Gli attentati che nei
giorni scorsi hanno terrorizzato Parigi e l’intera Francia
rischiano di far esplodere in tutta Europa una vera e propria psicosi
da terrorismo. Per non farsi travolgere dalla paura lo psichiatra
Michele Cucchi, Direttore Sanitario del Centro Medico Santagostino di
Milano, raccomanda di condividere emozioni e riflessioni e non
catastrofizzare.
Il
flusso mediatico ininterrotto focalizzato sugli attentati parigini e
i lunghi dibattiti dei talk show televisivi hanno soffiato sul fuoco
della paura,
generando allerta in tutta Europa. Ma cosa scatta dal punto di vista
emotivo nel vedere le immagini di attentati riprese e mandate in
continuazione dai media? Secondo
gli esperti si può arrivare ad
una
sorta di psicosi emotiva.
Una
paura irragionevole ed irrazionale che s’impossessa delle menti e
condiziona le azioni compiute da ognuno.
Secondo
lo psichiatra Michele
Cucchi,
Direttore
Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano,
questo tipo di comunicazione potrebbe generare sentimenti
contrapposti caratterizzati da emozioni forti capaci di scatenare,
nei soggetti piu’ sensibili e le menti piu’ facilmente
manipolabili, persino attacchi di panico. Come vincerla? Il
modo migliore per non lasciarsi travolgere da questa psicosi e’
condividere, sintonizzarsi con gli altri, affiatatati e pronti a
scattare tutti insieme contro il nemico. Solo cosi’, non sentendoci
mai soli veramente, ma forti del gruppo, ci possiamo difendere da
questo attacco che, prima che alle nostre case e' un attacco alle
pance: ci colpisce emotivamente nel centro nevralgico della nostra
emozionalita'.
Altro
suggerimento e’ non
catastrofizzare,
perché spesso la preoccupazione ci porta a vedere probabile e quasi
scontato ciò che e’ solo una rarissima evenienza, e
soprattutto ragionare sempre con la propria testa,
senza dare per scontato ciò che le fonti di informazioni sembrano
spacciarci per certezza.
Ovviamente
ora che la cosa ci tocca da vicino, ora che ci percepiamo veramente
precari tutto diventa un dubbio: ha senso volare? Prendere la
metropolitana? Chattare e scrivere certe cose? Tutto ci spaventa e se
poi guardiamo e riguardiamo le immagini della carneficina sentiamo
ancora di piu’, per la legge biologica dell'empatia che passa dal
vedere negli altri una sensazione e ricostruirla fisicamente dentro
di noi, il dolore e la follia ad un passo da noi.
Non
e’ facile resistere all'ondata di terrore. Non basta razionalizzare
perché le emozioni e soprattutto la paura rendono probabili ( almeno
dentro di noi) le cose solo vagamente possibili.
Dobbiamo
reagire alla paura del branco
esattamente come in natura le specie animali fanno dinnanzi ai
pericoli, coalizzandosi in gruppi, branchi appunto. La
condivisione, il
Linguaggio
sociale che ci fa sentire vicini, sintonizzati con gli altri,
affiatatati e pronti a scattare tutti insieme contro il nemico.
Solo cosi’,
non sentendoci mai soli veramente, ma forti del gruppo, ci possiamo
difendere da questo attacco che, prima che alle nostre case e' un
attacco alle pance:
ci colpisce emotivamente nel centro nevralgico della nostra
emozionalita'.
A
stimolare una risposta emotiva forte e’ anche il tipo di
comunicazione mediatica: la paura di massa e’ infatti un fenomeno
mediatico molto importante che viene adeguatamente sfruttato per
finalita’ di audience. Tutto ciò che fa panico, emozione forte,
attrae la curiosita’ e quindi alimenta l’attenzione. L'uomo e’
un animale sociale e vive di segnali comunicativi che gli permettono
in modo innato di entrare in risonanza emotiva con gli altri, un
fenomeno chiamato empatizzazione. Questo
meccanismo possiede un valore adattivo perché vivere in branco serve
anche a comunicare agli altri e quindi proteggere i componenti del
gruppo dai nemici e dai potenziali pericoli:
basta l'espressione della paura sul volto di un compagno per provare
paura e reagire allertando l‘intera collettivita’. La stessa cosa
fa il branco: scappare tutti insieme e’ meglio ancora difendersi
tutti insieme.
Un’ulteriore
caratteristica da tenere in considerazione e’ rappresentata dal
fatto che, in
preda ad una tensione emotiva legata alla paura di un pericolo
imminente per il gruppo, come può essere ad esempio un attentato
terroristico, si vanno generando risorse e risposte potentissime
della collettivita’, basate sulla coalizzazione, che si sente
offesa e si difende con tutte le sue forze.
La
strategia del terrore messa in atto dai terroristi che hanno commesso
questi tremendi crimini a Parigi ci rende quindi di conseguenza piu’
uniti, ma allo stesso tempo piu’ manipolabili da chi ci gestisce
come gruppo stesso:
parliamo
di politica e media.
Esistono persone piu’ sensibili in riferimento a questo fenomeno,
caratterizzati da un minor spirito critico aprioristico, da una
tendenza a conformarsi ai comportamenti sociali e da un forte bisogno
di appartenenza per sentirsi indentificati e rassicurati dalla
collettivita’”.