Dopo il successo di Memories Of Always, uno dei più apprezzati album del 2014, forte di una band ampia che si esprimeva nel linguaggio elettrico free-funk alla Miles Davis, Franco Baggiani torna con un attesissimo nuovo album, il quattordicesimo della sua lunga carriera: Divergent Directions, ancora una volta pubblicato da Sound Records. Trombettista di lungo corso, sempre camaleontico e aperto a nuove esperienze nel mondo del jazz italiano e straniero, Franco Baggiani aggiunge alla propria discografia un lavoro ambizioso, che riassume nella metafora del titolo - direzioni divergenti... - l'idea compositiva e musicale dell'artista fiorentino.
Rispetto all'ampio ensemble di Memories, Divergent Directions vede Baggiani alla conduzione di un nucleo più ristretto, un quintetto con Giacomo Downie, Michele Staino, Fabio Ferrini e Alberto Rosadini, che reinventa un jazz di frontiera in cui emergono le influenze dell'autore, dal free alla musica seriale del Novecento. Brani lunghi e fitti in cui il reticolo strumentale lascia spazio ad ampie porzioni di improvvisazione in una testimonianza "nuda e cruda", senza interventi successivi, della seduta in studio del 13 aprile 2015.
Franco
Baggiani n. 14: il nuovo Divergent
Directions
arricchisce la tua già nutrita discografia. Dopo il successo di
Memories
Of Always
un altro album diretto, tagliente, senza mezzi termini. Che
differenze ci sono tra questi due dischi?
Nessuna
differenza nell'approccio, l’improvvisazione è sempre
preponderante, anche se questa volta c’è più scrittura rispetto a
Memories,
la differenza fondamentale sta nel colore che ho voluto dare a questo
lavoro, sicuramente più scuro e maggiormente introspettivo, si
riascolta di tanto in tanto l’andamento in quattro che era
scomparso nei lavori scorsi e la formula del quintetto pianoless mi
ha portato naturalmente verso un suono generale più vicino a quello
delle avanguardie storiche.
Con
Directions
torni alla formula quintetto, senza chitarre ma con l’aggiunta di
percussioni e sax baritono: un ensemble a suo modo anomalo. Che
differenze ha questo gruppo rispetto al tuo precedente Chorus
Quintet?
Le
differenze sono totali, l’unica cosa in comune è il numero di
musicisti. Il Chorus Quintet era un quintetto in pieno stile hard
bop, questo attuale è un quintetto che riporta ad altre formazioni,
mi riferisco ai quartetti di Ornette Coleman, al trio Air, agli Art
Ensemble. Quando manca lo strumento armonico automaticamente il sound
assume dei colori particolari, curo molto la strumentazione in
funzione del risultato finale, che in questo caso è molto più
asciutto e leggibile rispetto al lavoro scorso, infatti ho tolto un
percussionista, il chitarrista e ho sostituito il basso elettrico col
contrabbasso. L'effetto "giungla" resta, ma il suono si
sposta verso un idioma più vicino al mix fra free jazz storico e
musica contemporanea del '900.
Nella
realizzazione di Memories
un termine ricorrente era “seriale”, in Directions
c’è un brano dal titolo Una
serie per tutti:
ancora una volta la composizione seriale è alla base del tuo lavoro?
Diciamo
che è parte del lavoro ma non è alla base: l'idea di estrapolare
alcuni processi seriali, o di costruirli in modo autonomo, fa parte
del mio approccio già dai primi anni 2000, che ho sempre affiancato
alla ricerca su materiali che invece sono di pura continuazione
dell'idioma jazzistico. Si può arrivare alle stesse soluzioni
partendo da materiali completamente diversi.
Directions
è stato registrato live in studio in una sola giornata: un lavoro
del genere è preceduto da una sorta di “training” oppure si
entra in sala e si suona?
Escluso
il bassista, che è la prima volta che registra con me, ma è già
esperto e ben inserito nell'ambito del jazz più sperimentale, gli
altri conoscono benissimo il mio modo di lavorare in studio, quindi
non c'è stato bisogno di nessun tipo di training, abbiamo letto le
parti scritte un paio di volte e poi ci siamo lanciati senza dubbi
nel mare della musica.
Quello
che ascoltiamo in Divergent
Directions
è il risultato "nudo e crudo" della seduta oppure sei
intervenuto in post produzione?
Sì,
è il risultato nudo e crudo, dopo la registrazione sono solo
intervenuto per tagliare il materiale in eccesso visto che avevo
circa 100 minuti di musica e al massimo avrei potuto utilizzarne 60
circa. Tutto quello che si sente nel disco è tratto solo ed
esclusivamente dalla seduta live in studio.
Spesso
hai l’occasione di esibirti all’estero, com’è accaduto di
recente in Spagna: il jazz italiano è tenuto in considerazione al di
fuori dei confini nazionali?
Sì,
è considerato benissimo, direi molto di più di quanto non lo
consideriamo noi stessi italiani (istituzioni in primis). In ogni
luogo dove ho suonato ho percepito chiaramente la grande stima nei
confronti miei e in generale dei musicisti italiani e, per assurdo,
molti di noi hanno più opportunità all'estero che in Italia,
diciamolo, invasa un po' troppo da stranieri, magari fortissimi e
preparatissimi, ma che non hanno niente da dire se non il nome e
cognome che fa figo…
Quali
sono i tuoi colleghi trombettisti attuali, italiani e stranieri, che
consideri preparati, capaci e inventivi? E più in generale, cosa
ascolta solitamente Franco Baggiani?
Trombettisti
preparati e capaci ce ne sono a decine, sia in Italia che all'estero,
anche se trovo raramente qualcuno che mi emoziona, al di là dei
soliti noti, bravi e storicamente ai vertici come Rava, Fresu, Boltro
e adesso Bosso, ci sono tanti altri italiani bravi lo stesso che
hanno avuto meno visibilità come Bassi, Pierobon, Boato, senza
tralasciare il compianto Tamburini. Fra i creativi è interessante
Aquino anche se non lo conosco molto, attenzione a Cosimo Boni,
giovane e ancora non molto conosciuto ma già bravissimo, farà
parlare di sè! Fra i trombettisti internazionali che riscuotono la
mia attenzione posso menzionare Dave Douglas e Ambrose Akinmusire.
Cosa
ascolto? Molta musica contemporanea del '900 e spesso Ellington,
Davis, Lee Morgan, Art Ensemble, Lester Bowie e amo infinitamente le
colonne sonore dei polizieschi italiani anni '70 con le colonne
sonore di Umiliani e Piccioni.
In
una conversazione durante il periodo di Memories
parlavi di un tuo nuovo album per sola tromba, totalmente
sovrainciso: hai ancora bisogno di un gruppo alle spalle o sei pronto
per questo progetto?
Si
hai ragione, questo è un lavoro già iniziato, come del resto ho già
iniziato un nuovo lavoro con il nuovo trio (batteria, sax baritono e
tromba). Ho già registrato alcune tracce e mi sono preso una pausa
perchè un album solo tromba non solo è complesso da rendere
interessante, ma sopra ogni cosa deve convincere me, e su alcune
composizioni ci sto ancora lavorando perchè non sono fino in fondo
convinto, credo finirò il tutto entro un paio di mesi al massimo,
poi forse, mi concederò un album più rilassante, meno concettuale e
più divertente. Vedremo!
All compositions by Franco Baggiani
Franco Baggiani: trumpet and conduction
Giacomo Downie: baritone sax
Michele Staino: bass guitar
Fabio Ferrini: percussion
Alberto Rosadini: drums
Info:
Franco Baggiani:
Sound Records:
Synpress44 Ufficio stampa: