito.
Cosa ne pensa?
E’ l’economia liquida
che ci porta a volere tutto e subito. Ai figli fondamentalmente
abbiamo insegnato questo. Facendo riferimento a ciò che accadeva
trent’anni fa, i regali si ricevevano al compleanno, a Natale o
alla Befana. Oggi i regali sono nella quotidianità, non c’è il
gusto dell’attesa, si vuole tutto e subito.
Elisabetta Ruffolo