di
Domenico
Logozzo * - Quattro
amici si mettono insieme con un obiettivo ambizioso: creare la musica
“che non c’è”. Nuove frontiere. La sfida è partita da due
ragazzi del Sud e da altri due del Nord. Punto d’incontro Milano.
Hanno dato vita ad una fantastica band, inseguendo quella che loro
stessi definiscono un’utopia. Sono Francesco
Lucà
e Alessio
Gatto
di Squinzano (Lecce), Luca
Mangano di
Cormano (Milano) e Federico
Corsaro
di Gerenzano (Varese). Alla conquista di nuovi spazi con il
progetto “The
Backlash”, un’apprezzata proposta musicale che li ha già portati a
Liverpool,
al Cavern Club, da dove sono partiti i Beatles.
Trampolino di lancio prestigioso. “Gente da tutto il mondo e di
tutte le età, anche alcuni settantenni, all’una di notte ad
ascoltare musica rock dal vivo: un altro mondo!”. A parlare così è
Francesco
Lucà.
Il padre Mimmo è di Samo,
in provincia di Reggio Calabria. Vive tra la Puglia
e Milano, ma ha la Calabria
nel cuore. Ed anche un sogno. “Da bambino e per tutta
l'adolescenza, fino a poco prima del mio trasferimento a Milano per
l'università - ci dice -, ho trascorso buona parte delle mie vacanze
lì dove si riuniva la famiglia del lato paterno. Ricordo con piacere
quei periodi e quella terra, dalla quale manco ormai da un bel po' di
tempo. Spero di tornarci in futuro. Magari con i Backlash”.
Quale
è stata l'idea di fondo che vi ha messi insieme?
“Credo
sia stata una necessità, più che un’idea: la necessità di fare
musica e farla insieme a persone con cui stringere un rapporto
intenso e speciale, creando un nucleo che definirei, senza retorica,
una famiglia. Musicalmente l’obiettivo del progetto “The
Backlash” era quello di creare qualcosa di nostro che compensasse
il fatto che ciò che il panorama musicale propone in questi anni non
ci piace o comunque non riesce ad entusiasmarci. Credo si possa dire
che la nostra sia in parte una reazione.”
Proposta
innovativa. Presentando lo scorso anno "3rd Generation, ep di
esordio,sottolineavate :" Più che un punto di partenza è
un’asserzione: siamo la terza generazione e siamo qui per
dimostrarvelo".Quali sono le due generazioni precedenti?
“Facciamo
riferimento agli anni ‘60 e agli anni ‘90: della prima
generazione abbiamo solo potuto sentire parlare, negli anni 90
eravamo bambini, ma credo che esserci stati sia bastato per subirne
un’influenza. Diciamo che ci sarebbe piaciuto avere 20-25 anni
negli anni ’60 o negli anni ’90, in periodi dove la musica si
fondeva con i costumi della società e soprattutto dei giovani, che
riuscivano ad aggregarsi e a condividere emozioni ed ideali.”
E
la vostra in cosa si differenzia?
“La
nostra è qualcosa che non esiste, purtroppo. La “3rd Generation”,
in realtà, è qualcosa che vorremmo creare, una sorta di utopia; ci
fa rabbia non sentirci parte di una vera generazione e abbiamo scelto
“3rd Generation” come titolo, quasi una provocazione: “non c’è?
Creiamola noi!” Il contesto credo sia quello peggiore, in un’epoca
dove milioni di contenuti nascono e muoiono nel giro di un click; ho
l’impressione che questo consumo così rapido e distratto porti a
lasciare il nulla come eredità. Tornando al legame musica-società,
perché oggi neanche le più grandi band a livello mondiale riescono
ad avere una pesante influenza sullo stile dei giovani? Perché non
nascono nuove subculture che siano focolai di creatività ed
ispirazione? Sembrano passati secoli dai tempi delle lotte tra Mods e
Rockers, o dai tempi del Punk; movimenti come il britpop ed il grunge
degli anni 90, in antitesi tra di loro per contenuti ed umori, oggi
sembrano avere una cosa in comune: sembrano qualcosa di difficilmente
ripetibile ed incredibilmente lontani! Eppure tutto ciò ha lasciato
tracce indelebili, che continuano ad ispirare la musica, come la moda
o il design. Mi chiedo: noi che siamo qui ed ora, saremo in grado di
influenzare le prossime generazioni?
Come
è nata la tua passione per la musica?
“La
musica è sempre stato un elemento fondamentale della mia vita. Chi
si ricorda di me da bambino mi ha raccontato del fatto che spesso
cantavo canzoni che nessuno conosceva, che inventavo. Nella mia
infanzia mi piaceva guardare mio padre quando suonava in casa, con la
chitarra classica, e nel mio immaginario quelli sono stati i primi
concerti cui ho assistito: guardavo ed ascoltavo rapito, partecipavo
cantando. Ho ricevuto in regalo la prima chitarra classica a 5 o 6
anni ma dopo aver appreso i primi rudimenti l’ho accantonata, per
poi riprenderla verso i 12 anni. A quei tempi mi affacciavo per la
prima volta al mondo della musica rock ed ero affascinato dalla
potenza di quel mezzo di comunicazione, dal potere delle canzoni. Da
allora ho sempre suonato in band, sono diventato un gran
“consumatore” di musica. Ho iniziato a scrivere canzoni a 15 anni
e da allora non ho mai smesso di farlo: è una cosa che mi viene
spontanea e che penso completi il mio approccio al mondo musicale. La
musica è qualcosa che più passa il tempo più riesce ad
affascinarmi: è cultura, è divertimento, è una fedele compagna di
viaggio che sono certo non mi abbandonerà mai nella vita.
Chi
sono gli altri componenti del gruppo?
“Sono
Alessio Gatto (cantante), Luca Mangano (batterista) e Federico
Corsaro (Bassista). Alessio è il più longevo compagno di avventure
nel mondo musicale, suoniamo insieme da una vita. Spinto da Luca e
con lui ho fondato i The
Backlash;
per questo gli sarò sempre grato. Federico è con noi da qualche
mese, si è inserito alla grande grazie alla sua smisurata passione
per la musica ed il nostro progetto. Con Alessio siamo stati compagni
di scuola alle medie e da allora compagni inseparabili nell'avventura
musicale. Insieme, a dodici o tredici anni, abbiamo fondato una band,
i First
Bite.
Quel gruppo era il centro del nostro mondo di adolescenti e si è
sciolto (mai ufficialmente a dire il vero) nel momento in cui
entrambi abbiamo scelto la stessa destinazione per intraprendere gli
studi universitari: il Politecnico di Milano. Lui ha concluso il suo
percorso in Ingegneria Gestionale; io sono alla fine della laurea
magistrale in Ingegneria Meccanica. Musicalmente ci eravamo un attimo
"persi", ma giusto per un anno o due, perché l'idea di
continuare a seguire la nostra passione insieme non si era assopita
nel frattempo.
Con
Luca, che è di Cormano, la cittadina lombarda dove risiedo, ci siamo
conosciuti quando, poco dopo il mio trasferimento a Nord , abbiamo
cominciato a giocare nella stessa squadra di calcio. Con l’amicizia
è venuto fuori questo lato in comune: la passione per la musica. Lui
è figlio d'arte come batterista; suo padre, Francesco Mangano è un
appassionato musicista dalla bella carriera, tutt'altro che alle
spalle, ancora in corso. Non dimenticherò mai il giorno in cui Luca,
dopo diversi mesi in cui non ci vedevamo, ha bussato alla mia porta
proponendomi di provare a creare un nostro progetto. Se lui non fosse
passato quel pomeriggio, forse avrei continuato a scrivere
canzoni destinate a rimanere "intrappolate" nella mia
stanza. Federico Corsaro è subentrato a Mattia Cochetti,
nostro primo bassista con il quale è rimasto un legame e rapporto
stupendo. Ho contattato Federico perché avevo letto il suo annuncio
su un sito musicale, nel periodo in cui si era presentata la
necessità di cambiare bassista. Mattia aveva degli impegni che
purtroppo non gli consentivano di continuare a suonare con noi.
Leggendo l’identikit di Federico, sembrava troppo bello per
essere vero. Una persona esattamente come noi, con la stessa
passione, grinta e, cosa non da poco, con lo stesso background
musicale. Si è inserito benissimo, non abbiamo avuto bisogno di fare
altri provini. Il suo è stato un vero e proprio "battesimo del
fuoco" considerando che la sua prima data con noi è stata al
Cavern di Liverpool”.
Quali
sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato
nelle fasi di avvio?
“Credo
che per ogni band, specialmente in fase di avvio, sia fondamentale
riuscire ad avere accesso ai giusti canali per divulgare la propria
musica. Resto dell’idea che il miglior modo per far ciò sia
suonare live, a contatto con la gente e che i canali del web siano
troppo saturi per poter essere decisivi quando si è una piccola
realtà. La maggiore difficoltà sta proprio qui, nella possibilità
di fare gavetta, perché non ci sono tanti posti dove ci sia
interesse nel proporre realtà emergenti, le quali non possono
garantire agli organizzatori un’importante affluenza di pubblico.
Per suonare tanto, hai bisogno di avere “certi numeri”, per avere
“certi numeri” c’è bisogno di suonare tanto: solo la
determinazione e i sacrifici ti offrono una via d’uscita da questa
pericolosa situazione di stallo. All’inizio della nostra avventura,
non avendo conoscenza della scena musicale milanese, avevamo
difficoltà nell’organizzare i primissimi concerti; quel poco di
esperienza che avevamo bastava per metterci in guardia del fatto che
la maggior parte dei contest/festival rivolti a realtà emergenti
(non tutti, per fortuna), anche i più blasonati, siano semplicemente
dei grossi giri di soldi per chi li organizza: selezioni artistiche
iniziali inesistenti o solamente presunte, assenza del benché minimo
filo logico sui generi proposti dalle band che si avvicendano sui
palchi, prezzi dei biglietti per il pubblico paragonabili a quelli di
eventi ben più importanti, sono tutti segnali di mancanza di
serietà: consci di ciò siamo stati al gioco semplicemente per avere
la possibilità di poter iniziare ad esibirci in pubblico, anche solo
per 20 minuti, in locali altrimenti inaccessibili. Con questo spirito
abbiamo partecipato ad Emergenza Festival, semplicemente perché
l’iscrizione costava poco e ci dava la possibilità di fare il
nostro primo live, in periferia a Milano. Poi siamo riusciti ad
arrivare alle finali nazionali all’Alcatraz passando per il Tunnel,
due club importantissimi: ma questa è un’altra storia,
indubbiamente il lato bello del gioco!”
I
fatti ora vi stanno dando ragione. Cresce l'interesse. Da
Milano a Firenze a Vienna. E recentemente a Liverpool, primo concerto
al Cavern Club, dove hanno mosso primi passi i mitici
Beatles.Una serata magica. Ce la racconti?
“Sì,
fortunatamente la nostra musica ci sta dando tante soddisfazioni, la
più recente a Liverpool: due concerti in due serate che porteremo
per sempre nel cuore. Tantissimi riscontri positivi da parte del
pubblico, che al Cavern è il più variegato possibile: gente da
tutto il mondo e letteralmente di tutte le età. Eravamo stupiti
quando vedevamo tra il pubblico anche alcune persone sulla
settantina, all’una di notte ad ascoltare musica rock dal vivo: un
altro mondo! Suonare al Cavern è emozionante e credo che le
sensazioni siano amplificate per chi come noi considera i Beatles
come importanti riferimenti. Il camerino, piccolissimo ed
apparentemente ordinario, è lo stesso dove anche i Fab Four
stazionavano prima di salire sul palco: essere in quel posto dà i
brividi.”
Dopo
Liverpool, quali i prossimi impegni?
“Subito
dopo l’estate uscirà il video ufficiale di Run!,
secondo singolo estratto da “3rd Generation”. Stiamo realizzando
le demo del nostro prossimo lavoro: il primo LP. Nel frattempo
speriamo di continuare a suonare live il più possibile e in tanti
posti: abbiamo voglia di far conoscere al mondo la nostra musica. Per
rimanere aggiornati sulle date o per entrare in contatto con noi, si
può visitare il nostro website www.thebacklashband.com
e la nostra pagina facebook.com/TheBacklashBand.”
*già
Caporedattore TGR Rai