di Goffredo Palmerini - L’AQUILA
- Dan
Fante
è morto ieri mattina a Los
Angeles.
Scrittore, poeta e drammaturgo di successo, 71 anni, figlio del
grande John
Fante,
ci ha lasciato! Dan Fante era nato a Los Angeles il 19 Febbraio 1944,
e lì era cresciuto.
A vent'anni, lasciata la scuola, inizia il
turbolento viaggio della sua vita, andando dapprima a risiedere a New
York, per dodici anni, poi in giro per gli States. Nella Grande Mela
Dan fece tutti i mestieri per sostenersi, spesso in condizioni molto
precarie. Decine di esperienze di lavoro, talvolta scadenti, come
venditore porta a porta, tassista, lavavetri, telemarketing,
investigatore privato, hotel manager notturno, autista occasionale,
postino, lavapiatti, parcheggiatore, venditore di mobili ed altre più
umili occupazioni. Ogni esperienza della sua vita giovanile è
tuttavia trapuntata dagli eccessi, sopra tutto da un uso smodato
dell’alcool che è stato per anni il suo demone più assiduo. Vita
complicata che ha ispirato la sua scrittura “di strada”, una
prosa forte ed avvincente, che nelle diverse modulazioni alimenta,
come già il padre John ad un livello eccelso, quel filone della
letteratura americana che con Steinbeck, Faulkner, Fitzgerald,
Kerouac, Miller, Bukowski e Selby Jr ha tracciato un solco profondo,
facendo conoscere l’America, la società americana e le sue
ossessioni meglio d’ogni altra corrente letteraria.
Dan
Fante
aveva da molti anni affermato una sua dimensione di rilievo nel mondo
letterario, come poeta, commediografo e sopra tutto romanziere. La
sua scrittura è corrosiva e geniale. Certamente un talento della
letteratura contemporanea. Invitato nel 1999 al Festival delle
Letterature di Mantova, fu quello il suo primo viaggio in Italia. Poi
è tornato più volte, sopra tutto alla ricerca della proprie radici.
Così Dan Fante disse in quella occasione: “Per
me essere qui, in Italia, è anche come fare una specie di
pellegrinaggio sulle tracce di mio padre. Ho pensato molto a lui,
stando qui. Mi è tornato in mente il suo amore per l’Italia, per i
suoi avi, per il paesello. In Svizzera, a Mendrisio, ho sentito i
mandolini e ho pensato molto a lui. A quando raccontava di Napoli,
per esempio. Sarà stato tra il ’59 e il ’60, mio padre era in
Italia a fare cinema, e ci scriveva dall’Italia, di quanto amasse
essere lì, quei posti, quella gente. Ora sono in contatto anche con
dei parenti. Pare che a Torricella Peligna, il paese in Abruzzo da
cui sono venuti i nostri avi, ci siano ancora dei cugini…”.
E in effetti, da allora, Dan Fante è tornato diverse volte in
Italia, in particolare a Torricella
Peligna,
per partecipare al Festival letterario dedicato a John Fante “Il
Dio di mio padre”, diretto da Giovanna
Di Lello.
Anche nel 2013 venne al Festival, dove presentò la sua bella silloge
poetica Gin
& genio. E
ancora l’anno scorso. Eravamo diventati amici, da quasi un
decennio.
Lo
conobbi a Los
Angeles,
nel Gennaio del 2005. Ero andato con una delegazione guidata dal
sindaco dell’Aquila per una serie d’incontri istituzionali e di
iniziative culturali, culminate alla Ucla, prestigiosa università
della metropoli californiana, con una conversazione tra Dante
Ferretti,
scenografo premiato un mese dopo con l’Oscar per il film The
Aviator
di Martin Scorzese, Robert
Rosen,
direttore del dipartimento di Cinema e Teatro di quell’ateneo, e
Gabriele
Lucci,
autore d’un prezioso volume sullo scenografo, edito da Electa e
Accademia dell’Immagine, che nel Marzo di quello stesso anno
sarebbe stato presentato con grande successo al Guggenheim Museum di
New
York.
In quella occasione, per rendergli l’omaggio della città capoluogo
d’Abruzzo e della terra natale di suo nonno, avevo contattato Dan
Fante
muovendo l’Associazione Abruzzese e Molisana di California che
l’aveva trovato tramite l’Unione degli Scrittori. Abitava a Santa
Monica. Dan venne all’università di Los Angeles, per quell’evento.
Fu assai lieto d’incontrarci e si sentì onorato nel ricevere dalle
mani del sindaco dell’Aquila il sigillo del Primo Magistrato,
simbolo dell’antica Municipalità aquilana. Fu un incontro molto
cordiale, amichevole e denso di reciproche emozioni, nel ricordo
della storia della famiglia, del nonno Nicola (Nick), emigrato da
Torricella
Peligna
(Chieti) a Denver,
in Colorado, dove nel 1909 nacque John
Fante,
scrittore ormai nell’olimpo della letteratura americana, che
tuttavia conobbe fama e successo negli ultimi anni di vita e sopra
tutto dopo la morte, nel 1983.
Dan
Fante
ci promise che sarebbe venuto a salutarci all’Aquila, in uno dei
suoi viaggi in Italia. Mantenne la promessa l’anno dopo, in Giugno.
Venne a farci visita, curioso di conoscere da vicino l’Accademia
dell’Immagine e l’Istituto Cinematografico, due istituzioni
abbastanza note negli ambienti della settima arte di Hollywood.
Gabriele Lucci, fondatore e anima delle due istituzioni, guidò lo
scrittore nella visita al Palazzo dell’Immagine, illustrandogli le
missioni della scuola d’alta formazione e le attività culturali
della Lanterna Magica, con i suoi preziosi archivi cinematografici.
Gli espose poi le prospettive per il futuro. Dan ne fu molto
interessato. Concluso l’incontro, egli avendo solo poco tempo
disponibile per una visita in centro, l’accompagnai alla vicina
Basilica di Collemaggio, parlandogli della fondazione della città,
della singolare storia civica, della Perdonanza
e di papa
Celestino V.
Provò una grande emozione varcando la soglia della basilica, al
tramonto, quando il rosone centrale della facciata disegna la sua
ombra sul magnifico pavimento, nitida e stupefacente specie nei
giorni vicini al solstizio.
Rimase
come incantato dalla possenza delle arcate gotiche, dall’altera
sobrietà del tempio, dalla raffinatezza del mausoleo di Girolamo
da Vicenza
dove riposano le spoglie di San
Pietro Celestino,
davanti le quali si raccolse, in silenzio, in una meditazione che mai
avrei immaginato. Invece lo stupì la storia di quest’umile monaco
diventato papa per cinque mesi fino a dimettersi il 13 Dicembre 1294
- caso unico nella storia della Chiesa - la sua statura spirituale,
il messaggio di perdono e di pace lasciato all’umanità con la
Bolla istitutiva del primo Giubileo della cristianità, la Perdonanza
Celestiniana.
Poi, lasciata Collemaggio
e infilata via Fortebraccio in macchina, a piazza Bariscianello fece
una breve sosta, còlto ancora da suggestione nell’ammirare l’ampia
scalinata e l’imponenza della facciata rinascimentale della
Basilica
di San Bernardino
mentre candida risplendeva sotto i raggi del sole, calante dietro
l’orizzonte di Roio.
Da
allora, da quella pur breve visita alla città, L’Aquila
gli era entrata nel cuore. Lo testimoniò nell’Agosto 2011 quando
venne all’Aquila, massacrata dal terremoto, per una bella
testimonianza d’amore verso la città, firmandola sulla parete di
tavole d’un cantiere lungo il Corso. Scrisse con lo spray sul
tavolato “From
my heart to L’Aquila. Dan Fante”.
Gli scrissi un messaggio il giorno dopo, inviandolo al suo indirizzo
email insieme ai link della rassegna stampa che gli avevo raccolto.
“Grazie
davvero di cuore per la tua testimonianza d’amore verso la nostra
città, devastata dal terremoto. Ti vogliamo bene, sei un nostro
fratello! ”.
Appena rientrato in California, Dan mi rispose: “Goffredo,
always good to hear from you. Thanks for the links. It is my honor to
help support L'Aquila's struggle. Best regards, df ”.
Grande spontaneità ed immediatezza d’emozioni il tratto del suo
carattere. Dan era davvero una persona che non conosceva le mezze
misure, si dava completamente, come la sua esperienza di vita
racconta. Avere un padre famoso come John
Fante
poteva significare una vita comoda. Ma per Dan le cose erano state
più complicate. D’altronde, tutto è raccontato nei suoi romanzi -
in Italia sono stati pubblicati Angeli
a pezzi
(1999), Agganci
(2000),
Mae
West
(2008), Buttarsi
(2010),
la commedia teatrale Don
Giovanni (2009)
e la silloge Gin
& genio (2013)
- attraverso il suo alter-ego
Bruno Dante e i personaggi che animano le sue storie, dove
riecheggiano esperienze autobiografiche e complicati rapporti
familiari.
Più
di tutto ne è specchio la storia narrata nella sua commedia Don
Giovanni.
Lo scrittore Jonathan Dante, gravemente ammalato, festeggia i
settant’anni nella villa di Malibù. Al suo fianco, con la moglie
Catherine, i due figli Dick e Bruno, la nuora Agnes e la nipote
Dalia. In famiglia le tensioni sono pesanti: tra il padre e i due
figli, tra Dick e Bruno, tra Agnes e il marito, tra la stessa Agnes e
il cognato. Ne emerge un durissimo ritratto di famiglia, toccante e
amaro, ma percorso da una potente vena ironica e dalla speranza di un
padre che, negli ultimi anni di vita, cerca di recuperare il suo
rapporto con i figli. La commedia, ha scritto tra l’altro Francesco
Durante,
potrebbe essere letta “come
un curioso ma a suo modo fedele contributo alla biografia di John
Fante”.
E Dan Fante ha dichiarato spesso come la sua commedia fosse nata
anche dall'esigenza d’una sorta di risarcimento nei confronti del
padre, per rivelarne “la
vera natura senza tacere dei suoi errori ma anche restituendogli
integra una dignità di uomo che non coincide con quella del
personaggio che tanto è piaciuto ai media nel periodo della
ritrovata fortuna post mortem”.
Oltre
a essere un omaggio a John
Fante,
Don
Giovanni
è una critica feroce al sogno americano. Bello e intenso, invece,
era stato il rapporto di Dan Fante con sua madre, Joyce
Smart.
Una donna davvero eccezionale, contraria alle convenzioni sociali
appartenenti ai Wasp, i ricchi proprietari terrieri anglosassoni, cui
la sua famiglia apparteneva. John Fante, che negli anni Trenta viveva
a Roseville, cittadina californiana dove la sua famiglia s’era
trasferita dal Colorado, lì conobbe Joyce Smart, la sua futura
moglie, una delle prime donne laureate alla Stanford University. La
famiglia di lei, ricca e conservatrice, mal sopportava che Joyce
frequentasse un giovane scrittore dalle umili origini, figlio d’un
emigrato italiano. Ma non ci fu nulla da fare. I due innamorati,
Joyce e John, nel 1937 decisero di sposarsi in segreto nel Nevada, a
Reno,
e di andare a vivere a Los Angeles, dove ebbero i loro quattro figli:
Nick - morto investito da un’auto -, Dan, Victoria e James.
L’Abruzzo
ricorderà Dan
Fante,
per sempre. Anche L’Aquila
non potrà mai dimenticare i suoi gesti d’amore per la città, la
solidale vicinanza negli anni più drammatici della sua storia
recente tra le macerie del terremoto, la sua intensa sensibilità
verso gli Aquilani. Grazie di cuore, caro Dan. E che la terra ti sia
lieve!