Un'altra verità: il primo film-concerto dei Conqueror. Si chiude un ciclo, si apre una nuova fase. L'intervista

    Sono carichi e fiduciosi i Conqueror, la progressive band siciliana che ha celebrato il proprio ventennale lo scorso anno, con un riuscito concerto a Giardini Naxos, che diventa finalmente un disco dal vivo, sia audio che video, dal titolo Un'Altra Verità.

    Dopo cinque album, un mini cd, e varie partecipazioni a dischi di tributo, i Conqueror desideravano immortalare un concerto anche in video: arriva così Un'Altra Verità, il film-concerto tratto dalla performance del 16 maggio 2014 al Teatro Comunale di Giardini Naxos, una delle date del tour dell'ultimo album Stems. La consueta professionalità del quartetto messinese si manifesta anche in quest'ultima uscita: il prodotto è stato curato nei minimi dettagli, girato professionalmente in HD con 5 telecamere, la ripresa audio interamente in multitraccia curata dagli stessi tecnici di Stems. Come bonus, i Conqueror hanno girato anche il documentario Inside Conqueror, che traccia un approfondimento dei dischi precedenti con interviste a Natale Russo, Simona Rigano e Ture Pagano, il tutto sottotitolato in inglese e francese.
    Oltre ai classici (da Pensieri Fragili a La strada del Graal), Un'Altra Verità contiene numerosi brani tratti dall'ultimo album in studio ed è l'occasione per sentire e vedere in azione una delle formazioni più attive e apprezzate del prog-rock contemporaneo, con la peculiarità di quella spinta melodica che da sempre caratterizza il gruppo.
    L'uscita del live coincide con la chiusura di un ciclo e l'apertura di una nuova fase: i Conqueror hanno ideato un concerto speciale di rivisitazione dei classici di Fabrizio De André debitamente "conquerorizzati" e hanno appena terminato la loro versione di "Repent Walpurgis" per l'attesa compilation di tributo ai Procol Harum della Mellow Records. Ma molte altre cose bollono in pentola...
    Dopo cinque album in studio è arrivato il momento del live: Un’altra verità è il vostro primo disco dal vivo, con tanto di DVD con contenuti speciali. Soddisfatti?
    Direi di sì, il live è una cosa che ci mancava e da tempo avevamo intenzione di riprendere un concerto in maniera ufficiale. Certo dato che la band esiste da molto tempo ci sarebbe piaciuto registrare professionalmente anche qualche concerto dei vecchi tour, ma vuoi per cambi di line-up, vuoi per registrazioni in studio, il live era un aspetto che si rimandava sempre. Adesso in poche parole: si doveva fare!
    Un disco dal vivo coincide solitamente con la chiusura di una fase importante. Nel vostro caso il bilancio è positivo?
    Dal punto di vista discografico è molto positivo: effettivamente il live ti fa scaricare molta tensione e mette un punto fermo da cui ripartire, i Conqueror si danno sempre degli obiettivi a medio termine e quindi è già ora di cominciare ad inventarsi qualcos’altro.
    Si apre dunque un nuovo ciclo: cosa bolle nella pentola Conqueror?
    Abbiamo appena finito di registrare una cover per i Tributi che cura la Mellow Records, e questa volta abbiamo omaggiato i Procol Harum: a noi è stata assegnata Repent Walpurgis, un brano strumentale, novità assoluta in fatto di cover per noi, dato che cerchiamo di scegliere sempre brani con la parte vocale.
    Dopo 20 anni di musica “nostra” abbiamo dedicato del tempo allo spettacolo Conqueror suona De André, che ha debuttato lo scorso Aprile e ha avuto un grosso riscontro di pubblico. Ovviamente stiamo cercando di definire i primi passi del nuovo album in studio di cui non possiamo fare nessuna previsione… siamo proprio all’inizio.
    Un’altra verità è molto legato a Stems. Che piega hanno preso dal vivo i brani dell’ultimo disco?
    Hanno beneficiato di un “gran tiro” che certe volte nelle registrazioni in studio purtroppo si viene a perdere. Strutturalmente sono identici. Venivamo da diversi concerti ed i brani erano freschi di studio di registrazione… eravamo preparati, sapevamo che potevamo dare quel qualcosa in più per realizzare una buona registrazione, anche se l’errore poteva essere dietro l’angolo… Ma è andato tutto bene e ci tengo a precisare che tutte le registrazioni provengono dal concerto di Giardini Naxos.
    Stems aveva un marchio melodico ben preciso, cosa che voi non rinnegate, a differenza di tanti colleghi: qual è il vostro rapporto con la canzone?
    Siamo Italiani e sarebbe stupido negare quello che è il nostro patrimonio culturale. Sì, cerchiamo di essere più fruibili possibili sia nei testi che nelle linee melodiche, anche perché i brani spesso si protraggono fuori dai canonici 4/5 minuti, e sono composti da diverse parti. Utilizziamo la voce come collante, niente di che intendiamoci, soltanto una buona dose di buon senso senza lanciarsi in voli pindarici che rischierebbero di appesantire l’ascolto.
    I riferimenti vengono dalla scena Italiana, ma anche da quella inglese per quanto riguarda la linea melodica vocale.
    Un’altra verità rivela una nuova line-up: il vostro organico è sempre in costante cambiamento…
    …infatti il bassista che appare sul live ci ha lasciato prima della pubblicazione per prendere strade diverse. Dai cambiamenti di solito guadagnamo sempre, perché ogni elemento porta del suo e quindi abbiamo sempre qualche nuovo stimolo musicale. Con questo non voglio dire che siamo felici se qualcuno va via, ma è la realtà dei fatti: la band ha dimostrato negli anni di sapere reagire bene ed andare avanti qualsiasi cosa succedesse. Non vivendo solo di musica purtroppo qualcuno va e qualcuno viene, le basi ben piantate per terra ci sono sempre state poiché tastiere, voce e batteria sono rimaste inalterate nel tempo.
    Questo live è anche l’occasione per cogliere i vostri riferimenti. Quali sono le influenze musicali dei Conqueror?
    Le più disparate possibili. Tutti, ma davvero tutti i generi convergono nelle nostre menti, proveniamo da stili diversi: blues, psichedelia, rock americano alla Toto per intenderci, ma anche elettronica del tipo Kraftwerk o più kitsch alla Rockets… di questi ultimi nessuno è riuscito a scoprire in quale cd li omaggiamo!
    Quando ci mettiamo a comporre se vediamo che ci stiamo avvicinando a qualcosa di già fatto deviamo subito, cerchiamo di far coesistere moduli compositivi mai sentiti prima nel genere. In particolare nella suite Morgana (da Storie fuori dal tempo), abbiamo attuato questa tecnica: la prima parte della composizione è classicamente nei canoni del prog, nella seconda parte invece abbiamo battuto terreni che difficilmente si sentono nel genere. Dal mio punto di vista è stata una bella mossa, in fin dei conti il prog dovrebbe essere un crossover dove far convergere diversi generi. I puristi di solito storcono il naso, ma la maggioranza fortunatamente ha gradito questo atteggiamento compositivo.
    Qual è lo stato di salute del prog italiano?
    Il prog in Italia rimane tuttora nell’immaginario collettivo legato ai grandi nomi del passato, e a parte qualche appassionato la gente ricorda solo i tre/quattro nomi storici. È un vero peccato perché molto materiale di spessore pubblicato negli ultimi 20 anni rimane di fatto sconosciuto. Non possiamo incolpare soltanto i potenziali fruitori, la storia è vecchia e lunga: le radio snobbano il genere da sempre e anche nelle ore notturne, hanno (a loro dire) esigenze di palinsesto, la televisione neanche a parlarne: c’è il buio totale da sempre, i concerti e i festival, nonostante la pubblicità e il gran baccano che si fa sulla rete, vedono partecipazioni bassissime, e anche quando c’è un grosso nome da traino non si superano i 300/400 presenti. E pensare che nei primi anni ’70 la situazione era diametralmente opposta…
    Nella nostra Sicilia la situazione è anche peggio che al nord Italia, infatti spesso nei concerti siamo costretti nostro malgrado ad inserire cover dei gruppi famosi di un tempo per accattivarci qualche simpatia. Addirittura suonando in zone più decentrate siamo visti come dei “marziani”, poichè al sud i gruppi prog sono una rarità.
    Mi spiace constatare che tutto questo va a collidere con una vasta produzione discografica rispetto al passato, e in certi casi di ottimo livello. Dischi se ne vendono sempre meno e la gente li scarica (illegalmente) sempre più (senza neanche ascoltarli). Le case discografiche incassano meno: figuriamoci se spendono un centesimo per produrre un gruppo prog sconosciuto. Le indie fanno quello che possono: tirature basse e zero traino pubblicitario. La rete ci viene in aiuto ma anche li l’offerta si sta saturando, la gente va su internet (dominata dai social network) e investe (male) il tempo che potrebbe portarli a nuove scoperte. Ovviamente non tutto è negativo ma i tempi odierni della discografia sono davvero bui.
    Negli ultimi anni la scena musicale siciliana è frizzante, voi come la percepite?
    La scena Siciliana è stata sempre molto frizzante, ci sono una marea di band che nascono dal nulla, durano una stagione e poi diventano un’altra cosa. Abbiamo dei grandi nomi che valgono tantissimo, mi riferisco a Battiato, Carmen Consoli, due grandi artisti che in periodi diversi hanno saputo traghettarsi dall’anonimato alla fama internazionale.
    Siamo un popolo di instancabili sognatori, inseguiamo ideali ed idealizziamo la nostra vita anche in ambienti molto difficili sotto il profilo artistico. Anche qui ci sono tanti talenti che rimarranno ai più sconosciuti, ma che vanno avanti con una determinazione micidiale. Abbiamo dalla nostra però il tempo per sognare ad occhi aperti, favoriti da una terra stupenda, ricca di sfumature e contrasti fortissimi.
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