Venezia. Al regista iraniano Mohsen Makhmalbaf il Premio Bresson

Mohsen Makhmalbaf ha ricevuto questa mattina dalle mani di mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il Premio Bresson della Fondazione Ente dello Spettacolo, in collaborazione anche con il Pontificio Consiglio della Cultura, consegnato nell'ambito della Mostra del Cinema di Venezia. Il regista iraniano esprime nei suoi film tutto il dolore e tutta la speranza dell'umanità. Dal nostro inviato a Venezia, Luca Pellegrini

Mohsen Makhmalbaf conosce la prigione: diciassettenne, venne arrestato dalla polizia politica dello Scià perché schieratosi con chi voleva la caduta di quel regime. Conosce la tortura. Conosce la bellezza dell'arte, il valore della libertà e della pace, la meraviglia del cielo, il dolore dei popoli, la speranza di tanti. Il Premio Bresson, che gli è stato consegnato questa mattina, è un riconoscimento ulteriore alla sua dimensione di regista, di uomo, di artista e di padre. Attento alle politiche mediorientali, al dramma delle migrazioni e dei rifugiati, alle dittature disseminate nel mondo che provocano orrore, agli eroi grandi e piccoli che si oppongono alle barbarie, Makhmalbaf si presenta con la dolcezza tipica del suo Paese, l'Iran, dal quale è stato costretto a fuggire nel 2005, ma che rimane nel suo cuore. Mons. Claudio Maria Celli ha spiegato ai nostri microfoni perché ha trovato significativa e attuale la scelta del regista iraniano per questo Premio che coinvolge anche i due dicasteri pontifici:
"Io ritrovo le tematiche affrontate da questo regista di una attualità sorprendente. Credo che sia una dimensione tipica della cinematografia, specialmente di una certa filmografia, essere accanto, manifestare e esprimere quello che è il cammino dell’uomo, che molte volte ha le sue sofferenze, le sue inquietudini e le sue speranze in questo momento che il mondo vive. Stiamo osservando tutto il tema dei rifugiati… Ebbene, Makhmalbaf ha vissuto lui stesso questa esperienza per motivi politici: lui sa cosa l’uomo soffra nello sperimentare la prigione per una propria visione politica della vita. Mi sembra importante che il Premio Bresson, quest’anno, venga attribuito proprio a un regista iraniano, che ha toccato con la sua cinematografia, nei suoi film, questa dimensione profonda dell’uomo: l’uomo che cerca, l’uomo che vive in una sofferenza interiore, ma con un’ansia e con una speranza continua. Io ritengo che questi suoi film abbiano veramente questa capacità di manifestare il cammino dell’uomo, nella sua pienezza".
Mohsen Makhmalbaf confessa di avere sempre avuto un rispetto profondo per Robert Bresson e una profonda sintonia con le sue opere:
"For me, Bresson is more than a great film-maker…

Per me, Bresson è molto più di un grande regista. Bresson è un po’ un “profeta” del cinema: Bresson non è un regista ordinario, un normale intellettuale o soltanto un semplice artista e regista. E questo perché nel suo cinema e nella sua arte segue e persegue la moralità, l’umanità. E questo è quello che mi fa pensare che lui sia un profeta nel cinema. Per me è un profeta del cinema. Bergman è un profeta, Tarkovskij è un profeta. Questi tre registi sono profeti: sono stati messaggeri, sono più di semplici film-maker. Ho detto che Bresson cerca costantemente di diminuire la sofferenza dell’essere umano: cerca di ridurre la sofferenza. Io credo in questa teoria: il Paradiso è ridurre la sofferenza dalla vita degli esseri umani. Soltanto alcuni film-maker cercano di ridurre la sofferenza degli esseri umani, mentre molti altri aggiungono la sofferenza nella nostra vita, come i feroci film di Hollywood. Quindi, sono molto felice e molto orgoglioso di ricevere questo prestigioso e significativo premio. Vorrei dedicare questo premio al regista ucraino, Oleg Sentsov, che è stato condannato la scorsa settimana in Russia a 20 anni di prigione. E questo per puntare le luci su di lui, perché lo rispetto. Il modo in cui ha agito è stato come un atto profetico. Un profeta è un uomo che sta per cambiare il mondo". Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 7 settembre 2015;
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