Loredana Cannata al
Teatro Cometa off, fino al 1° novembre con il monologo “Marylin -Her words” scritto con le parole che Marylin usava nelle
interviste, nelle lettere, nelle poesie e negli stralci della sua
incompiuta biografia e che rivelano la fragilità e la sensibilità
della sua breve vita. In quegli ultimi giorni, nella sua camera da
letto, Marylin è sola con il suo telefono. Unici compagni, lo
champagne, i barbiturici ed un registratore che riporta i suoi stati
d’animo allo psichiatra che la segue.
A sette anni trovando una
foto di Marylin Monroe hai deciso di fare l’attrice, con il
monologo che hai scritto, hai scelto un modo per darle voce. In che
senso?
Tutti hanno scritto di
lei, per tanti anni ho consultato libri, foto ed altre cose, trovando
solo dei bagliori di verità, ho deciso di scrivere questo monologo
per raccontare la verità su Marylin e sui suoi ultimi istanti di
vita. Ho usato solo le sue parole, le ho dato voce per poter
raccontare la sua anima più intima, più vera. Ho voluto omaggiarla.
Dopo Magnifica Presenza
di Ferzan Ozpetek, sei stata l’unica attrice italiana nel film
Youth di Paolo Sorrentino, è il sogno di ogni attrice essere guidata
da un grande regista, cosa hai provato?
Ero un’italiana con un
ruolo un po’ più grande anche se poi il film era recitato in
spagnolo. Ho provato una grande emozione, non speravo neanche più
di partecipare a film internazionali. E’ stato tutto magico, l’ho
vissuto quasi come Marylin che da bambina guardava Hollywood come il
posto più lontano. Sul set mi sentivo come un’osservatrice di
questa grande macchina che è il cinema internazionale con attori
straordinari.
Tra un po’ tornerai in
Rai con Questo è il mio Paese in cui interpreti un Capitano dei ROS
e su Canale 5 con Romanzo siciliano nel ruolo di una donna che ha
scelto di seguire il male. Due ruoli decisamente contrapposti.
Ho amato da morire il
personaggio del Capitano dei ROS perché finalmente racconta una
donna forte come succede nel resto del mondo, mentre in Italia siamo
un po’ in ritardo. E’ mossa da grandi ideali e da grande
coraggio, in un certo senso mi somiglia perché anch’io nella vita
ho ideali che cerco di seguire a volte anche rischiando la mia
incolumità e facendo tremare di paura i miei genitori che mi vedono
partire per mete a volte pericolose. In Romanzo Siciliano interpreto
questa pupa del boss che appunto ha scelto di stare dalla parte del
male ma anche di seguire il suo amore. E’ visceralmente innamorata
come a volte lo si è di un anima gemella, di quei grandi amori che
non permettono di ragionare e che sono vissuti come un fuoco.
Alterni la tua attività
di attrice a quella di attivista, appoggiando le battaglie dei
zapatisti nel Chiapas in Messico. Com’è nato questo interesse?
Oltre
al sogno di fare l’attrice, avevo anche quello di fare la
rivoluzionaria. Da bambina amavo due cartoni animati “Georgie”
che come cantava la canzone “cresce con te una rara bellezza”,
una bellezza non comune che ho sempre accomunato a Marylin. L’altro
era "La Stella della Senna” (Il Tulipano nero, ndr) ambientato nella Parigi del 1789,
quindi nella Rivoluzione francese e che combatteva per la difesa del
popolo contro le prepotenze dei nobili. Qualche anno dopo a causa del
suo cappello con la stella, la collegai a Che Guevara. Marylin e Che
Guevara sono state le mie due stelle comete. A Carnevale sognavo di
indossare il vestito di Stella della Senna per contribuire a salvare
il mondo. Tanti bambini sognano queste cose, i miei sogni me li sono
portati avanti fino ad ora e continuo. Ho voluto realizzare per
prima quello di fare l’attrice che era cosa non facile. Quando
muovevo i primi passi in quel mondo, mi attraversava un pensiero
“adesso faccio l’attrice, cosa devo fare”? Il mio lavoro è un
mezzo per la mia passione politica e civica e mi dà la possibilità
di parlare ad un pubblico più ampio, di cose secondo me molto
importanti.
Elisabetta Ruffolo